Il deputato di FdI è socio di una farmacia, ma respinge l’accusa di conflitto di interessi: «C’è ok dell’Anac». Sono tante le misure fatte per i colleghi, ma in futuro potrebbe essere candidato per guidare la sua Puglia
Trascorrere l’estate con Giorgia Meloni, condividendo spazi e pensieri, non è cosa da tutti anzi, è un’opportunità rara, specie di questi tempi di sospetti su possibili complotti orditi contro il governo.
Si contano sulle dita di una mano le persone che possono vantare un rapporto così diretto con la presidente del Consiglio, addirittura durante i suoi giorni di riposo. Tra questi c’è sicuramente Marcello Gemmato, sottosegretario alla Salute.
Tra Puglia e Roma
Ad agosto, mentre la premier giocava a nascondino per non farsi trovare dai cronisti, Gemmato era con lei, padrone di casa della Valle d’Itria, nella sua Puglia, regione natia dove il farmacista – approdato al ministero della Salute – potrebbe presto trovare la sua consacrazione come candidato alla presidenza della regione. Anche se lui, in fondo, avrebbe altre mire ministeriali. Dentro Fratelli d’Italia la benedizione della leader conta più di ogni altro merito sul campo ed emenda qualsiasi errore passato o presente. Basterà un confronto vis-à-vis, due chiacchiere tra vecchi amici. E se Gemmato avrà intenzione di correre o se Meloni lo ritenesse l’unico profilo spendibile, il sottosegretario sarebbe in campo un minuto dopo.
Anche se, come raccontano dal dicastero, «Gemmato sogna di fare il ministro della Salute». Del resto oggi è già «un ministro ombra», spesso chiamato a studiare i dossier più delicati per conto di Meloni, coadiuvato dal capo della segreteria, Ettore Ruggi d’Aragona, un tecnico di destra, passato dall’esperienza con Edmondo Cirielli all’avvicinamento a Gemmato. Addirittura il sottosegretario lo ha voluto in un gruppo di lavoro tecnico di «esperti» in materia di disturbi dello spettro autistico.
Insomma, l’ambizione non manca. Solo che c’è uno scoglio: Orazio Schillaci, l’attuale titolare del ruolo di ministro, non può essere silurato di punto in bianco. Ma chissà, teorizzano alcuni, un domani «potrebbero aprirsi le porte per un altro incarico di prestigio altrove». A quel punto Gemmato sarebbe in campo bypassando anche il potenziale conflitto di interessi.
Passione farmacia
Il sottosegretario risulta infatti titolare di quote della farmacia di famiglia, come riferito anche sulla documentazione consultabile presso la Camera. «Sul tema si è espressa direttamente l’Anac, dichiarando che “non sussiste alcuna situazione di incompatibilità” per il mio incarico», replica lo staff del sottosegretario interpellato da Domani. «Ci si stupisce che sia un medico a fare il ministro e un farmacista a fare il sottosegretario? Sono certo che i nostri concittadini apprezzino che a occuparsi di loro ci sia chi possiede titoli e competenze».
Certo, il sottosegretario non fa molto per dimostrarsi imparziale verso i suoi colleghi. La sua spinta per aumentare i servizi delle farmacie ha alimentato i sospetti su un’operazione a favore di una lobby, al netto delle valutazioni tecniche.
Nel disegno di legge Semplificazioni del governo, che di recente ha avviato i primi passi in commissione Affari costituzionali alla Camera, ci sono degli interventi che potenziano proprio il ruolo delle farmacie. Il ddl porta la firma di Alberto Zangrillo, ministro della Pubblica amministrazione e titolare del dossier, ma la norma è una di quelle più gradite dalla categoria. Con la benedizione di Gemmato. Di fatto si trasformano le farmacie in laboratori di analisi in maniera semplificata.
Gli ambulatori hanno avviato una mobilitazione con una manifestazione tenuta la scorsa settimana. Al centro della protesta c’è stato il possibile taglio delle risorse ai laboratori mentre «oltre 120 milioni di euro» sono stati «destinati alle farmacie negli ultimi tre anni per progetti sperimentali per screening», denunciano dall’Unione ambulatori e poliambulatori, presieduta da Mariastella Giorlandino.
Gemmato apre al confronto: «Abbiamo più volte rappresentato che la norma sulla farmacia dei servizi, come previsto dall’iter parlamentare, potrà essere oggetto di tutte le modifiche orientate a un perfezionamento del testo, che tenga conto dei contributi che arriveranno durante le audizioni dalle categorie interessate e dalle associazioni dei cittadini, che da tempo richiedono una facilitazione dell’accesso alle prestazioni sanitarie». La ratio della norma, motiva il sottosegretario, «è arrivare più vicino al domicilio del paziente e al contempo dare alle regioni un ulteriore strumento per ridurre le liste d’attesa, sfruttando la capillarità delle farmacie che sono presenti in ogni area, anche in quelle geograficamente meno accessibili».
La farmacia più delle case di comunità (ridotte dal governo Meloni nella revisione del Pnrr) come veicolo della prossimità, uno strumento imprescindibile. E, ironia della sorte, un amico farmacista di Gemmato ha provocato un cortocircuito mediatico e politico. Nella commissione scientifica ed economica dell’Aifa, l’agenzia del farmaco, il sottosegretario voleva portare Vincenzo Lozupone, farmacista di base a Bari che conosce. Dopo le polemiche sull’opportunità della nomina, Lozupone ha rinunciato.
Tra un provvedimento e qualche scivolone si torna al punto di partenza: cosa farà l’amico della premier da grande? La prospettiva più concreta potrebbe portare Gemmato a una sfida nella Puglia tanto amata da Meloni, che andrebbe in visibilio se riuscisse a strapparla alla sinistra dopo i regni di Nichi Vendola e Michele Emiliano. «Ma attenzione. Gemmato è un uomo prudente, correrebbe solo se ci fossero concrete possibilità di vittoria», racconta chi lo conosce.
Fratelli e famiglia
La missione sarebbe complicata. Gemmato non è certo «un animale da territorio», nel senso che non ha costruito la sua rete di consenso personale a differenza, per esempio, del neo commissario europeo Raffaele Fitto. Il sottosegretario è partito dall’alto, dal nazionale, sempre al fianco di Meloni, senza un attimo di esitazione fin dai tempi di Azione giovani. È uno dei componenti della generazione Atreju, che oggi si aggira sui 50 anni (lui ne compie 52 il prossimo dicembre), sbocciata con la presidente del Consiglio.
In Puglia, però, Gemmato inizia ad acquisire un maggiore peso: finora era compresso tra l’ingombrante Fitto e il felpato Alfredo Mantovano. Giovedì scorso alla Camera c’è stato un convegno sul futuro di Taranto con un parterre d’eccezione e Gemmato era nella lista degli invitati. Sul territorio tarantino c’è la possibilità di raccogliere il lascito di Fitto, che a Bruxelles avrà ben altri pensieri.
Un aiuto arriva dalla famiglia in cui arde la passione per la fiamma post missina. Il fratello del sottosegretario è Ninni Gemmato, già sindaco di Terlizzi (Bari), e punto di riferimento di Fratelli d’Italia nel comune e dintorni. La dinastia ha trovato pure un erede già pronto: il nipote del sottosegretario, Alberto Gemmato, è stato nominato a febbraio presidente di Gioventù nazionale proprio di Terlizzi.
Oltre al reticolo familiare, l’uomo di fiducia di Marcello Gemmato è il senatore di FdI, Filippo Melchiorre. I due hanno messo a segno un punto importante sul territorio: alle europee hanno sostenuto l’ex consigliere regionale pugliese, Michele Picaro, che è stato eletto nonostante la concorrenza interna. La potenza di fuoco di Fitto ha invece supportato la candidatura di Francesco Ventola, mentre Antonio Decaro sull’altro versante faceva incetta di preferenze. Un passo in avanti importante per mostrare il radicamento pugliese. Così, se non dovesse scendere in campo, sarebbe il kingmaker della candidatura.
C’è infatti chi ragiona sulla possibilità che Gemmato resti a Roma. «Serve a Giorgia», spiega una fonte di FdI. L’attuale sottosegretario ha fatto spesso un lavoro dietro le quinte. È stato per esempio la longa manus di Fratelli d’Italia verso il mondo dei No-vax durante il Covid. Senza mai sposarne in pieno le tesi, qualche strizzata d’occhio è arrivata.
Di recente ha impugnato una legge regionale, in Puglia, sull’obbligo vaccinale sul papilloma virus. Ma lo scivolone peggiore è arrivato su Rai 2, dove ha sostenuto di non vedere «questi grandi risultati» dei vaccini e ha aggiunto: «C’è stato un approccio ideologico alla gestione della pandemia».
Un’uscita che lo ha costretto alla correzione: «Sono stato strumentalizzato». Fatto sta che nella scorsa legislatura l’attuale sottosegretario sia stato uno dei grandi sostenitori della commissione di inchiesta sul coronavirus per attaccare politicamente il governo Conte II, dal presidente del Consiglio all’allora ministro della Salute, Roberto Speranza. Perciò riportarlo in Puglia, con il rischio di una sconfitta, potrebbe essere un gesto ingrato da parte di Meloni, che pure in Puglia è stata ospitata e protetta dall’amico sottosegretario.
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