Ancora incerta se candidarsi, la premier sta definendo la sua campagna elettorale. Al centro la sicurezza, il no alla transizione ecologica e la riforma del premierato
A prescindere dal fatto che lei si candiderà o meno in prima persona, Giorgia Meloni ha iniziato a mettere a terra i temi su cui intende costruire la campagna elettorale per le europee di giugno.
La riserva sul suo nome come capolista sarà sciolta entro aprile visto che le liste si depositano a fine mese, ma la percezione dentro Fratelli d’Italia è che la premier sia estremamente tentata dallo scendere in campo per «misurarsi col consenso», come lei ama dire. Intanto, però, l’armamentario per la sfida si sta delineando in modo sempre più chiaro.
La sicurezza
In ottica interna e per parlare al suo elettorato di riferimento, Meloni utilizzerà il tema della sicurezza. Primi scampoli di slogan si sono sentiti nei giorni scorsi nel suo incontro con i sindacati di polizia, all’indomani delle manganellate agli studenti di Pisa e ai fatti di Firenze. Una precisa scelta di campo, quella della premier, che ha stigmatizzato «una mentalità che vuole instillare nei più giovani l'idea che ci sono regole che possono non essere rispettate, come alcuni opinion maker affermano», ha detto riferendosi alle opposizioni. La premier ha parlato di un clima di cui è preoccupata, che in parte dipende dal fatto che c'è la necessità di attaccare la sottoscritta e questo governo», in un anno particolare come quello della presidenza del G7.
Un riferimento seppur indiretto al sanguinoso G8 di Genova, che però spiega il tipo di narrazione scelta. L’orientamento è quello di sposare il tema identitario di “legge e ordine”, che sull’estrema destra ha una presa particolare e che può essere declinato in molti modi: dai manifestanti fino alle politiche migratorie, visto che i mesi che portano all’estate registrano sempre un innalzamento del numero degli sbarchi.
Contro l’ecologismo
Come tema europeo, invece, Meloni ha scelto il cavallo di battaglia di molti esponenti dell’intellettualismo conservatore: la contrarietà alla transizione ecologica per come è stata sin qui disegnata, vista come fumo negli occhi e poco allineata con la realtà economica dei singoli stati.
La chiave non è nuova ma a convincere Meloni a cavalcarla sarebbero state anche le manifestazioni del mese scorso dei trattori, che hanno invaso anche le città italiane. La convinzione è che proprio quell’onda possa essere cavalcata in vista delle europee, canalizzandola in opposizione alle politiche progressiste in materia di Green deal e di politiche ambientali.
Non a caso, anche di questo ha parlato Meloni ha incontrato a palazzo Chigi l’ex premier Enrico Letta, oggi presidente del Jacques Delors Institute e incaricato dal Consiglio dell'Unione europea di redigere un rapporto di alto livello sul futuro del Mercato unico. «L'Italia ritiene necessario alleggerire il peso burocratico sulle imprese attraverso una semplificazione delle regole, rivedere le priorità in materia di transizione verde con attenzione alla competitività dell'industria e all'occupazione, rilanciare la politica di coesione sulla base di meccanismi nuovi e più efficienti», si legge nel succinto comunicato stampa.
Fuori dal burocratese, Meloni colloca l’Italia tra i paesi scettici rispetto alla «transizione verde», che è anche un punto caratterizzante del Pnrr. Eppure, le parole rimangono per ora vaghe e prudenti: in ballo c’è ancora il rapporto che la premier, che è anche presidente del gruppo di estrema destra dei Conservatori europei, vorrà instaurare con il Partito popolare europeo che oggi guida la coalizione Ursula.
Il premierato
Un’altra rivendicazione che Fratelli d’Italia intende portare in campagna elettorale riguarda il premierato. «Il tempo è agli sgoccioli, è il momento della sintesi», trapela dal gruppo parlamentare in Senato, dove è all’esame della commissione Affari costituzionali il testo del disegno di legge costituzionale Casellati che introduce l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Il testo è ancora oggetto di riscritture e gravano ancora i 2600 emendamenti delle opposizioni. «La maggioranza cerca di trovare un punto di caduta con l'opposizione.
Ad oggi non ho vito un dialogo reciproco nel senso che 2600 emendamenti la dicono lunga sul cosiddetto dialogo», ha detto la ministra Elisabetta Casellati. Tanto che l’ipotesi è quella di portare il testo in aula, così da arrivare alle europee almeno con una approvazione in un ramo del parlamento.
Approvazione che certamente non otterrà la maggioranza qualificata necessaria a scongiurare il referendum, ma che comunque sarebbe funzionale alla campagna elettorale. «La proposta che abbiamo fatto sul premierato non serve al governo Meloni né al centrodestra, ma serve al Paese» «per dare una prospettiva di stabilità», ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, parlando al forum Open Dialogues for the future, dove ha confermato anche la tempistica auspicata per l’approvazione in Senato.
Tre idee forti e tutte nelle corde della premier, per scacciare il fantasma delle regionali e proiettare il partito verso le europee.
© Riproduzione riservata