Il sindaco di Genova ha vinto le elezioni regionali, Orlando lo chiama per augurargli buon lavoro. Il partito personale di Conte sprofonda. Il Partito democratico primo partito, doppiato Fratelli d’Italia. Bucci: «Sarò il presidente di tutti i liguri»
Le regionali in Liguria dovevano essere una partita a senso unico. Dopotutto le elezioni non sono arrivate “a scadenza naturale”, ma per i guai giudiziari che hanno concluso anzitempo il mandato del presidente Giovanni Toti. Eppure il centrosinistra se l’è lasciata scivolare via come sabbia tra le mani.
Per tutto il pomeriggio di ieri i dati reali hanno raccontato un testa a testa. Le proiezioni dei sondaggisti, invece, non hanno mai avuto dubbi: vittoria per il candidato del centrodestra, Marco Bucci. Anche se di un pugno di voti. Al momento in cui questo giornale va in stampa, con 1.521 sezioni scrutinate su 1.785, il sindaco di Genova è al 48,5 per cento, il suo sfidante, l’ex ministro Andrea Orlando, al 47,6. Più o meno tremila voti di distacco. L’ex ministro Orlando ha chiamato Bucci per augurargli buon lavoro. «C'è stato un esito incerto fino all'ultimo che si è risolto in un'incollatura. Oggi il centrosinistra ha rimesso radici profonde, dopo aver avuto grandi difficoltà in Liguria. Era dura contrastare il potere forte della destra, hanno vinto di misura. Le forze del centrosinistra hanno collaborato bene a livello regionale, abbiamo pagato qualche difficoltà del cosiddetto campo largo, i numeri sono indicativi», ha detto Orlando in conferenza stampa.
«Sono contentissimo dopo un pomeriggio al cardiopalma. Sono contento per la Liguria e per i cittadini», ha detto Bucci in conferenza stampa. «Sarò il presidente di tutti i liguri», ha aggiunto.
Ma ancora una volta, a impressionare, è stato il dato dell’affluenza. Flagellati dal maltempo e sfiduciati dalla politica, meno del 46 per cento degli aventi diritto si è recato alle urne. Sette punti sotto a quella del 2020. Tra le quattro province la peggiore è stata Imperia, dove ci si è fermati a cavallo del 40 per cento.
Presidente e primo partito
Nel centrodestra FdI si conferma primo partito di coalizione con il 14,7 per cento, seguono una lista personale del sindaco (9,36), la Lega a 8,5 e Forza Italia all’8. Bucci è andato meglio della sua coalizione, così come Orlando.
Il Pd di Elly Schlein si può gloriare del titolo di primo partito con il 28,6 per cento. Praticamente doppiati di Fratelli di Giorgia Meloni. Ma una campagna zavorrata da scontri interni, veti e liste concorrenti ha sfiancato il candidato del centrosinistra. Difficile capire a chi siano andati i voti di Iv, che alla fine aveva ceduto al veto di Giuseppe Conte scegliendo di non presentare nemmeno una lista. Bucci registra comunque l’ottima performance dell’altra lista civica a lui collegata: Orgoglio Liguria arriva al 5,7 per cento.
Un dato che mostra il radicamento territoriale del sindaco che, alla fine, si è rivelato la giusta scelta per il centrodestra. Nello schieramento opposto la lista Orlando presidente si è fermata al 5,3, Liguria a testa alta appena al 1,6.
Le liste a sinistra
Nelle elezioni locali, così come in quelle nazionali, è sempre complicato sommare i consensi dei partiti. Certo, a Orlando forse avrebbe fatto comodo il quasi 3 per cento raccolto dalle liste che si sono presentate alla sua sinistra.
Ma il grande sconfitto del cosiddetto campo largo è soprattutto il M5s che si è fermato al 4,7. L’ex grillino Nicola Morra ha conquistato lo 0,89. Mentre è da registrare la sostanziale tenuta di Avs con il 6,2. Molto si discuterà su quanto abbia pesato il violento scontro tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, ma di certo sembra passata un’èra geologica da quando il Movimento raccoglieva il consenso di chi non si riconosceva più nella politica tradizionale.
Il partito è rimasto lontanissimo dal suo obiettivo ufficioso, quello del 10 per cento delle ultime europee. All’epoca il caso Toti era appena scoppiato e i grillini ne avevano approfittato, ma oggi i Cinque stelle non si avvicinano nemmeno al 7,8 per cento delle regionali del 2020. Un risultato che, a caldo, era stato giudicato dal Movimento come disastroso.
Dramma M5s
Tanti gli elementi che vengono tirati in ballo a taccuino chiuso per giustificare il risultato: sicuramente la legge elettorale regionale, meno favorevole del proporzionale delle elezioni europee, e la riorganizzazione interna ancora in corso, con l’assemblea costituente prevista per fine novembre.
Difficile invece valutare l’impatto della sconfessione di Grillo, che sabato scorso ha disconosciuto in maniera definitiva la sua creatura rivendicando il diritto all’estinzione del Movimento 5 stelle (e che non si sarebbe recato alle urne).
A giudicare dal risultato di Morra, che da ex Cinque stelle della prima ora aveva fatto della sua “purezza” politica la propria cifra, le parole del fondatore del Movimento non sembrano aver spostato granché. È vero che Grillo non aveva dato indicazioni di voto e si era limitato a sconfessare Conte a livello nazionale, ma chi ha seguito il suo diktat sulla compostabilità del M5s sembra essersi piuttosto rifugiato nell’astensione.
Assemblea di fuoco
Il voto restituisce dunque un quadro in cui il Movimento è addirittura la quarta lista della coalizione di centrosinistra: un contesto che potrebbe regalare a Conte l’occasione di allargare ulteriormente lo scarto rispetto alla linea del Pd. Anche se ora Schlein, confermata la forza del Pd, potrebbe decidere di imporre un campo larghissimo che comprenda anche il centro.
L’ex premier, lasciatosi alle spalle le raccomandazioni paterne (anche se Conte sostiene che un padre «dà vita e non morte») di Grillo, ora ha le mani libere e una costituente a disposizione. Non ha paura di usarla, anche per dare legittimazione a una linea chiara e distinta dagli alleati. La Liguria ha mostrato che il M5s rischia l’irrilevanza all’interno della coalizione. Ora bisogna capire quale strada il presidente del M5s intende intraprendere. Tornare a correre da solo, forse, è più di una suggestione.
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