Javier Milei e Giorgia Meloni hanno acceso la fiera di Atreju al grido di «lavoro libero da regole», benedicendo la destra liberista e il darwinismo sociale. Un’altra destra rispetto a quella sociale e corporativa che metteva lo stato sopra e prima di tutto. Nel Ventennio mussoliniano lo stato regalava la befana ai poveri e prometteva lavoro in cambio di fedeltà al regime.

Lo scopo del suo stato sociale autoritario era di sradicare la pratica dell’associazione politica e sindacale, le lotte per la giustizia sociale e la richiesta di mettere fine a relazioni padronali servili (i miei nonni mi raccontavano che davanti al podestà e ai ricchi del paese dovevano abbassare la testa). Questo negli anni Venti e Trenta del vecchio secolo.

Anche oggi la destra vuole che le relazioni sociali siano improntate alla diseguaglianza. Anche oggi diffonde la religione del lavoro e dell’“aiutati che il ciel ti aiuta”. Ma oggi, diversamente da allora, si può perseguire tutto questo con uno stato minimo, senza uno stato che soffoca tutta la società per soffocare alcuni. Oggi, a diffondere il verbo dell’ordine è la pratica liberista. I lavoratori delle partite Iva sono individualizzati e dissociati senza bisogno di impedirne l’unione con i manganelli.

Destra vecchia e nuova

La liberalizzazione ha disarticolato il lavoro e le relazioni socio-economiche cosicché, oggi, lo stato autoritario non deve faticare tanto, non gli servono milizie fasciste in aiuto delle forze dell’ordine. Ma se le tattiche sono diverse, l’obiettivo è lo stesso: disciplinare, dominare, addomesticare.

Benito Mussolini e Giorgia Meloni, oltre alle iniziali del cognome, hanno in comune la griglia interpretativa delle relazioni sociali e politiche, fondate sull’idea del lavoro come scuola di disciplina, dell’emancipazione misurata dalla distanza con chi fa lavori manuali, di una carriera che insieme al conto in banca assicura buone amicizie. Alla base di tutto sta il merito, una dote naturale che arma i singoli alla lotta per la vita. Oggi, questa ideologia ha la forza di sostuirsi alla repressione poliziesca, e di persuadere i diseredati.

Destra vecchia e nuova, stessa massima di vita: chi ce la fa ringrazia la buona sorte e chi l’ha aiutato, e guarda a chi sta dietro con commiserazione mista alla paura di ricadere a ground zero (anche così si spiega il popolare sostegno alle politiche anti-migratorie).

La trinità liberista

Lavoro, obbedienza, soldi. La trinità liberista non contempla quel che il lavoro ha aspirato a essere con la democratizzazione: il nostro contributo al benessere della società come eguali nel rispetto e nella dignità. La destra social-darwinista non assegna al lavoro alcuna implicazione di libertà dal dominio e alcuna pretesa di riconoscimento di libertà eguale.

Lavoro è indice di gerarchia sociale: c’è chi comanda e chi è comandato. La differenza tra i due gruppi è spiegata con il mantra del merito/demerito individuale. La destra, vecchia e nuova, non presta attenzione a come si parte nella lotta per la vita, se da condizioni privilegiate o svantaggiate – questa è una preoccupazione dei socialdemocratici.

Vecchia e nuova destra non differiscono nei fondamenti. A cambiarle è il contesto. Se Mussolini governasse al posto di Meloni farebbe probabilmente quel che fa lei. L’opportunismo della destra sta nel suo principio guida – difendere le prerogative di chi sta sopra e dare a chi sta sotto due possibilità: o allearsi con chi sta sopra o tacere e abbassare la testa. Per essere liberticida non deve necessariamente usare metodi violenti.

Il fascismo di oggi è social-darwinismo che sfrutta le conquiste di qualche decennio di liberismo e dell’innovazione tecnologica. Internet connette disabituando ad associarsi, lenendo le solitudini e le infelicità sociali con la terapia dei social e delle chat.

Attenti alla vendetta

La fatica repressiva dello stato è meno necessaria ma non meno arcigna, come il ddl Sicurezza dimostra. La repressione dei recalcitranti deve essere di monito per tutti gli altri, quelli ancora indecisi tra l’esporsi e l’arrendersi. Le politiche della destra sono finalizzate a dissuadere dal protestare e dal dissentire. Ambiscono a creare conformismo.

E la fiera di Arteju ha mostrato quanta disposizione alla conformità ci sia. I critici che a voce felpata si sono presentati al Circo Massimo hanno esibito la volontà di smussare gli angoli e venire a più miti consigli. I recidivi della libertà vengono repressi, i retori dei distinguo sono tollerati. Ma attenzione! La vendetta è sempre in agguato. Quella contro il senatore Matteo Renzi è esemplificatrice dell’uso del potere dello stato a cui è abituata la destra dura e pura di ogni tempo, che non accetta critiche e applica il motto, “con gli amici i favori, con i nemici la legge”.

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