- Un’indicazione sul “metodo Meloni” era già arrivata, tra le righe, da Giulio Tremonti, durante l’intervista a In mezz’ora. «Sì, sarò candidato. Ma da lunedì avrò tutte le coordinate».
- L’unica certezza era quella di essere presenti nelle liste di Fratelli d’Italia il prossimo 25 settembre. Nelle ore precedenti alla decisione definitiva, nessuno ha obiettato qualcosa su questo approccio.
- Nonostante il silenziatore imposto al partito, in Campania è scoppiata la protesta per il posto assegnato all’ex berlusconiano Gianfranco Rotondi, che ha scavalcato i dirigenti locali di Fdi.
Una candidatura firmata in bianco per Fratelli d’Italia, senza alcuna anticipazione sul posto nel listino plurinominale o sull’eventuale collegio dell’uninominale previsto per gli aspiranti parlamentari del partito. E addirittura c’è stato un riserbo assoluto sulla camera di potenziale elezione, almeno per gli over 40. Camera o Senato? Non era dato sapere. Capolista o ultimo del listino? La comunicazione sarebbe arrivata il giorno dopo, secondo quanto stabilito da Giorgia Meloni. Un’indicazione sul “metodo Meloni” era già arrivata, tra le righe, da Giulio Tremonti, durante l’intervista a In mezz’ora in più domenica pomeriggio. «Sì, sarò candidato. Ma da lunedì avrò tutte le coordinate», ha risposto alla domanda sulla sua presenza in lista sotto le insegne di FdI. Nessuna informazione aggiuntiva. Come tutti, dunque, ha accettato al buio, anche se a differenza degli altri, favorito del passato politico, aveva la garanzia di essere piazzato in una posizione blindata.
Lealtà preventiva
Del resto, stando ai fatti, nelle ore precedenti alla compilazione definitiva, è circolato il lungo elenco, di 277 nomi impilati in ordine alfabetico, di chi sarebbe stato candidato con il partito di Meloni, o in quota FdI negli uninominali. Ma null’altro: impossibile avere indiscrezioni, semplicemente perché non c’erano informazioni.
L’unica certezza offerta era quella di essere presenti nelle liste di FdI il prossimo 25 settembre. Nelle ore precedenti alla decisione definitiva, nessuno ha pensato di obiettare qualcosa su questo approccio. Troppo forte il timore di attirare gli strali della leader, con la conseguenza nefasta di essere depennati dalla lista dei potenziali parlamentari.
Il potere di candidatura, e del posizionamento, era nelle mani della presidente, e della sua stretta cerchia di consiglieri, tra cui il capogruppo alla Camera e cognato, Francesco Lollobrigida, e l’eurodeputato Carlo Fidanza, che già pochi giorni prima di Ferragosto girava a Montecitorio, accompagnato dallo staff di Ignazio La Russa, diretto agli uffici dei gruppi di FdI per pianificare le strategie.
La rotta scelta da Meloni, secondo quanto appreso, è stata proprio quello di proporre un posto in lista da accettare sulla fiducia: prendere o lasciare. Una richiesta di lealtà preventiva che era una prima prova per la futura legislatura. Solo oggi pomeriggio il partito ha pubblicato la lista completa delle candidature sul sito: Meloni correrà in Abruzzo, Lazio, Lombardia, Puglia e Sicilia. Tremonti in Lombardia e Carlo Nordio in Veneto.
In silenzio
Una segretezza totale, inoltre, adottata per scongiurare qualsiasi fuga di notizie con tensioni in grado di alimentare polemiche a mezzo stampa, come è avvenuto con il Partito democratico.
Un eccesso di apertura che ha esposto i candidati all’esame ai raggi X molti giorni prima del deposito ufficiale delle liste. Aprendo, per esempio, il caso di Raffaele La Regina, che ha dovuto rinunciare alla corsa per il parlamento.
In FdI niente vicende simili, insomma. E pazienza se la strategia di Meloni è risultata tutt’altro che aperta e partecipata. Alla base c’è un dato: ha ribadito a tutti i dirigenti che è la presidente a comandare. Ora più che mai. Un piglio autoritario per silenziare qualsiasi malumore interno.
Rivolta campana
La missione è stata portata al termine, non senza difficoltà. Appena sono stati annunciati i nomi dei candidati in Campania, alcuni dirigenti del partito regionali, guidati dalla consigliera regionale Carmela Rescigno, hanno denunciato: «Sono fuori dalle liste i quattro sindaci della provincia», riferendosi a Nello Donnarumma (Palma Campania), Antonio Del Giudice (Striano), Pietro Sagristani (Sant'Agnello) e Giovanni Corrado (Cicciano). Secondo la nota, il partito aveva garantito di voler dare priorità a «territori e meritocrazia». Un problema rilevato anche nella provincia di Avellino, in cui «nessun consigliere comunale o dirigente Fdi risulta in lista». L’irritazione è stata dettata dalla candidatura nel collegio uninominale irpino di Gianfranco Rotondi, deputato uscente, di consolidata tradizione democristiana, e proveniente da Forza Italia. Solo di recente Rotondi, fondatore del movimento Verde è popolare, è approdato alla corte di Meloni, scavalcando i dirigenti locali di Fdi. Così come al senato, nel collegio di Napoli, è stato paracadutato, con posto sicuro, il toscano Marcello Pera. A confermare indirettamente il meccanismo del metodo Meloni, c’è stata la replica ai malpancisti del senatore uscente e coordinatore di Fdi in Campania, Antonio Iannone: «Ho portato a Roma 160 profili disponibili per la candidatura, poi la nostra Giorgia Meloni ha fatto le scelte». E di fronte a questo non è permessa lamentela.
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