Al ministero della Giustizia il ministro è vittima di sottosegretari e dirigenti, che hanno più poter. Intanto nelle celle la situazione è drammatica. Il viaggio di Ilaria Cucchi tra i detenuti di Ancona
Carceri sovraffollate, suicidi, atti di autolesionismo, agenti allo stremo e un ministero attraversato da correnti e blocchi di potere. Le politiche messe in campo sugli istituti di pena raccontano il fallimento del governo Meloni. Gli intenti e i propositi del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, hanno lasciato il posto allo scontro di potere all’interno del dicastero con l’ex magistrato messo in ombra da Forza Italia che schiera il sottosegretario Francesco Paolo Sisto e Giusi Bartolozzi, potente vice capo di gabinetto, Fratelli d’Italia che, invece, punta sul pretoriano Andrea Delmastro Delle Vedove, azzoppato dal processo a suo carico per il pasticcio sul caso dell’anarchico, Alfredo Cospito.
L’altro blocco è quello leghista che esprime l’altro sottosegretario, Andrea Ostellari. Correnti che si scontrano con la figura di Bartolozzi che rappresenta quella più divisiva e che più di ogni altra continua a mantenere le chiavi del comando. Mentre a palazzo si consumano i dissidi, nelle carceri italiane la situazione è sempre più al limite. I dati e le storie lo dimostrano.
L’anno orribile
«Il mese di dicembre si è aperto con due notizie. La prima è che il numero delle persone detenute ha superato nuovamente la soglia dei 60mila. Era da prima della pandemia di Covid-19 che ciò non accadeva. Il tasso di affollamento è di oltre il 125 per cento, i posti disponibili sono 48mila», racconta l’ultimo report di Antigone. «La seconda notizia è quella dei suicidi, due, entrambi avvenuti l'8 dicembre. Il totale del 2023 è di 66 persone che si sono tolte la vita in carcere, il terzo dato più alto mai registrato da quando Ristretti Orizzonti tiene questa statistica (dal 1992)», continua l’associazione.
Se si entra in un carcere si scopre il disastro. «Se è vero che le condizioni delle carceri rispecchiano quelle della nostra democrazia, l’istituto penitenziario di Ancona racconta di una crisi che sembra senza via di uscita. Le celle sono sovraffollate: dovrebbero contenere in totale 250 persone, ma sono più di 300 quelle rinchiuse», dice la senatrice Ilaria Cucchi dopo aver visitato quell’istituto di pena. Lì è recluso un detenuto, la cui sorella aveva scritto a Domani. «Ho mio fratello in carcere, si chiama Seifeddine Ben Ahmed. Sono andata a trovarlo e l’ho visto in una condizione psicofisica disastrosa (difficoltà nel parlare, tremolio e saliva che gli scendeva della bocca). È entrato che pesava 96 chili e adesso dopo quattro mesi ne pesa circa 50». Aouatef Ben Ahmed ha inviato una comunicazione anche al garante dei detenuti, territoriale e nazionale, nella quale ha lamentato condizioni insostenibili di detenzione, la presenza di lividi sul corpo e l’abuso di psicofarmaci.
Ben Ahmed è in carcere perché è stato condannato per rapina a quattro anni e quattro mesi. Il detenuto, neanche trentenne, ha più volte praticato atti di autolesionismo e, a metà dicembre, è stato trasferito nuovamente all’ospedale dopo aver ingerito alcune pile, come era già accaduto in passato. «Aveva iniziato, dopo l'arresto, un percorso terapeutico con il serd mentre era agli arresti domiciliari, che durava da più di un anno e mezzo e che stava dando i suoi frutti; poi è divenuta definitiva la sentenza e, trattandosi di reato ostativo, nonostante questo percorso positivo e regolare, è dovuto rientrare in carcere e questo lo ha destabilizzato tanto da arrivare alla drammatica situazione odierna», dice Luca Sebastiani, avvocato del detenuto. Il recluso da settembre ha avuto 8 accessi al pronto soccorso, ha ingerito pile, cuffie e un accendino. Ha raccontato che vuole essere trasferito in Sicilia e ha negato di aver subìto violenze, ma è sottoposto a un uso massiccio di psicofarmaci.
«Sono usati in una quantità disarmante, per il medico della struttura non c’è alternativa e li assumono quasi tutti i detenuti. A colpire, più dei numeri, è la gravità degli episodi che si sono succeduti in neanche un’ora. Ho visto un detenuto ingerire un accendino a pochi metri da me, per essere trasferito. A un vetro di distanza, quello che separa i due corridoi del piano che ho ispezionato, ne ho visto un altro urlare in preda alla rabbia, continuando a sbattere con forza i cestini della spazzatura contro le pareti che lo circondavano. Il gesto della corda al collo che mi ha rivolto un detenuto parla, grida per tutti, per un posto che ha perso ogni possibilità di proiettarsi oltre le sbarre che lo delimitano», conclude Cucchi.
Le aggressioni
In carcere ci sono i detenuti, ma anche gli agenti che ormai sono allo stremo, gli organici continuano a essere insufficienti, mancano 18 mila poliziotti penitenziari. «Abbiamo noi stessi chiesto diverse delle misure annunciate nel pacchetto sicurezza del governo, ma riteniamo che esse debbano essere accompagnate da ben altri provvedimenti che passano per il varo di un “decreto carceri” che, prendendo atto della strisciante emergenza, preveda anche l’integrazione degli organici della Polizia penitenziaria e cospicue assunzioni straordinarie con procedure accelerate, senza peraltro rinunciare a riforme strutturali e complessive da realizzare attraverso una legge delega», dice Gennarino De Fazio, segretario della Uil Pa.
Il sindacato, che condivide le posizioni del sottosegretario Delmastro, fa notare che alle parole, però, non seguano mai fatti. «L’esecutivo a guida Meloni continua a intervenire con piccoli provvedimenti, in maniera parcellizzata, cercando di mettere qualche toppa alle molte falle, ma finendo per aprirne molte altre», dice De Fazio ricordano anche la gravissima escalation delle aggressioni dei detenuti nei confronti degli operatori, ormai alla media di oltre 4 al giorno. Proprio sul tema il sottosegretario Ostellari ha parlato di un calo delle aggressioni del 30 per cento.
«Quelle del sottosegretario sono percentuali autoprodotte (e che non si sa cosa significhino: calate del 30 per cento rispetto a cosa e a quando?), ma i numeri reali continuano a essere secretati. Noi come sindacato abbiamo fatto una nuova richiesta di accesso civico lunedì scorso e siamo in attesa di una risposta. La nostra percezione è opposta», conclude De Fazio.
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