La proposta del ministro meloniano è stata già bocciata dalla Lega. Ma sulle imprese l’esecutivo vuole introdurre quanto prima la misura
Se che venga definita una «tassa occulta» o che venga etichettata come una proposta «classista», l’assicurazione sulla casa contro le calamità ha mandato in tilt il governo.
Perché scaricherebbe sui privati o almeno sulle imprese i costi di quelle che sono le conseguenze del cambiamento climatico. Fatto sta che la fuga in avanti del ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, ha fatto saltare dalla sedia gli alleati, seppure in ritardo.
Nelle dichiarazioni consegnate alla stampa durante la fase acuta dell’emergenza in Emilia-Romagna, tra una polemica e l’altra, il ministro ha sostenuto la necessità di introdurre l’obbligatorietà delle polizze per garantire le proprie abitazioni. Così lo stato viene sgravato da un fardello.
Certo, non è un qualcosa da attuare nell’immediato. Ma l’orizzonte era quello di prevedere il cambiamento. In un primo momento, nel centrodestra è stata scelta una linea soft, sperando in un raddrizzamento del tiro immaginando che potesse essere una frase dal sen fuggita. E invece no.
«È aperto un confronto e un ragionamento per capire se le compagnie assicurative sono disponibili», ha confermato l’ex presidente della regione Sicilia, ora titolare delle deleghe per la protezione civile.
Altolà leghista
Un passo in avanti ulteriore, che ha portato Matteo Salvini alla sconfessione del progetto: «Lo stato può dare delle indicazioni. Questo vale anche per l’assicurazione. Lo stato può dare un consiglio, però non viviamo in uno stato etico, dove vieta o obbliga a fare».
Anche Stefano Candiani, parlamentare di lungo corso della Lega, ha posto l’altolà: «No a regali alle compagnie assicurative», concedendo una possibile apertura su eventuali «incentivi» a stipulare polizze contro le catastrofi naturali. Ragionamenti contorti e non condivisi.
Nemmeno dentro Forza Italia c’è stato entusiasmo. Il presidente della regione Sicilia, Renato Schifani, ha infatti definito la proposta «classista». «C’è chi può permetterselo e chi no. Secondo me bisogna affrontare queste calamità in chiave strutturale, organica e strategica, al di là della capacità dei singoli di potersi consentire una polizza o meno», ha commentato il governatore siciliano sull’idea lanciata dal suo predecessore.
La situazione innesca così un cortocircuito clamoroso: la coalizione di centrodestra, che sul possesso della casa ha costruito intere campagne elettorali, sta valutando di inserire quella che è una «tassa occulta», come l’ha definita la senatrice di Italia viva, Raffaella Paita.
Peraltro, in un clima di incertezza totale, senza capire cosa fare precisamente trattandosi di un esperimento inedito. «Qualcuno prima o poi dovrà chiedersi dalle parti di palazzo Chigi quanto viene a costare a un’impresa stipulare una polizza del genere e che impatto avrà questo aggravio di spesa sul costo finale del bene prodotto da quell’impresa», ha osservato Osvaldo Napoli, ex parlamentare di lungo corso e ora dirigente di Azione, cercando di riportare il dibattito alla concretezza.
Sia come sia, un po’ di imbarazzo è emerso all’interno di Fratelli d’Italia perché il tema potrebbe rivelarsi un boomerang.
Pagano le imprese
Su un altro versante c’è tuttavia una certezza: il governo, senza distinguo, è intenzionato a tirare dritto sull’obbligo di assicurazione per le imprese in caso di catastrofi naturali. Il ministero delle Imprese e del Made in Italy di Adolfo Urso ha smentito l’ipotesi di un rinvio della misura che attende solo la definizione dei decreti attuativi.
Al Senato, durante l’esame del decreto Omnibus, Fratelli d’Italia ha presentato un emendamento per far slittare l’entrata in vigore della legge. L’intenzione è quello di non gravare sulle aziende e di avere più tempo per definire un percorso tutt’altro che semplice per le implicazioni che porta tra intese con le compagnie assicurative e imprese. il Mimit ha detto di no: non viene considerata alcuna dilazione dei tempi. Alla fine l’emendamento dei senatori meloniani è stato ritirato.
Addirittura già domani, salvo rinvii last minute, ci sarà un «incontro con le associazioni di categoria, per illustrare in via generale i contenuti dello schema di decreto attuativo per rendere operativo l’obbligo», hanno fatto sapere dal dicastero di Urso.
Il governo non vuole saperne: saranno gli imprenditori a doversi coprire le spalle di fronte alle inondazioni, “privatizzando” i costi delle catastrofi legate al cambiamento climatico, che nell’ideologia della destra meloniana e salviniana resta un tabù. Anzi un’invenzione degli ambientalisti.
L’unico sostegno pubblico certo è lo stanziamento di 20 milioni di euro, stabilito dal Consiglio dei ministri di ieri, per «le misure e gli interventi più urgenti e prioritari di soccorso e assistenza alla popolazione interessata dall’evento e di ripristino della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di reti strategiche», come recita la nota diffusa dalla presidenza del Consiglio. Ulteriori risorse dovrebbero arrivare più in avanti al termine delle ricognizioni, come spiegano a Domani da palazzo Chigi.
Ma c’è un sospetto. La campagna elettorale è destinata ad avvelenare il dialogo istituzionale tra governo e regione Emilia-Romagna.
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