La Finlombarda potrà derogare l’attuale tetto fissato per gli stipendi degli amministratori. Una buona notizia per il presidente Mascetti fedelissimo del ministro
A Finlombarda, società della regione Lombardia, non c’è più da preoccuparsi per i livelli degli stipendi degli amministratori e del personale. Un’ottima notizia per il Consiglio di amministrazione, guidato da Andrea Mascetti, avvocato considerato da sempre vicino al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, e al presidente della regione, Attilio Fontana, per un trio tutto con radici varesine.
L’attuale freno ai compensi (fissato un anno fa a 88mila euro in totale) sta per essere eliminato con il via libera al decreto Omnibus. E gli emolumenti potranno essere aumentati. Il governo prima, e il parlamento, poi hanno avallato la deroga dal rispetto della riforma Madia, che impone vincoli alla remunerazione dei vertici aziendali pari all’80 per cento rispetto alla spesa del 2013.
Il caso alla Corte dei conti
Così è stata risolto il problema, sollevato dalla Corte dei conti, che aveva rilevato lo «sforamento del limite di legge relativamente al compenso del cda della Finlombarda spa» invitando «perciò la regione Lombardia a definire il recupero delle somme corrisposte in assenza dei presupposti di legge». Fino a prefigurare un possibile danno erariale.
La novità riguarda anche i precedenti manager che hanno guidato la società. La retroattività della norma fungerebbe da sanatoria rispetto al pregresso. E, secondo una stima, negli anni la cifra del superamento del tetto ai compensi degli amministratori ha superato i 300mila euro.
Dietro la regia della Lega, sotto lo sguardo del ministro Giorgetti e del suo fedelissimo, Massimo Garavaglia, presidente della commissione Finanze del Senato, nel decreto Omnibus è stata inserita la norma che fa saltare gli obblighi prescritti dalla legge Madia solo per le «società emittenti strumenti finanziari, diversi dalle azioni, quotati in mercati regolamentati». Tra cui rientra, insieme ad altre realtà, proprio Finlombarda. Con un’aggiunta: secondo l’interpretazione della maggioranza, l’effetto sarà retroattivo.
L’operazione è ormai andata in porto a fari spenti, nonostante qualche mal di pancia all’interno di Forza Italia. Nei mormorii di palazzo gli azzurri hanno evidenziato l’eccessiva attenzione alle istanze del nord rispetto a quelle meridionali.
Poco male. Il provvedimento è passato al Senato nei giorni scorsi, nonostante una serie di stop&go, ed è stato blindato alla Camera con la fiducia posta dall’esecutivo. Il decreto, dunque, sarà approvato definitivamente entro il fine settimana, facendo tirare un sospiro di sollievo dalle parti di Finlombarda, società che si occupa del «supporto allo sviluppo economico di imprese, pubblica amministrazione, enti di ricerca e professionisti lombardi» sfruttando l’offerta integrata «di prodotti finanziari per la liquidità e gli investimenti e servizi gratuiti per l’innovazione, la sostenibilità e l’internazionalizzazione».
Insomma, una finanziaria pubblica che fa capo alla regione. Per arginare i problemi era stato già stabilito un limite. L’assemblea degli azionisti, nella seduta del 27 novembre 2023, aveva fissato il tetto per i compensi dell’organo amministrativo a 88.769 euro lordi annui.
Ma i leghisti stavano valutando da tempo la leggina ad hoc da far passare per togliere un pensiero a Fontana, anche lui tra gli sponsor di Mascetti, approdato alla presidenza del Consiglio di amministrazione nel maggio 2023. La sua fede leghista non è mai stata messa in dubbio, nonostante abbia specificato di recente di non fare politica attiva.
Certo, Mascetti nei mesi scorsi ha preso una sbandata verso l’associazione I Repubblicani, fondata da Marco Reguzzoni, ex leghista di rito bossiano e candidato non eletto alle ultime Europee nelle liste di Forza Italia. Ma è stato solo uno spostamento che conferma il “credo” padano dell’avvocato e manager. E che la Lega abbia difeso a spada tratta la norma, è agli atti di palazzo Madama, dove siede l’ex ministro del Turismo Garavaglia.
Regalo retroattivo
La senatrice del Pd, Cristina Tajani, aveva presentato due diversi emendamenti: il primo puntava a cancellare la legge inserita nel decreto Omnibus, il secondo invece voleva eliminare la retroattività dell’applicazione. In entrambi i casi la maggioranza ha eretto il muro e ha respinto le proposte della parlamentare dem. Sull’interpretazione retroattiva, comunque, potrebbe continuare la battaglia politica e normativa.
Di mezzo ci sono risorse importanti. Peraltro il Consiglio regionale della Lombardia, sotto la spinta delle opposizioni, aveva votato un ordine del giorno per una piena applicazione della legislazione in vigore, compresa la precisa richiesta di adoperarsi al recupero delle somme versate in eccesso agli amministratori dei precedenti cda.
Ma a quel punto dal Pirellone, per interposta Lega, hanno pensato di risolvere la vicenda trovando una sponda tra palazzo Chigi, Mef e infine parlamento.
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