La prima giornata di Nova, l’assemblea costituente del Movimento 5 stelle, si archivia senza grossi passi falsi, ma con un’ombra minacciosa che si allunga sopra le teste di Giuseppe Conte e dei suoi: l’assenza di Beppe Grillo.

Il viso del fondatore compare soltanto sulle magliette di un piccolo gruppo di contestatori che, dopo pranzo, durante i primi minuti del discorso dell’ex premier, intervengono con una polemica feroce, ma brevissima. Urlano «onestà» e «trasparenza», due parole d’ordine della prima ora, poi arrivano a lanciare un coro: «Dimissioni». Sono i militanti, per lo più giovani, di Figli delle stelle, un gruppo che è nato con il lancio dell’assemblea costituente da parte di Conte. Secondo Luigi Di Maio «ieri si chiamavano Le bimbe di Conte», suggerendo «una casalinata» come la racconta qualcuno in maniera più franca, sono critici con la linea dell’avvocato, hanno chiesto di boicottare il voto sui quesiti formulati dal Consiglio nazionale.

Rimproverano una linea lontana da quello che è davvero il Movimento, come gli altri critici di Conte, Virginia Raggi, Danilo Toninelli o Davide Casaleggio, che prima dell’inizio dell’assemblea parla di un «processo opaco». Per lui, «questo modello non sta funzionando, ha allontanato iscritti ed elettori. Questo modello ha portato a un’irrilevanza politica». Sulla stessa lunghezza d’onda i contestatori: «Nutriamo forti dubbi sulla leadership di Giuseppe Conte pur non contestando l’ottimo lavoro da presidente del Consiglio svolto nella passata legislatura. Riteniamo che l’attuale dirigenza voglia modificare le regole fondative per consolidare il proprio potere» scriveranno più tardi in un comunicato. «È tanto che il Movimento non veniva contestato così apertamente» ricorda qualcuno. La mente corre al 2014, quando gli espulsi di Occupy M5s avevano occupato il palco del primo Italia a Cinque stelle al Circo massimo. Altri tempi.

L’incoronazione

Conte non fa una piega. «Saremo accoglienti soprattutto per chi la pensa diversamente da noi», dice in conclusione del suo discorso dal palco. Più tardi lo ribadisce ai cronisti: «Era una cosa organizzata. Su 90mila persone ci sta: siamo senza reti di protezione, siamo trasparenti. Se poi uno è contrario può votare no».

Per il resto, la costituente è la cerimonia d’incoronazione di Conte. Accolto da una standing ovation – c’è chi fa partire il coro «c’è solo un presidente» – Conte lancia l’evento e parla del «punto più basso della politica» raggiunto in questo periodo che allontana gli elettori. Motivo per cui, spiega, il Movimento ha deciso di scendere in campo contro l’astensionismo. Il palazzo dei congressi è effettivamente pieno di militanti, un video motivazionale raccoglie i successi degli ormai quindici anni di Movimento, dal reddito di cittadinanza al daspo per i corrotti, passando per il Recovery fund. E poi i numeri: 660 ore di lavoro per arrivare dalle 22mila proposte arrivate ai quesiti – stesi dal cerchio magico di Conte, il Consiglio nazionale – a cui gli iscritti stanno rispondendo in queste ore.

C’è serenità sul quorum: in serata Conte annuncia che è stato superato, spazzando via i timori di impugnazione del voto. Il resto della giornata scorre via affollato di tavole rotonde che trattano gli argomenti «su cui il Movimento ambisce ad avere una posizione». Dibattiti su temi di sinistra: sanità, scuola e salario minimo, secondo la linea progressista scelta da Conte. Sono d’area anche gli ospiti, tradotto: siamo pronti al dialogo, anche fuori dal partito. «Vogliamo ancorarci a sinistra, ma abbiamo bisogno di essere riconoscibili per non essere sempre il fratello minore del Pd», valutano i parlamentari. Ma la minaccia che alla fine gli iscritti scelgano di tornare al regime del «né di destra né di sinistra» continua ad aleggiare sulla platea. È improbabile, ma è possibile.

Rischio Grillo

Così come è possibile che a un certo punto, prima delle 15 di oggi quando arriveranno i risultati della votazione, Grillo decida che è arrivato il momento di dire la sua. La sua collocazione resta un’incognita, continuano a rincorrersi voci sul fatto che sia a Roma, anzi no. «Se l’evento finisce senza un suo intervento, i sospetti che sia sceso a patti con Conte si infittiranno» dice chi conosce il comico da tanti anni. Il contratto di consulenza che gli garantisce i famosi 300mila euro è in scadenza a dicembre, e l’ex premier ha detto chiaramente di non avere intenzione di rinnovarlo.

Tuttavia, negli ultimi giorni è calato il silenzio attorno al garante e c’è chi si è insospettito: «Ma Conte dovrebbe inventarsi un modo per giustificare la scelta e Grillo rimangiarsi le sue accuse al partito, è mai possibile?» si chiede qualcun altro a margine dell’assemblea.

Ormai tutti concordano sul fatto che oggi Conte annuncerà una modifica della durata e dei poteri del garante, se non addirittura una cancellazione definitiva della sua figura. «A quel punto, un videomessaggio è il minimo sindacale per Grillo», dice un ex parlamentare. Oppure, azzardano qua e là, magari deciderà effettivamente di presentarsi e sfidare de visu l’avvocato che non gli è mai piaciuto con un «Che fai, mi cacci?» di finiana memoria, ma in salsa pentastellata.

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