Il 14 giugno l’insegnate italiana è stata liberata, dopo essere stata eletta europarlamentare tra le liste di Alleanza verdi e sinistra. Accusata di aver aggredito dei militanti neonazisti, ha passato 15 mesi in condizioni disumane in carcere a Budapest
L’arresto a Budapest e le prime lettere inviate dal carcere (passate sotto traccia) per denunciare le condizioni disumane. Poi le immagini in aula con catene a mani e polsi e la grande indignazione che ne è seguita. La concessione degli arresti domiciliari in Ungheria, lo scorso 15 maggio, l’elezione al parlamento europeo, tra le fila di Alleanza verdi sinistra e infine la scarcerazione, il 14 giugno.
La vicenda di Ilaria Salis, l’insegnante e militante antifascista detenuta nel paese guidato da Viktor Orbán da 15 mesi, ha fatto discutere e ha occupato il dibattito pubblico in Italia, tra scontri politici e preoccupazioni umanitarie.
Chi è Ilaria Salis e di cosa è accusata
Tutto inizia l’11 febbraio 2023, quando come ogni anno a Budapest si è svolto il tradizionale "Giorno dell’onore”, l’appuntamento in cui migliaia di militanti neonazisti e neofascisti si riuniscono nella capitale ungherese per commemorare i soldati ungheresi e tedeschi uccisi durante l'assedio di Budapest, ai tempi della seconda guerra mondiale. La ricorrenza principale dell’internazionale nera europea.
In quel giorno, come ogni anno, per le strade di Budapest si sono svolte contro-manifestazioni di militanti antifascisti. In questo contesto nel 2023 Ilaria Salis, secondo le accuse, avrebbe partecipato all’aggressione di due attivisti neonazisti e per questo, nonostante i due non abbiano fatto alcuna denuncia, è stata arrestata insieme a due cittadini tedeschi.
All’insegnante 39enne sono contestati i reati di «violenza» e «lesioni». Secondo la giustizia ungherese rischia fino a 11 anni di carcere, che potrebbero salire a 24 se le lesioni sugli aggrediti venissero confermate come «potenzialmente letali», nonostante i due aggrediti se la siano cavata con una prognosi da 5 a 8 giorni.
La scelta di non patteggiare e le prime lettere
Dopo che nel giugno 2023 le sono stati negati per la prima volta i domiciliari in Italia, a novembre Salis è stata rinviata a giudizio. L’insegnante milanese ha dall’inizio difeso la propria innocenza rinunciando al patteggiamento e scegliendo di andare a processo, a differenza degli altri due cittadini tedeschi con cui è stata arrestata e che se la sono “cavata” con tre anni di reclusione.
«Sono trattata come una bestia al guinzaglio», ha denunciato Salis in un memoriale di 18 pagine inviato dal carcere al consolato italiano. «Da tre mesi sono tormentata dalle punture delle cimici nel letto. L'aria è poca, solo quella che filtra dallo spioncino». È il senatore Peppe De Cristofaro il primo a portare il caso in parlamento, in un’interrogazione al ministro della Giustizia Carlo Nordio. «Faremo di tutto per affievolire la sua situazione», l’impegno del titolare di via Arenula.
In aula in catene e il dibattito in Italia
La vicenda irrompe nel dibattito pubblico solo il 29 gennaio, quando è iniziato il processo a suo carico. È in quell’occasione che Salis è stata portata per la prima volta in aula con catene ai polsi e ai piedi. Le immagini – autorizzate nella pubblicazione dalla stessa Salis – hanno fatto velocemente il giro del mondo e hanno scatenato un’ondata di indignazione. Dito puntato subito contro Giorgia Meloni, accusata di essere troppo morbida nei confronti del suo «amico» Viktor Orbán, a cui comunque la premier ha chiesto l’impegno per un «giusto processo».
Ma al di là delle azioni diplomatiche e delle risposte dei membri dell’esecutivo, la vicenda si è trasformata subito in un caso politico. Le opposizioni hanno attaccato la maggioranza – accusata di adottare pesi e misure diverse a seconda degli interlocutori – mentre il padre, Roberto Salis, ha denunciato l’inerzia del governo e dell’ambasciata: «Sapeva ma non ha detto nulla». Dal centrodestra, invece, sono arrivati i primi attacchi: «È assurdo che questa Salis in Italia faccia la maestra. Non può fare quel lavoro», ha accusato Matteo Salvini, facendo scivolare in secondo piano le condizioni detentive dell’insegnante milanese.
La candidatura alle europee con AVS
Intanto il 28 marzo c’è stata una seconda udienza in cui il tribunale di Budapest ha nuovamente negato la concessione dei domiciliari, sia in Ungheria sia in Italia.
Nel frattempo, parallelamente alla via diplomatica, per sbloccare la situazione si è affacciata l’idea di candidare Salis alle europee, per poter godere dell’immunità. Possibilità vagliata prima dal Partito democratico, ma scartata da Roberto Salis dopo una serie di incontri con Schlein. Dopo giorni di conferme ufficiose e smentite, a metà aprile è arrivato l’annuncio della sua candidatura nelle liste dell’Alleanza Verdi-Sinistra di Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, come capolista nella circoscrizione nordovest e al secondo posto nelle isole.
Per via dell’immunità di cui godono anche gli europarlamentari, se eletta Salis dovrebbe essere immediatamente scarcerata. Per riarrestarla – in carcere o ai domiciliari – Budapest dovrebbe chiederne l’autorizzazione al parlamento europeo.
La scelta sulla custodia in carcere
Il 15 maggio il tribunale del riesame di Budapest ha concesso i domiciliari a Salis, accogliendo l’istanza dei legali dopo che, all’udienza del 28 marzo, la richiesta era stata rigettata. Il provvedimento diventerà esecutivo dopo che verrà pagata la cauzione di 16 milioni di fiorini ungheresi (poco più di 41mila euro): solo allora potrà essere condotta nella casa di una privata cittadina che le darà ospitalità e dovrà indossare il braccialetto elettronico. «Merito dell’azione sinergica del governo e della nostra ambasciata, che hanno lavorato intensamente, in silenzio, senza fare propaganda», secondo Tajani. Dell’attenzione politico-mediatica e della famiglia, secondo le opposizioni.
Ma tra la scarcerazione e la fine del processo le tappe sono molte, a iniziare dalla questione del diritto di voto per le europee e passando dalla possibilità di trasferimento ai domiciliari in Italia.
I domiciliari e l’elezione al parlamento europeo
Dopo oltre 15 mesi, il 23 maggio Salis ha lasciato il carcere di massima sicurezza di Gyorskocsi utca di Budapest ed è stata trasferita ai domiciliari, in un appartamento della capitale ungherese. Il giorno dopo si è presentata per l’ennesima udienza in tribunale, ma questa volta senza catene a mani e piedi. «Finalmente l’abbiamo riabbracciata – ha commentato il padre Roberto Salis – Speriamo che questa sia una tappa temporanea prima di vederla finalmente in Italia».
E in Italia potrebbe tornarci presto, da cittadina libera. Perché alle elezioni europee, dove è stata candidata dall’Alleanza verdi e sinistra, Salis ha preso più di 175mila preferenze e, grazie all’ottimo risultato della lista, è stata eletta al parlamento europeo. Secondo la legge, un europarlamentare nel momento in cui viene eletto gode dell’immunità e cioè dall'esenzione da ogni provvedimento di detenzione e da ogni procedimento giudiziario, nel territorio di ogni altro stato membro. In ogni caso, l’immunità non è sinonimo di assoluzione. Quindi il procedimento continuerà al termine del mandato o in caso di revoca. L’immunità, infatti, può essere revocata dopo la decisione dell’europarlamento su richiesta di un’autorità nazionale competente.
«Non appena ci sarà la proclamazione chiederemo all'autorità giudiziaria ungherese di rimettere in libertà Ilaria Salis e di sospendere il procedimento penale», hanno detto i suoi avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini, annunciando l'istanza di revoca di qualsiasi misura cautelare. Manca solo un passaggio burocratico, un documento delle autorità italiane che attesti ufficialmente la vittoria elettorale di Salis.
La scarcerazione per via dell’immunità
Il 14 giugno, una settimana dopo l’elezione al parlamento europeo, la polizia ungherese ha tolto il braccialetto elettronico a Salis, che era agli arresti domiciliari in un appartamento di Budapest, rimettendo così in libertà l’insegnate italiana. La richiesta di scarcerazione era stata depositata dal suo legale ungherese, Gyorgy Magyar, dopo la sua elezione come eurodeputata nelle liste di Alleanza verdi e sinistra. Da rappresentante europea, Salis gode automaticamente dell’immunità parlamentare. Le autorità ungheresi dovrebbero fare esplicita richiesta all’eurocamera per continuare a tenere in detenzione l’italiana.
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