Emerge un fermo immagine preoccupante dall’ultimo rapporto civico sulla salute di Cittadinanzattiva. Il tema centrale rimane quello del mancato accesso alle cure: nel 2023, circa 4,5 milioni di cittadini in Italia hanno dovuto rinunciare a visite o accertamenti medici per problemi economici, di liste di attesa o di difficoltà di accesso alle cure.

Su 24.043 segnalazioni dei cittadini nel 2023, in crescita di 9.971 rispetto all’anno precedente, quasi una su tre fa riferimento al mancato accesso alle prestazioni di diagnosi e cura.

Sanità impoverita e desertificata

Le problematiche riguardano le difficoltà di accesso al Pronto soccorso, le lunghe attese per poter essere poi presi in carico e, in particolare in alcune aree del paese, il non riuscire a raggiungere un servizio di emergenza-urgenza entro 30 minuti: si parla del 5,8 per cento della popolazione, ossia circa 3,4 milioni di abitanti. La situazione più critica riguarda la popolazione residente in aree interne della Basilicata, seguita da quella della provincia autonoma di Bolzano e, infine, alla Sardegna. Ci sono difficoltà con il proprio medico di famiglia o pediatra di libera scelta a causa dello scarso tempo a disposizione o di un deficit nelle informazioni che vengono fornite ai cittadini.

Le auspicate ricadute positive degli investimenti sui territori legati al Piano nazionale di ripresa e resilienza e la riforma dell’assistenza territoriale tardano ad arrivare e i cittadini, anche nel 2023, hanno lamentato molte criticità legate all’assistenza sanitaria di prossimità che sembra essere sempre più distante dalle loro esigenze.

C’è poi l’ambito della prevenzione, dove i cittadini lamentano informazioni mancanti, incomplete e contraddittorie relative alle vaccinazioni anti Covid 19 e alle basse coperture vaccinali negli adolescenti e negli adulti. Per quanto riguarda gli screening oncologici, nel 2023 le adesioni ai programmi organizzati gratuiti non sono ottimali, soprattutto persiste una netta differenza fra il nord e il sud.

Il 55 per cento delle donne target aderisce allo screening mammografico, con una variazione di 15 punti percentuale tra nord e sud-isole. Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva, ha dichiarato che «Avere la percezione di trovare chiusa la porta di accesso al Servizio sanitario a causa delle difficoltà connesse alla desertificazione dei servizi, alla debolezza delle cure primarie, alla situazione dei pronto soccorso, alle lunghe liste di attesa; scolora gli altri problemi, pur rilevanti».

Liste di attesa e rinuncia alle cure

Le principali difficoltà di accesso alle prestazioni sono determinate soprattutto da: liste d’attesa bloccate, lunghe attese o difficoltà a contattare il Cup e di programmare visite. Sui tempi di attesa, i tempi massimi segnalati dai cittadini sono assai preoccupanti: 468 giorni per una prima visita oculistica in classe P, ovvero programmabile, da eseguire entro 120 giorni. Seguono 480 giorni per una visita di controllo oncologica in classe non determinata, 300 giorni per una visita oculistica di controllo in classe B, ovvero breve, da erogare entro 10 giorni.

Peggiora la situazione per gli esami strumentali: 526 giorni per un ecodoppler dei tronchi sovraortici in classe P. Per avere accesso ad un intervento di protesi d’anca in classe D, ovvero entro 12 mesi, si arriva ad attendere 437 giorni.

Non migliora nemmeno la tempistica per un intervento per tumore alla prostata: 159 giorni in classe B, dunque entro 30 giorni. La quota di rinuncia alle cure, è pari al 9 per cento tra le donne e al 6,2 per cento tra gli uomini e, sul territorio, l’incremento alla rinuncia rispetto all’anno precedente si concentra soprattutto al centro e al sud, mentre il nord con 7,1 per cento mantiene lo stesso livello del 2022.

Per Mandorino è importante rivendicare, per la sanità pubblica, «Risorse maggiori e continuative, dopo che per anni essa è stata considerata una specie di salvadanaio a cui attingere per tappare i buchi di bilancio del nostro paese».

La realtà che emerge è quella di una sanità impoverita e desertificata che, secondo Mandorino, pone delle questioni importanti: «Dobbiamo chiederci in che modo sono impiegate le risorse, visto che i Livelli essenziali di assistenza non sono ancora mai stati aggiornati, dal 2008 non si propone al parlamento un piano sanitario nazionale. Non sono inoltre state approvate riforme pur significative, come quella sulla non autosufficienza degli anziani, senza investimenti e senza un Patto di corresponsabilità fra stato centrale e regioni».

È dunque evidente che la carenza di personale, il ritardo nell’impiego dei fondi del Pnrr e la pandemia, abbiano ridotto quasi al collasso un settore già di per sé molto critico.



 

© Riproduzione riservata