Giorgia Meloni ha ritirato la querela nei confronti di Domani, del direttore Emiliano Fittipaldi e del predecessore Stefano Feltri. L’azione giudiziaria era stata avviata dopo un articolo firmato dall’allora vicedirettore Fittipaldi nel 2021 sugli appalti per le mascherine all’epoca della prima ondata di Covid-19.

L’annuncio era arrivato in conferenza stampa, e la leader di Fratelli d’Italia aveva dato poi seguito all’intenzione di portare il nostro quotidiano in tribunale, ritenendosi diffamata. Fino a qualche settimana fa aveva sempre insistito di non voler fare passi indietro sulle querele depositate nei confronti di cronisti e giornali, nonostante nel frattempo sia diventata presidente del Consiglio.

Un comportamento che non sembrava tenere conto della disparità di forze: è una situazione quantomeno anomala quella di una premier che chiede di portare a processo giornalisti o intellettuali, come lo storico Luciano Canfora, rinviato a giudizio pochi mesi fa.

Timing perfetto

In queste ore, in un clima di tensione nei confronti della stampa, come testimoniato dall’aggressione al cronista della Stampa, Andrea Joly, da parte di neofascisti di CasaPound, Meloni ha deciso di rimettere la querela.

La decisione della premier è stata ratificata dal suo avvocato alla questura di Vercelli solo poche ore prima dell’appello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella a difesa della libertà di informazione: il presidente ha spiegato che «ogni atto» contro il giornalismo libero «è un atto eversivo nei confronti della Repubblica».

Se qualche giorno fa Ignazio La Russa, presidente del Senato, è finito nella bufera per aver criticato il comportamento del giornalista della Stampa Andrea Joly picchiato selvaggiamente da energumeni di Casa pound, la retromarcia di Meloni è certamente un segnale positivo.

Resta da valutare se si tratta di un caso isolato o di un complessivo cambio di passo del governo e dei ministri, dopo una serie di attacchi illiberali: dai tagli alle risorse alle continue querele intimidatorie, la rotta intrapresa dalla destra è stata chiara fin dal suo insediamento.

In questo senso, il gesto della presidente del Consiglio potrebbe fare da apripista a un approccio meno muscolare da parte del potere politico verso il mondo giornalistico.

La galleria di azioni legali, sia civili che penali, di componenti dell’esecutivo nei confronti di Domani, è lunga. Oltre al sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, agli annunci di azioni di Giancarlo Giorgetti e Daniela Santanché, alle cause del capo di gabinetto di Meloni Gaetano Caputi, il caso più significativo è quello del sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, che ha bersagliato il nostro quotidiano ed è arrivato a chiedere la cifra di 200mila euro come risarcimento e il contestuale stop alle inchieste giornalistiche sulla casa comprata a Roma a un prezzo molto conveniente attraverso l’Enpaia.

Altri esponenti dell’esecutivo hanno chiesto la mediazione, primo passo per una potenziale richiesta di risarcimento danni. Un approccio simile a quello usato con altre testate.

I motivi della querela

La vicenda con la premier si è chiusa dopo oltre due anni. Nel dettaglio, Meloni aveva querelato Domani in seguito all’articolo che raccontava un giro di affari sulle mascherine durante la prima ondata di Covid-19. L’inchiesta era ampia e svelava una serie di collegamenti. In un passaggio era citata, appunto, Giorgia Meloni.

L’allora leader di una forza di opposizione, comunque esponente di spicco della politica italiana, era stata contattata da Fabio Pietrella, presidente di Confartigianato Moda e vicinissimo a Fratelli d’Italia.

Proprio Pietrella, che era stato candidato con il partito alle europee del 2019, qualche mese dopo voleva sapere come dare la disponibilità al commissario per garantire delle forniture di materiali utili, comprese le mascherine.

Secondo la ricostruzione di Domani e confermata da Meloni stessa, c’è stata una sua telefonata con Domenico Arcuri, quando era a capo della struttura commissariale per l’emergenza-Covid, dove aveva fatto il nome di Pietrella ricevendo come risposta la mail a cui fare riferimento.

Presa d’atto

Domani raccontò l’episodio grazie a carte giudiziarie dell’inchiesta su Arcuri, ma la leader presentò querela per diffamazione dopo averla annunciata in un’apposita conferenza stampa. E c’era stato il rinvio a giudizio di Fittipaldi. Meloni, oltre al beau geste del ritiro della querela, ha forse preferito non continuare su una strada giudiziaria che rischiava di diventare una battaglia fine a sé stessa: la querela contestava semplicemente il termine «raccomandato», presente nell’articolo e riferito a Pietrella. La versione di Domani era stata infatti confermata dalla diretta interessata: aveva chiamato per avviare un’interlocuzione con la struttura commissariale, destinando a Pietrella i contatti necessari.

Così come è stato poi dimostrato che il legame politico con Pietrella fosse solido: l’imprenditore è stato eletto addirittura deputato alle politiche del 2022 nelle liste di Fratelli d’Italia dopo la mancata elezione all’Europarlamento di tre anni prima.

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