Il sistema economico attuale è ritenuto dai cittadini dei paesi occidentali, tra cui l’Italia, sempre più iniquo, produttore di disuguaglianze e di pericolose fratture sociali. Un modello di sviluppo che rischia di arrecare più danni che benefici.

Per la maggioranza dei cittadini di Francia (69 per cento), Germania, Svezia, Stati Uniti (63), Gran Bretagna (65) e Italia (61) il sistema economico attuale causa un’eccessiva disuguaglianza economica tra le persone. Oltre a essere iniquo dentro le mura nazionali è ritenuto ingiusto e penalizzante per i paesi più poveri.

Ne sono convinti francesi, svedesi, inglesi (59), italiani (58) e tedeschi (57), mentre gli americani sono meno sensibili al tema (48). È quanto emerge dall’indagine realizzata in 22 paesi nel giugno 2024 da Ipsos global advisor.

Il bilancio dei cittadini

I quarant’anni di predominio neoliberista hanno ampliato anche le fratture sociali. Per il 55 per cento di italiani e francesi, ma anche il 66 di inglesi, il 57 di americani, il 51 di svedesi e il 54 di tedeschi, l’attuale modello economico danneggia le persone che hanno meno soldi. Non solo. È un modello sempre più estrattivo e pernicioso per l’ambiente.

Una valutazione che trova schierati francesi (50) e italiani (47), mentre negli altri paesi il tema è meno avvertito (Gran Bretagna 41, Usa 38, Germania 36 e Svezia 33).

Il mantra liberista dell’arricchitevi e la convinzione che la presenza di una minoranza facoltosa sia un bene per tutti (la loro spesa e i loro investimenti, ripercuotendosi sulla società generano ricchezza per tutti), ha perso quasi ovunque di credibilità. Solo in Italia c’è ancora una quota di illusi (60 per cento), mentre in Germania si scende al 26, in Francia al 36, in Svezia al 33, negli Usa, patria del neo-liberismo, al 36 e in Gran Bretagna, che con Thatcher è stata uno degli emblemi del laissez-faire, al 30.

Il cambio di paradigma è evidente. Per calcolare il successo economico di un paese la maggioranza delle opinioni pubbliche vuole mettere al centro la qualità della salute e il benessere generalizzato di tutti e non la velocità di crescita del Pil e dei patrimoni di pochi.

Ne sono convinti in Francia (60), Germania e Svezia (58), Gran Bretagna e Usa (61). In realtà anche in Italia, nonostante alcune residue speranze neo-liberiste, la maggioranza (59 per cento) è orientata al mutamento di paradigma.

Per dare la sterzata al sistema e imprimere una svolta non bastano le buone intenzioni o i purpose aziendali, ma azioni concrete come ad esempio: investire sull’assistenza sanitaria per renderla gratuita o a prezzi accessibili (inglesi 84, tedeschi 75 e italiani 72); rafforzare i diritti dei lavoratori e proteggere i posti di lavoro (italiani 74, inglesi 73, americani e tedeschi 71); investire sulle energie rinnovabili, sull’efficienza energetica, sui trasporti puliti e sulla riduzione dell’inquinamento dell’industria (inglesi 77, svedesi e americani 69); rafforzare l’equilibrio tra lavoro e vita privata, con migliori servizi per l’infanzia e orari di lavoro flessibili (italiani 72, inglesi 71 e americani 70); garantire una più equa rappresentanza di genere nei ruoli di leadership del governo e delle imprese (italiani 57, inglesi 60 e americani 56).

Oltre a interventi concreti su lavoro e vita quotidiana, il cambio di passo dovrebbe essere accompagnato da leggi che limitano l’influenza politica delle grandi aziende nel processo politico (inglesi 70, americani 65, francesi 60 e italiani 55). Infine, l’ipotesi di un reddito universale (quantum minimo regolare ogni mese dal governo, indipendentemente dallo status lavorativo), piace prioritariamente a inglesi (51), tedeschi (46) e americani (45).

Disillusione

In ampie parti delle opinioni pubbliche occidentali cresce la consapevolezza che, come sostiene Thomas Piketty, il mercato non «è la soluzione a tutti i problemi, ma ne è la causa principale».

Una presa di coscienza che è accompagnata, per ora, da forme di delusione e non conduce a movimenti di rivolta anticapitalista, ma genera rabbia e risentimento, alimentando spinte populiste e radicalizzazioni a destra.

Queste dinamiche rischiano di ampliare lo iato tra i cittadini e la democrazia, aprendo spazi politici ed elettorali alle forze estremiste, illiberali e autocratiche. Invertire la rotta è difficile perché, come ci ricorda Bauman, «il liberismo economico è un sistema in cui i ricchi diventano più ricchi e i poveri sempre più poveri».

Ma la sfida è sul campo: il fallimento liberista e i prezzi che fa pagare alla società, rischiano di aprire la strada a nuove stagioni autocratiche e a tensioni e scontri sociali, con danni all’economia e alla tranquillità di tutti (super ricchi compresi).

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