La premier pensa alla direttrice del Dis per l’eredità di una delle deleghe del ministro, ma Tajani è contrario: troppo ingombrante. Per l’attuazione del Pnrr si valutano Osnato o Lucaselli che possono lavorare a distanza con il futuro commissario Ue indicato da Fratelli d’Italia
Raffaele Fitto continua a tenere lo sguardo rivolto all’Europa, alla sua futura veste da commissario, con un esame da superare tra le trappole che socialisti e verdi cercheranno di piazzare durante l’audizione. Il suo saluto da Roma per volare a Bruxelles non è scontato: l’audizione sarà dura, ma è difficile che possa saltare. E mentre ha trascorso le ultime settimane chino sui libri, tra un ripasso di inglese e un approfondimento sulle materie che dovrà trattare in caso di “promozione” nella commissione, a palazzo Chigi si naviga a vista sulla sostituzione.
Giorgia Meloni si sta arrovellando sulle possibili soluzioni. Ma si trova davanti a un cubo di Rubik. Le deleghe nelle mani di Fitto sono numerose e pesanti. L’assegnazione è un rimpasto di fatto.
Se dovesse filare tutto liscio come garantiscono nel governo lascerebbe vuota la poltrona fondamentale per il dialogo con l’Ue: quella del ministro degli Affari europei.
La presidente del Consiglio deve individuare una figura rassicurante e ha già il nome pronto: Elisabetta Belloni, attuale direttrice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis). In assenza di profili autenticamente europeisti dentro Fratelli d’Italia, è una delle poche figure tecniche di cui Meloni si fida.
Soluzione Belloni
La commissione avrebbe un’interlocutrice apprezzata, soprattutto dopo il ruolo impeccabile di sherpa del G7 in Puglia. Tra il dire e il fare ci sono di mezzo gli alleati. Sul nome di Belloni c’è l’altolà del vicepremier, Antonio Tajani, che vede nella numero uno del Dis una figura ingombrante, troppo di spicco. La ministra degli Affari europei farebbe ombra al ministro degli Esteri, che pronto a impuntarsi.
La scelta finale spetta alla premier, che però non vuole fare innervosire l’alleato e pensa anche ad altri nomi d’area, come Giulio Terzi di Sant’Agata, ex ministro degli Esteri ai tempi del governo Monti e oggi senatore di Fdi.
L’altro problema sulla promozione nel governo sarebbe il sostituto al Dis, dove Belloni scade il prossimo maggio. L’opzione più logica sarebbe quella di Bruno Valensise, già vice al Dipartimento e ora al vertice dell’Aisi, l’agenzia dei servizi segreti interni. Si dovrebbe trovare una nuova guida per il controspionaggio.
Il trasloco di Fitto verso l’Europa potrebbe aprire poi un’altra voragine a palazzo Chigi: l’attuazione del Pnrr. Già nelle ultime settimane ci sono mugugni sullo stato di avanzamento del Piano per il lavoro «part time» che avrebbe svolto il ministro ancora in carica.
Una tesi respinta al mittente: «Fitto è pienamente operativo su tutti i suoi dossier», è il ragionamento diffuso dal suo inner circle. Il problema non è di poco conto. Dopo aver accentrato tutto alla presidenza del Consiglio, non si può tornare indietro. E il Pnrr è nella sua fase cruciale.
Meloni ha chiesto a Fitto una via d’uscita per affidare il dossier a una persona di cui il futuro commissario si possa fidare. E comandare a distanza, con una postazione di privilegio, insieme a un ministro fidato. Non è mai stata concreta, secondo palazzo Chigi, la possibilità di affidare le deleghe direttamente al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, il super consigliere di Meloni. Ha già troppi impegni e il Pnrr non può essere seguito part-time.
Così come sarebbe complicato dare tutto in mano ad Alfredo Mantovano, altro sottosegretario in overbooking di ruoli. Così hanno preso quota i nomi di Ylenia Lucaselli, deputata di Fratelli d’Italia spedita spesso in televisione tra gaffe e strafalcioni (ha scambiato i gulag societici con i «gulasch»), e di Marco Osnato, presidente della commissione Finanze alla Camera, che hanno sopravanzato nei rumors il viceministro alle Infrastrutture, Galeazzo Bignami.
Ognuno dei nomi che circolano nega la possibilità, e tutti sono - soprattutto - accomunati da una grave pecca: sono tutti degli illustri sconosciuti in Europa a differenza di Fitto, già molto pratico delle istituzioni comunitarie dopo gli anni all’Europarlamento. Si torna al punto di partenza: al fianco del ministro del Pnrr e della coesione ci deve essere un nome forte agli Affari europei. Tipo Belloni.
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