Il ministro Crosetto ha messo in discussione la legittimità dell’iniziativa ucraina. Ma la teoria secondo cui l’Ucraina non potrebbe occupare territorio russo nell’esercizio del proprio diritto alla legittima difesa è una clamorosa inesattezza
Le recenti dichiarazioni del ministro Guido Crosetto in merito all’azione ucraina a Kursk, accolte dal silenzio della stessa Meloni, sono sintomo di incertezza nella postura solo apparentemente granitica del governo rispetto al sostegno a Kiev. Allo stesso tempo, marcano un primo evidente disallineamento con le posizioni dei partner internazionali.
Infatti, se Stati Uniti, Unione europea, Germania e Gran Bretagna si sono espressi a favore dell’iniziativa ucraina, giudicandola legittima, Crosetto ha affermato che «l’attacco ad uno stato sovrano, sul suo territorio, è sbagliato e condannabile in generale» e che «non si deroga per nessuno» ai principi, valori e regole del diritto internazionale. Sono parole che sollevano forti, anche se impliciti, dubbi sulla legittimità dell’operato di Kiev sotto il profilo del diritto internazionale.
Ma l’azione ucraina è assolutamente legittima e la teoria secondo cui l’Ucraina non potrebbe occupare territorio russo nell’esercizio del proprio diritto alla legittima difesa è una clamorosa inesattezza.
Secondo il diritto internazionale, infatti, un’azione militare intrapresa per legittima difesa deve rispondere ai criteri di necessità, immediatezza e proporzionalità.
Secondo il criterio di necessità, la reazione armata deve essere una extrema ratio e ci si dovrebbe astenere dal rispondere militarmente qualora non sia più strettamente necessario ai fini della tutela della propria integrità territoriale - ad esempio se lo stato aggressore si è ritirato e sta promuovendo in buona fede un percorso negoziale. Evidentemente non si tratta del caso di specie.
Il requisito dell’immediatezza vuole che la risposta intervenga in tempi ragionevoli, ma si riferisce alla risposta armata nel suo insieme, e in questo caso non rileva poiché la reazione ucraina è cominciata subito dopo l’invasione russa. Il fatto che l’Ucraina non abbia attaccato il territorio russo allora non vuol dire che non possa legittimamente farlo adesso.
Il requisito di proporzionalità, infine, richiede che la risposta sia proporzionale all’attacco che ha fatto scattare l’esercizio della legittima difesa e alla gravità della minaccia portata allo Stato aggredito: un limitato incidente di confine, ad esempio, non potrebbe giustificare il ricorso ad armi nucleari contro le principali città dello Stato aggressore. Nel caso specifico di Kursk, è difficile sostenere che l’offensiva ucraina sia sproporzionata rispetto all’obiettivo strategico ucraino di espellere i russi dal proprio territorio. Non si tratta di un’azione meramente “punitiva” o tesa ad annettersi nuovi territori: è invece una manovra direttamente funzionale all’obiettivo di difendersi da un’aggressione, impedendo che parte del territorio russo venga impiegato per lanciare attacchi contro il territorio ucraino, e con la ragionevole aspettativa che Mosca distolga parte delle truppe impegnate nel Donbas spostandole a difesa del proprio territorio.
L’esercizio della legittima difesa non ha generalmente limiti geografici: colpisci il nemico ovunque si trovi, sul tuo territorio, in alto mare, nello spazio, purché i tuoi attacchi siano funzionali all’obiettivo di respingere l’aggressione subita.
Ovviamente, dal punto di vista del diritto internazionale di guerra è importante che tutte le operazioni militari, ovunque si svolgano, siano condotte nel rispetto del diritto umanitario (non attaccare la popolazione civile, non usare armi “illegali”, non torturare i prigionieri di guerra, ecc.). Ma questo non è il caso dell’offensiva nel Kursk.
Le parole di Crosetto, quindi, sollevano dubbi inconsistenti dal punto di vista legale. Sarebbe interessante capire perché il Ministro della Difesa abbia sentito la necessità di una simile dichiarazione. Le ragioni, probabilmente, hanno più a che fare con le dinamiche interne di un partito, Fratelli d’Italia, che potrebbe essere molto meno compatto sull’Ucraina di quanto Meloni non voglia far credere, e pone una pesante ipoteca sulla credibilità internazionale del governo.
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