Che il Movimento 5 stelle avesse fatto del pacifismo la sua bandiera – almeno dall’invasione dell’Ucraina e con un comodo riferimento a San Francesco grazie al giorno di fondazione del partito, il 4 ottobre – non era un mistero. Che per perseguire questa priorità si fosse avvicinato a compagnie discutibili nemmeno.

Ma errare è umano e perseverare diabolico, dice il detto, e nonostante abbia poi trovato casa al parlamento europeo nel gruppo di The Left, il partito di Giuseppe Conte ha deciso di invitare oggi alla sua assemblea costituente nientemeno che Sahra Wagenknecht. Ex stella di Die Linke con cui i Cinque stelle avevano iniziato un flirt per creare un nuovo gruppo all’Europarlamento. Alla fine era rimasta sedotta e abbandonata quando Conte e Pasquale Tridico avevano deciso di rivolgersi altrove.

Eppure hanno scelto di invitarla al loro evento rifondativo per un «colloquio». Una presa di posizione forte che va ben al di là della scelta di campo di The Left, raggiunta grazie alla mediazione degli alleati di Avs. Wageknecht è in piena campagna elettorale in patria, dove, a inizio mese, è caduto il governo Scholz. La rossobruna rappresenta la controparte populista di sinistra di AfD, ma su certi temi il suo BSW e l’estrema destra sono più simili di quanto si possa credere. Uno su tutti, proprio il pacifismo.

Le due forze difendono la necessità di arrivare a una soluzione diplomatica soprattutto nel conflitto in Ucraina: i legami di AfD con la Russia sono stati dimostrati da indagini giudiziarie e inchieste giornalistiche, mentre quelli di BSW sono storici. Wagenknecht stessa ha dichiarato più volte che avrebbe preferito di gran lunga continuare la sua vita nella DDR piuttosto che in una Germania riunificata.

Insomma, invitandola, i Cinque stelle – pur essendosi ormai liberati di esponenti particolarmente sensibili ai richiami Cremlino, uno su tutti l’ex senatore Vito Petrocelli – non esitano ad accodarsi a un pacifismo che è facile associare al filoputinismo. Ma l’equazione non è sempre così semplice.

La Germania

Anche perché il pacifismo, anche quello di stampo populista come quello di M5s, Wagenknecht e AfD, ha conseguenze sui partiti tradizionali. Un buon esempio è la Germania: la Spd di Olaf Scholz ha appena deciso che sarà il cancelliere uscente ad affrontare la campagna elettorale. La corsa si è aperta con la conferma, da parte di Scholz, dell’indisponibilità della Germania a fornire a Kiev i Taurus, missili di gettata sufficiente per oltrepassare i confini russi. Berlino è da sempre contraria a permettere agli ucraini di colpire il territorio russo con armi occidentali. È l’ultima linea rossa (dopo che il governo se n’è rimangiate molte altre) su cui Scholz sta tenendo il punto, anche dopo il via libera di Joe Biden a utilizzare le armi americane per attaccare, con tutta l’escalation che ne è seguita.

Insieme alla telefonata che il cancelliere ha fatto a Vladimir Putin dopo anni di silenzio, la nuova conferma sulle armi è anche una strizzata d’occhio all’elettorato della Spd che guarda ancora alla Russia con una certa simpatia. D’altronde la socialdemocrazia ha legami storici con Mosca. Negli ultimi due anni si è lavorato per rescinderli, ma è stato un riposizionamento pesante da digerire per una parte del partito. Ora però il momento è cambiato, e proprio Wagenknecht rischia di rappresentare una concorrenza da non sottovalutare su questi temi. Scholz non ha intenzione lasciare quel campo libero a lei e AfD in campagna elettorale. E quando, domani, la sua candidatura sarà confermata, difficilmente la linea ambigua che il cancelliere ha imboccato all’inizio del conflitto – pur portando la Germania a essere il secondo fornitore mondiale di armi a Kiev dopo gli Stati Uniti – cambierà.

Anzi, con la sua mossa sui Taurus il cancelliere ha evitato definitivamente che il partito potesse alla fine preferirgli il ministro della Difesa Boris Pistorius, popolare ma estremamente esposto in termini di sostengo a Kiev. Ora che ha annunciato di non essere disponibile per una candidatura, anche quella porta per la Spd si è chiusa.

Dopotutto il ruolo dei falchi filoatlantisti è già molto ben interpretato da Friedrich Merz e dalla sua Cdu. E, non a caso, il leader dei cristianodemocratici non perde occasione per rimproverare lentezza e scarsa efficacia a Scholz su questi temi.

Incognita Trump

Certo, la posizione di Merz rischia di scontrarsi con la linea geopolitica di Donald Trump, appena rieletto alla Casa Bianca. Il neopresidente americano potrebbe continuare sulla linea del disinteresse totale per le vicende europee e di critica nei confronti della Nato che aveva caratterizzato il suo primo mandato. In campagna elettorale, però, Trump ha promesso a più riprese di essere in grado di risolvere la situazione mediorientale «prima del mio insediamento».

Le sue capacità di dealmaker sarebbero indispensabili «per prevenire la terza guerra mondiale», ha spiegato ai suoi sostenitori, confidando nei suoi rapporti privilegiati con Benjamin Netanyahu e Vladimir Putin, e contando sul fatto che gli elettori abbiano avallato con continuità la tendenza degli ultimi governi americani a ritirare le proprie truppe impegnate a livello internazionale e siano ormai sfiancati dalle notizie di nuove guerre.

In ogni caso, il suo pacifismo (che secondo qualcuno non si potrebbe nemmeno definire in questi termini) pragmatico e populista è stato parte integrante del programma che gli ha permesso di riconquistare la Casa Bianca. I suoi fan “pacifisti” hanno festeggiato, anche in Italia. Non solo l’ambiguo Conte, convinto del fatto che Trump si ricordi della simpatia che nutriva per «Giuseppi», ma ovviamente Matteo Salvini, che continua a parlare di «armi per difendersi» e sconfessa Joe Biden: «Conto che il presidente eletto avrà un approccio diverso e porti la pace nei prossimi mesi».

I tormenti a sinistra

Il pacifismo – «parola spesso abusata che forse andrebbe ridefinita» suggerisce chi, a sinistra, ne ha fatto una bandiera – gioca da mesi pure un ruolo di primo piano all’interno del Pd. Lì le interpretazioni di quanto sia legittimo intervenire nelle vicende degli altri hanno più sfumature di quante ne sappia individuare un armocromista, e vanno dal gandhismo totale al sostegno di un impegno anche militare della difesa degli aggrediti passando per tutti i livelli dell’ingerenza umanitaria.

Tutte linee in crisi, le cui difficoltà si ripercuotono soprattutto sul partito. Ne sono prova i mal di pancia che periodicamente affiorano nel gruppo all’Europarlamento quando si tratta di prendere posizione sui conflitti in Europa dell’est o medio oriente o i brocardi in cui si rifugia la segretaria quando parla per esempio dell’invio a Kiev di armi in grado di colpire la Russia. «Non critichiamo la prudenza del governo» sulla fornitura di quel tipo di armi risponde Elly Schlein in quelle occasioni.

Lo squilibrio verso una linea più “trattativista”, soprattutto sull’Ucraina, osserva chi nel partito segue quegli argomenti, verosimilmente avrà la meglio, soprattutto se Trump dovesse davvero aprire un canale diretto con Putin.

Per il momento, però, la pace – complice il fatto che le ultime elezioni e le prossime in programma sono regionali – non sembra avere (ancora) un ruolo rilevante nelle scelte dell’elettorato. Anche alle europee di giugno scorso, i partiti che ne avevano fatto una priorità sono stati penalizzati o hanno avuto successo per altri motivi: alla prima categoria appartiene Pace, terra e dignità di Michele Santoro, alla seconda Avs e il M5s. In Umbria il pacifismo ha fatto capolino con la candidata vincente Stefania Proietti, cattolica progressista che ha fatto dell’insegnamento francescano uno dei suoi punti di riferimento. Che però ha vinto su temi di tutt’altro tipo, come quello della sanità. Ironia della sorte, un discorso speculare ma opposto si può fare per le trattative per formare un governo nella regione tedesca della Sassonia: dopo le elezioni regionali si era aperto un tavolo tra Cdu, Spd, Linke e BSW, fallito proprio sul tema della pace.

Nonostante i Land non abbiano voce in capitolo sulla politica estera federale, i rossobruni insistevano per inserire nel contratto di coalizione riferimenti espliciti alla pace, ma evidentemente la proposta degli aspiranti alleati non è stata soddisfacente per BSW. In Turingia, dove pure si è votato di recente, l’esperimento anti-AfD invece è riuscito. Il settimanale Spiegel ha fatto la fatica di contare quante volte compaia la parola “pace” nel contratto di coalizione: sono 28.

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