Un programma di ricette da applicare alle politiche industriali come al welfare e alla cittadinanza, da solo non basta. Serve un disegno ambizioso e innovativo di società, economia, democrazia. E serve che ciascuna forza scelga di anteporre un pensiero sull’Italia della prossima generazione all’interesse della propria rendita nell’immediato
Non so nulla di montagna a parte la convenienza in una cordata di non scagliare sassi sulla testa dei compagni coinvolti nella scalata. Per il poco che vale, di questi tempi lo assumerei a monito nel cantiere tormentato dell’alternativa. Il punto è che evitare aggressioni e scomuniche non basta. Conviene discutere seriamente le tesi in campo evitando di ignorare gli ostacoli perché con quelli, prima o poi, dovremo misurarci.
Allora, muoviamo dal nodo di fondo che è come dall’opposizione siamo in grado di costruire un’offerta di governo solida nei contenuti e capace di mobilitare pezzi di società tuttora scettici e orfani della passione necessaria. Ripetere loro che dall’altra parte calpestano più di qualche libertà e lo stato di diritto è sacrosanto anche se di per sé il cerchio non lo chiude. Serve un passo diverso che si scontra però col panorama frastagliato di opposizioni poco disposte a impegnarsi da subito in una salita da condividere.
Si passa così dalla volontà di marciare divisi per colpire uniti solo a ridosso del voto, quando sarà, a vere pregiudiziali nei confronti dell’uno o dell’altro. La domanda che mi pongo è come e perché ci troviamo a questo punto. A mio avviso succede anche per motivi che affondano nell’ultimo decennio. Li riassumo così, in entrambi gli schieramenti abbiamo assistito al formarsi di alleanze dove a prevalere è stata quasi sempre una logica contrattuale. Voglio dire che le maggioranze di governo non si sono fondate su una lettura comune del Paese e del suo avvenire.
L’identità di un’alleanza
Penso ai capitoli che di un’alleanza definiscono l’identità: l’idea che hai dell’Europa, l’equilibrio tra le istituzioni, la gestione dei diritti e delle libertà fondamentali, il modello di sviluppo. Più che su questo impianto quelle alleanze si sono costruite attorno a una serie di obiettivi programmatici poco o per nulla armonizzati in una visione condivisa.
Ora, questa novità ha reso possibili maggioranze all’apparenza incongrue nei valori professati dalle forze, e relative culture, che le contraevano. È nato così il primo governo scortato da un atto notarile tra Lega e Cinque stelle, e subito dopo quello tra i Cinque stelle e noi del Pd. Ma nell’oggi lo stesso si potrebbe dire pensando al carico di ostilità tra la Lega e Forza Italia.
Tutto ciò ha prodotto degli effetti sulla dialettica tra maggioranza e opposizione come stiamo verificando in un parlamento dove ogni misura approda blindata, ma ha avuto ricadute pure sugli equilibri interni alle singole maggioranze perché la logica contrattuale porta a rendere più corporative le richieste delle formazioni che ne fanno parte.
Per capirci, è la logica imperante della legislatura in corso: l’autonomia differenziata appaltata alla Lega, il premierato al partito della premier e la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri agli eredi di Silvio Berlusconi. Dov’è l’inghippo? Nel fatto che l’insieme non rende le coalizioni più forti. Anzi, potenzialmente le divide.
Manca il cemento
Diciamo che da tempo si costruisce un edificio accatastando i mattoni, ma senza un cemento a tenerli assieme e questo inevitabilmente rende la costruzione meno stabile. Di fronte a questa fotografia, la mia impressione è che dobbiamo recuperare un’idea più alta dell’alternativa che vuol dire offrire a una parte della società una lettura dell’Italia e dell’Europa dopo la destra fondata anche e soprattutto su una profonda idealità.
Un’idea che deve poter rispondere a una domanda sempre più incalzante di senso dell’esistenza. E che dovrebbe rivalutare il valore della comunità contro impressionanti solitudini. Prevengo un’obiezione, per altro seria. Così facendo si va a farfalle nel senso che due sono i terreni dove le persone sono disposte all’ascolto. Uno è la loro condizione materiale.
Vuoi farti capire? È semplice: a chi perde il lavoro devi dare risposta su come pagherà mutuo e bollette. A chi riceve lo sfratto dove andrà a vivere. Alle donne vittime di una violenza antica la garanzia di autonomia, giustizia e dignità. Ai pensionati elemosinati di tre centesimi al giorno quando recupereranno il gap dell’inflazione. A chi è in lista d’attesa per una ecografia come farà a risparmiare i duecento euro dell’esame nel privato.
Tutto vero e tutto giusto: prima di ogni altra cosa, un’alternativa credibile è quella che restituisce a donne, uomini, giovani, famiglie, la certezza di liberarsi dall’angoscia per il loro futuro prossimo. E però in questi due anni su ciascuno di quei problemi il percorso delle opposizioni è riuscito a costruire una unità di messaggio e iniziativa. Dunque, non solo non si comincia da zero, ma parte dell’equipaggiamento per la cordata esiste e saggio sarebbe valorizzarlo.
L’Europa e il mondo
È l’altro terreno a presentarsi oggi come l’ostacolo maggiore. Parlo dello sguardo sull’Europa e sul mondo. Nello specifico, le distanze sulla scelta di proseguire a inviare armi all’Ucraina invasa o il voto di fiducia alla nuova Commissione europea. Non già dettagli come tutti capiscono.
Ma qui, si parva licet, a fare ingresso in campo dovrebbero essere altri due elementi, la politica e una coscienza storica. Voglio dire che, proprio perché non vi è alcun conforto possibile nelle divisioni profonde della destra (in Europa su entrambe le questioni somigliano a un gigantesco gruppo misto dove ciascuno va e fa per conto suo) per noi – democratici, liberali, sinistra, progressisti – a far testo dev’essere una lettura critica del tempo che traversiamo. Analisi capace di muovere dai pilastri che il disegno dell’Europa dopo le due guerre mondiali hanno sorretto.
Lo so, risalire la trama della storia non è semplice, ma se ci si muove in quell’ottica forse su valori e principi fondanti e costitutivi si può elaborare una sintesi che impatti la guerra in atto e l’urgenza di una tregua e una trattativa guidata dalla diplomazia e non dalle armi. E ancora, il possibile modello razionale di difesa del continente (compreso lo snodo della spesa conseguente) per arrivare alla funzione che un soft power europeo dovrebbe di nuovo assolvere negli equilibri globali.
Il tema, in sintesi, è che da solo un programma di ricette da applicare alle politiche industriali come al welfare e alla cittadinanza, non basta. Serve, è essenziale, ma non basta. Sinistra, progressisti, sinceri liberali, laici e cattolici “adulti”, noi abbiamo vinto quando quel carnet di soluzioni concrete si è sposato a un disegno ambizioso e innovativo di società, economia, democrazia.
Alzare lo sguardo
Fu così nell’opera immane di ricostruzione dell’Italia dopo la tragedia del fascismo. È stato così nelle due campagne vittoriose del centrosinistra degli anni Novanta e Zero. Credo possa essere ancora così se con pazienza e determinazione ciascuna forza sceglie di anteporre un pensiero sull’Italia della prossima generazione all’interesse della propria rendita nell’immediato.
A noi, al partito più grande e alla sua leader che mostra di crederci il compito di far sentire tutte e tutti fondamentali per salire in vetta. Ma qui sento giusto dirsi il vero, e quel vero è che non tutti hanno compreso sinora il valore della cordata.
Vi è stato chi come il Pd ha piantato i chiodi nella parete e teso le corde invitando gli altri a salire e chi ha preferito accomodarsi a vedere se qualcuno cadeva giù per non doverci convivere. Ecco, così non va. Così non può funzionare.
Lo ripeto, nessuna boria di parte o di partito, ma ognuno si faccia un esame di coscienza e dica prima di tutto a sé stesso e a chi vuole rappresentare se non sia ora il tempo di alzare lo sguardo. Siccome non si vota domani, mi chiedo perché non sfruttare questo tempo consapevoli di un punto: se il mondo va a destra non è solo perché il portafoglio di tanti si è svuotato. In molti casi quel mondo va a destra anche perché sulla sua strada non incrocia più una sinistra, una cultura cattolica e liberale, la spinta di movimenti civici e progressisti, e allora imboccare il sentiero assieme forse può colmare un vuoto, o almeno individuare la stessa montagna da scalare evitando di partire ciascuno per una gita diversa. Perché, quello sì sarebbe un peccato imperdonabile.
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