La ricerca di Google si evolve in continuazione al fine di diventare un provider completo di servizi che seleziona e presenta direttamente le informazioni che cerchiamo. A prima vista questo sembra essere un vantaggio per i consumatori. E invece può anche danneggiare la concorrenza, perché dà a Google il potere di decidere del successo (o del fallimento) di altri siti internet evitando che la scelta sia dei consumatori. Questo ha dato origine a indagini e contenziosi antitrust in Germania.

Quando cerchiamo informazioni sul meteo dalla posizione in cui ci troviamo, basta solo andare su Google.com e inserire il termine di ricerca “meteo”. Google farà il resto: non solo ci mostrerà una serie di siti collegati al nostro termine di ricerca, ma, in cima ai risultati, ci presenterà direttamente un bel grafico del meteo nella nostra posizione, comprese le temperature, le precipitazioni e il vento nei giorni successivi. Questo è quello che Google chiama un knowledge panel, “quadro di conoscenza”, e illustra come la ricerca di Google sia passata da semplice motore di ricerca a “provider completo di servizi”.

La cosa può risultare molto utile agli utenti, che non devono nemmeno fare un clic altrove per trovare le informazioni che cercano. Allo stesso tempo è un vantaggio per Google, perché gli utenti rimangono più a lungo su Google, che può monetizzare l’attenzione e il tempo aggiuntivi per mezzo della pubblicità. Gli operatori di altri siti internet potrebbero, invece, non essere altrettanto contenti: più informazioni gli utenti trovano direttamente su Google, meno si sposteranno su altri siti. Meno visitatori significa meno entrate pubblicitarie.

In Germania l’evoluzione di Google ha sollevato preoccupazioni in materia di antitrust. Dapprima, una società di media che gestisce un sito che offre informazioni relative alla salute ha intentato una causa privata contro Google e il ministero della Sanità tedesco per una info-box, una sezione dedicata, di informazioni sulla salute, fornita dal sito del ministero e visualizzata sulla ricerca di Google, perché riduceva il numero dei visitatori su altri siti di servizi sanitari. In un secondo momento, l’autorità tedesca per la concorrenza (“Bundeskartellamt”) ha aperto un’indagine su Google News Showcase, un nuovo servizio di Google che mostra le notizie selezionate da Google nei cosiddetti story panels, riquadri di storie, in qualche modo simili ai knowledge panels.

Entrambi i casi servono a illustrare una nuova teoria del danno che suggerisco di chiamare l’“incoronazione dei re”: quando Google mostra direttamente le informazioni prese da altre fonti, decide il successo o il fallimento dei siti che forniscono queste informazioni e quindi impedisce che siano i consumatori gli arbitri della concorrenza.

Con le istituzioni

Quando Google include direttamente le informazioni nei risultati di ricerca deve prenderle da qualche parte. In Germania ha trovato il partner perfetto: il ministero federale della Sanità. Il ministero gestisce un portale sanitario nazionale (“gesund.bund.de”) per dare ai cittadini informazioni su temi di salute. Fornisce, tra le altre cose, informazioni su malattie, nutrizione, assistenza o diritti dei pazienti. Il sito internet è di proprietà statale e finanziato.

A differenza dei siti gestiti da privati con offerte simili, il portale sanitario nazionale non dipende quindi da entrate pubblicitarie. Questo lo rende il partner perfetto per Google. Prendere informazioni dal portale sanitario e mostrarle direttamente nei risultati di ricerca fa sì che gli utenti rimangano più a lungo su Google, senza ridurre le entrate pubblicitarie dal portale sanitario nazionale (poiché non ne ha mai avute). Questo è esattamente ciò che Google ha fatto nel novembre 2020: in collaborazione con il ministero della Sanità tedesco, ha creato l’info-box, una sezione con informazioni su temi di salute prese direttamente dal portale sanitario nazionale, che appare ben in vista nella pagina dei risultati di ricerca.

Cercando per esempio la parola “Migräne”, emicrania, sulla destra compare l’info-box con un link al portale sanitario nazionale. A sinistra, dopo alcuni risultati dei siti paganti, compare il primo risultato effettivo. Nel caso dell’esempio si tratta di netdoktor.de, un sito finanziato dalla pubblicità che fornisce informazioni sulla salute e assomiglia a gesund.bund.de. L’operatore di questo sito ha registrato un forte calo del traffico di utenti e ha deciso di citare l’info-box in tribunale. In due cause distinte (una contro Google, una contro il Ministero) davanti a un tribunale di Monaco di Baviera, ha chiesto fra le altre cose che si interrompesse la collaborazione fra il ministero e Google, per motivi di antitrust.

Il tribunale ha accolto la richiesta in una sentenza del febbraio di quest’anno. Ha rilevato che la collaborazione tra Google e il ministero della Sanità costituisce un accordo di non concorrenza. Il tribunale ha sostenuto che gli operatori dei portali sanitari dipendono da Google per rendere i loro servizi accessibili. Soltanto con una buona visibilità sulla ricerca di Google sono in grado di generare un traffico di utenti sufficiente per gestire le proprie attività. L’info-box domina sui migliori risultati che compaiono in cima alla pagina della ricerca. In effetti, l’indirizzo del sito internet dei querelanti era l’unico risultato effettivo della ricerca che poteva ancora essere trovato nella prima pagina dei risultati anche se soltanto in fondo.

L’info-box produce due effetti: per prima cosa, gli utenti spesso non devono accedere a nessun altro sito se non Google, se ottengono quello che stavano cercando già nella sezione dedicata. In secondo luogo, è più probabile che gli utenti che desiderano continuare la ricerca utilizzino il collegamento al portale sanitario nazionale ben visibile all’interno dell’info-box, invece che accedere a uno di quelli tra i risultati della ricerca (ad esempio, siti come netdoktor.de). In entrambi i casi, alla fine i portali sanitari privati hanno meno traffico di utenti da monetizzare. Google, a sua volta, ottiene una maggiore permanenza dei suoi utenti, consentendo all’azienda di raccogliere più dati e di vendere pubblicità più mirata (quindi più di valore).

Google e il ministero hanno invocato una “difesa dell’efficienza”, sostenendo che i consumatori hanno effettivamente beneficiato dell’info-box, il che ha costituito un miglioramento della qualità dei risultati di ricerca di Google. Inoltre, hanno affermato, è aumentata l’educazione alla salute pubblica. Ciò non ha convinto la corte, che ha espresso preoccupazione per il passaggio di Google da (puro) motore di ricerca a provider di contenuti.

Il tribunale ha ritenuto che un simile miglioramento qualitativo del servizio di Google non corrisponde a un sufficiente guadagno dell’efficienza tale da giustificare il suo comportamento, in quanto non porta a un aumento del benessere complessivo. Il tribunale ha sottolineato il ruolo di Google di “guardiano” nel mercato, il basso rischio economico delle parti e, inoltre, i potenziali effetti negativi sulla pluralità dei media e dell’opinione pubblica. Nel lungo periodo, e da qui la preoccupazione, potrebbe non rimanere alcun provider di informazioni sanitarie alternativo su Internet.

Showcase

Il 4 giugno il Bundeskartellamt, l’autorità tedesca per la concorrenza, ha annunciato di aver aperto un’inchiesta contro Google per Google News Showcase, la “vetrina delle notizie” lanciata di recente. In questa indagine l’autorità sta mostrando i muscoli con un nuovo strumento che consente una procedura speciale contro le aziende di fondamentale importanza per la concorrenza tra i mercati. Il Bundeskartellamt, con questo strumento, sta indagando anche su Facebook, Amazon e Apple.

Google News Showcase è un nuovo servizio lanciato di recente in diversi paesi del mondo che seleziona e mostra le notizie di determinati editori in cosiddetti “story panels”, i riquadri delle storie. Google paga questi editori per poter mostrare i propri contenuti. Il servizio inizialmente era disponibile soltanto nell’app Google News, ora invece è disponibile in Google News sul desktop. È interessante notare che, attraverso Showcase, gli utenti sono in grado di leggere anche alcuni articoli che normalmente sono protetti da paywall. Il Bundeskartellamt teme che «l’integrazione di Google News Showcase nella funzione di ricerca generale di Google sia la preferenza individuale o l’impedimento a servizi offerti da terze parti concorrenti».

Incoronare i re

Qualcuno potrebbe chiedersi quale sia la teoria del danno nei due casi sopra descritti. Innanzitutto, l’info-box e il News Showcase tolgono ovviamente traffico ad altri siti. Eppure, questo sembra essere nell’interesse dei consumatori: dopotutto è più facile per gli utenti trovare direttamente informazioni sulla salute, o una buona selezione di articoli (alcuni dei quali normalmente sarebbero anche protetti da paywall). Inoltre, l’idea della preferenza individuale suggerita dal Bundeskartellamt sembra piuttosto lontana. A differenza del caso di Google Shopping, in cui Google aveva un prodotto direttamente concorrente (un motore di ricerca per gli acquisti con funzionalità simili come le offerte da siti di confronto dei prezzi come idealo o shopping.com), Google non è in concorrenza diretta con i siti di notizie (o salute).

Suggerisco che la teoria del danno alla radice, che si applica a entrambi i casi discussi sopra, è che con strumenti come News Showcase, Google è in grado di evitare che i consumatori siano gli arbitri nel processo competitivo e così “incorona i re”. Idealmente, sono i consumatori che, attraverso il loro comportamento di consumo, decidono quali offerte hanno successo sul mercato. Questo elemento di concorrenza viene eliminato se Google può decidere unilateralmente quali offerte far prevalere. Per il potere di mercato che ha Google, non c’è alcuna pressione sull’azienda per garantire che prevalgano le offerte “migliori” (dopotutto, se non è una decisione del consumatore, come si potrebbe determinare altrimenti?). Google può quindi ridurre efficacemente la concorrenza tra gli altri fornitori di siti internet selezionando un vincitore (nel caso dell’info-box sulla salute) o più (nel caso del News Showcase) tra quelli che compaiono in modo più visibile, e tagliando fuori tutti gli altri. Ciò può far sì che i mercati interessati diventino mercati “vincitori che prendono tutto”, con il vincitore che viene determinato a discrezione incontrollata di Google. Nel contesto delle notizie la cosa è particolarmente pericolosa, dal momento che potrebbe minare la pluralità di opinioni.

Questa teoria del danno riflette una comprensione più ampia del diritto della concorrenza, che protegge il processo concorrenziale e la scelta del consumatore come elemento importante di esso. In Europa, e ancor più in Germania, questa visione non è inconsueta. La Corte suprema federale tedesca ha recentemente sottolineato questo aspetto del diritto della concorrenza nel famoso caso Facebook.

Google dovrà progettare attentamente qualsiasi nuova funzionalità in modo da non creare mercati in cui il vincitore prende tutto, e sostenere la capacità del consumatore di scegliere tra diverse offerte. Nel contesto del News Showcase, sembra probabile che solo l’accesso indiscriminato a tutti gli editori, comprese le aziende più piccole e meno note o i nuovi contendenti, sarà compatibile con il diritto della concorrenza (europeo).

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