Eletti e base del Movimento, da giovedì a domenica, devono affrontare la ripetizione della votazione sui quesiti statutari. L’ex presidente della Camera fa i conti con gli strali di Grillo
«Adesso possiamo soltanto aspettare il voto». La consapevolezza per grillini e contiani è che senza i numeri la situazione non si può sbloccare, ma la tensione sta salendo.
Giuseppe Conte ha ribadito che l’unico Movimento 5 stelle a essere morto è quello fondato da Beppe Grillo, «ma non i suoi valori», anzi. «Grazie all’atto riformativo degli iscritti ci sono ora nuovi obiettivi politici e strategici per definire nuove sfide che non erano state neanche pensate nel progetto originario».
Improbabile che il fondatore sia d’accordo, ma Conte sfrutta il palco offerto da Canale 5 anche per evocare uno degli spauracchi più invisi all’elettore del Movimento 5 stelle, l’adesione al governo tecnico.
«Grillo ha fatto un grande errore politico nei confronti della comunità M5s. Ha costruito un rapporto personale con Mario Draghi che ha imposto rispetto alla rappresentanza politica dell’intera comunità. Lì si è rotto qualcosa di fondamentale con la comunità degli iscritti, che altrimenti non avrebbe votato per la cancellazione del garante» ha detto. L’impressione, però, è che la serenità che lo staff di Conte ostentava nelle ore successive alla diffusione del video di Grillo, martedì, fosse un po’ sovradimensionata rispetto alla realtà. Anche perché nessuno è certo di cosa possa succedere lunedì, a valle del voto.
«Basta guardare come parlano in tv, sono nervosi» dicono i più vicini al fondatore, riferendosi alle uscite televisive dei parlamentari del Movimento 5 stelle. Già martedì la squadra di deputati e senatori era stata schierata al gran completo in risposta alle provocazioni del comico, che nel suo video si era addirittura presentato alla guida di un carro funebre.
Ma, oltre a Conte, gli attacchi di Grillo hanno riguardato soprattutto Roberto Fico. L’ex presidente della Camera «è tra quelli che lo hanno deluso di più», raccontano. Tradotto: da lui non si aspettava che sarebbe passato a schiacciarsi totalmente sulla linea di Conte.
Effettivamente, dopo la scadenza del suo mandato, Fico è quasi totalmente scomparso dal centro della scena Cinque stelle. Ultimamente aveva però spalleggiato con forza l’assemblea costituente voluta dall’ex premier, arrivando a guadagnarsi gli applausi dal palco di un panel dell’evento conclusivo intitolato, sobriamente, Una e indivisibile.
Con la condanna di Grillo, la traiettoria da enfant prodige a «ch’agg’ fa», come l’ha ribattezzato il comico, è completata. Il riferimento velenoso del fondatore è alla politica di accordi sulle elezioni regionali a cui si sarebbero prestati i Cinque stelle.
«Io ti appoggio il candidato Pd alle regionali in Emilia e in Liguria e tu mi appoggi il ch’agg’ fa’ con l’autobus e la scorta in Campania» dice Grillo nel video. Insomma, in cambio della candidatura, Fico avrebbe accettato lo snaturamento del Movimento voluto da Conte.
Tramonto di un’amicizia
«È una vita che Fico si candida a qualsiasi cosa» dice un ex parlamentare che lo conosce bene. Effettivamente, dai tempi dei meetup campani, il laureato in Scienze della comunicazione con una tesi sul neomelodico napoletano, l’ha fatto.
Dopo la fondazione del Movimento, Fico si è lanciato subito nell’agone politico candidandosi, nel 2010, alla presidenza della regione Campania e nel 2011 a sindaco di Napoli. Nel 2012 non ha perso l’occasione di candidarsi anche alle parlamentarie, che si sono trasformate nel suo biglietto per Roma grazie ai 228 voti che è riuscito a raccogliere.
Già all’epoca aveva tentato la via della candidatura alla presidenza della Camera: gli è andata male, ma è finito, per volere di Grillo, a guidare la commissione di Vigilanza Rai, uno dei ruoli più di peso per l’opposizione. E il suo mandato è stato segnato dalla lotta contro sprechi e privilegi. Sempre considerato esponente dell’ala movimentista, nel 2018 Luigi Di Maio ha messo le mani avanti e lo ha disinnescato affidandogli la presidenza della Camera.
Lo scranno più alto di Montecitorio – che nei primi giorni del suo mandato raggiungeva a bordo dell’autobus 85, poi è passato alla più affidabile auto di servizio – lo vincola a dichiarazioni esclusivamente istituzionali più di quanto sia riuscito in questa legislatura a Giorgia Meloni con Ignazio La Russa al Senato.
Nel periodo del dualismo tra Conte e Di Maio, Fico ha iniziato a intessere un rapporto sempre più stretto con il presidente del Consiglio dell’epoca, riuscendo però a mantenersi così trasversale nel mondo della sinistra classica e Cinque stelle da ottenere perfino un incarico esplorativo di formazione del governo rivolto a quell’area nel 2021, dopo che Matteo Renzi aveva ritirato le ministre di Iv dal governo Conte II.
Già all’epoca, però, veniva raccontato come desideroso di altri incarichi, in quell’occasione si parlava del comune di Napoli. Ma alla fine il campo largo ha deciso di convergere su Gaetano Manfredi, all’epoca ministro uscente dell’Università.
Una scelta vincente, ma che ha lasciato a bocca asciutta Fico. Adesso sembra sia arrivato il suo momento: il Pd è in difficoltà sulle prossime regionali in Campania, Vincenzo De Luca si ricandida ed Elly Schlein non vuole sostenerlo. Fico non scioglie ancora la riserva, ma nel partito la sua ambizione è il segreto di Pulcinella. Certo, ha bisogno del sostegno del nuovo leader dei Cinque stelle.
L’ambizione non gli è mai mancata: ora ha deciso che vale anche più del suo rapporto con Grillo.
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