- Giochi di prestigio. Si prende l'appoggio di Cuffaro e gli endorsement di Dell'Utri, fa il pieno anche nei quartieri - Uditore e Brancaccio - dove hanno pizzicato i due candidati catturati per voto di scambio e poi il 21 giugno, primo atto ufficiale da sindaco, va a deporre una corona di fiori al monumento dei caduti contro la mafia,
- Nel momento della proclamazione ufficiale ha invocato la Santuzza, la patrona di Palermo: «Santa Rosalia aiutaci tu».
- Assessori e vicesindaco, una partita che s’incastra con lo scenario delle elezioni regionali d'autunno, lo scontro fra Gianfranco Micciché e l'attuale governatore Nello Musumeci, il duello fra la Meloni e Salvini a Roma.
I gatti neri saranno d'ora in avanti l'incubo degli autisti del comune di Palermo, come per anni lo sono stati per quelli della regione siciliana quando lui era assessore alla Sanità e poi anche all'Istruzione. Se ce n'è uno che taglia la strada, di gatto nero, non si passa. Si torna indietro, a costo di infilarsi nel traffico infernale e rifare il giro della città.
Così, per scaramanzia, “il professore” non si è messo addosso la fascia tricolore nemmeno la mattina di venerdì 17 giugno come prevedeva il protocollo e ha preferito rimandare la cerimonia a lunedì 20.
Tanto cambiava poco: giorno più o giorno meno l'ex magnifico rettore Roberto Lagalla era ormai diventato il nuovo re di Palermo. Essenza pura di borghesia palermitana, allievo del collegio gesuitico del Gonzaga - la scuola che sforna da sempre le classi dirigenti della capitale della Sicilia - è un vecchio democristiano che può essere indicato senza timore di smentita una “creatura” politica dell'ex governatore Totò Cuffaro.
La continuità nella diversità
È la continuità nella diversità, un gioco di parole che non disorienta più di tanto i siciliani ma al contrario esalta l'orgoglio degli ispiratori dell'”operazione” che ha trionfalmente scaraventato a Palazzo delle Aquile questo medico specialista in radiologia e radioterapia nonostante il disturbo di certe voci, compresi imbarazzanti legami familiari acquisiti - da parte di moglie - che l'interessato definisce «parentele prive di qualsivoglia frequentazione». C'è da credergli. Come c'è da prendere atto che la sua conquista del comune è stata più facile del previsto: Palermo aveva bisogno di Lagalla e Lagalla aveva bisogno di Palermo. Semmai il difficile viene ora.
Con più di mille bare accatastate al cimitero dei Rotoli che buttano veleni e a volte pure scoppiano per il gran caldo, con centonovantamila tonnellate di rifiuti che ristagnano e imputridiscono nella spaventosa discarica di Bellolampo, nel solenne momento della proclamazione ufficiale il neo sindaco non poteva fare altro che invocare la Santuzza, la patrona di Palermo: «Santa Rosalia aiutaci tu».
Dopo il sostegno spericolato del vecchio amico Totò e il versetto satanico pronunciato in suo favore dal senatore Marcello Dell'Utri, l'ex magnifico rettore cerca anche soccorso divino.
Si porta appresso il peso di quasi centomila voti (esattamente 98.574) conquistati al primo turno con il 47,68 per cento dei consensi, voti però che sarebbero stati sicuramente di più se in piena campagna elettorale non avessero arrestato due candidati del centrodestra per patti mafiosi, e se la partita allo stadio della Favorita per la promozione in B della squadra di calcio l'avessero anticipata o posticipata.
La diserzione dei presidenti di seggio ha danneggiato lui e soltanto lui. Veleggiava intorno al 57 o al 58 per cento, nell'ultima settimana qualche gatto nero gli ha attraversato la strada a tradimento.
Voti di mafia e vittime di mafia
Per Palermo comunque è cominciata una nuova era dopo ventuno anni di Leoluca Orlando, città perduta e rinata e che mai avrebbe immaginato di tornare al punto di partenza.
Definirla una svolta epocale non è retorica, Roberto Lagalla incarna in tutto e per tutto il passato, è un vestito nuovo infilato sopra un vestito di trenta, quarant'anni fa. Giochi di prestigio.
Lui che si prende l'appoggio di Cuffaro e gli endorsement di Dell'Utri, che fa il pieno anche nei quartieri - Uditore e Brancaccio - dove hanno pizzicato i due candidati catturati per voto di scambio e poi il 21 giugno, primo atto ufficiale da sindaco, va a deporre una corona di fiori al monumento dei caduti contro la mafia, un pezzo di ferro arrugginito in piazza XIII Vittime, scultura detestata dai palermitani per la sua astrazione e anche la sua bruttezza.
Ma poco importa l'arte, conta piuttosto il doppio passo di Lagalla: «La mia presenza qui credo che sia doverosa. Spero serva a chiudere definitivamente un capitolo che ha avvelenato dolorosamente la campagna elettorale, ora è il tempo dei fatti e di dimostrare tensione civile».
È partita una piccola contestazione dei ragazzi del collettivo Our Voice e tutto è finito lì. Roberto Lagalla si presenta candidamente come la fotocopia di Totò Cuffaro. Prende i voti dai condannati di mafia e onora le vittime di mafia.
Preciso come a Totò che, appena indagato per reati di mafia, ha fatto coprire i muri delle città e dei paesi dell'isola con manifesti dove c'era scritto “la mafia fa schifo”. Il copione è sempre lo stesso, è il gioco delle tre carte.
Gli assessori e il vicesindaco
Da qualche giorno un tam tam riporta che, una volta sindaco, l'ex magnifico rettore non avrebbe intenzione di nominare nella sua giunta assessori vicini a Cuffaro (la sua lista ha superato lo sbarramento del 5 per cento e la sua Nuova Democrazia Cristiana può contare su 3 consiglieri), un tentativo per prendere distanza dallo sponsor che ha marchiato la sua campagna elettorale. Vero? Falso? È solo un magheggio: assessori o non assessori Cuffaro è lì accanto al “professore”.
Lui promette un governo della città di “alto profilo”, al Bilancio e all'Urbanistica andranno due tecnici, per il resto è tutto in ballo. Tantissimi nomi per pochissimi posti.
Il centrodestra che intorno a Lagalla si era riunito adesso intorno Lagalla si divide nella spartizione delle poltrone.
Le voci parlano di Rosi Pennino alle Attività Sociali e Ottavio Zacco per Forza Italia che nella sua lista è stato il primo degli eletti, di Giuseppe Milazzo per Fratelli d'Italia, un assessorato toccherebbe pure alla Lega che è entrata in consiglio comunale con tre dei suoi con il simbolo Prima l'Italia.
Il vero problema però è la scelta del vicesindaco, visto che i due pretendenti erano entrambi candidati come numeri uno. Si sono clamorosamente ritirati in piena campagna elettorale, quando le loro facce erano ancora su tutti i cartelloni.
Uno è Franco Cascio, lanciato personalmente da Gianfranco Micciché. L'altra è Carolina Varchi, voluta fortemente da Giorgia Meloni che poi si è riconvertita su Lagalla. Chi dei due aspiranti sindaci farà il vice?
L’incastro con le elezioni regionali
È una partita palermitana che s'incastra con lo scenario delle elezioni regionali d'autunno, lo scontro fra Gianfranco Micciché e l'attuale governatore Nello Musumeci, il duello fra la Meloni e Salvini a Roma.
Se fino a qualche giorno fa la ricandidatura di Musumeci sembrava molto probabile (a maggio è andato a genuflettersi anche davanti a Marcello Dell'Utri, che riceveva nei saloni del Grand Hotel et des Palmes), oggi è lo stesso governatore che annuncia «di togliere il disturbo».
Ci sono troppe spaccature sul suo nome. Per vincere sicuri nel centrodestra dovranno virare su un altro candidato, il favorito si dice che sia Raffaele Stancanelli. Attualmente eurodeputato è stato sindaco di Catania dal 2008 al 2013, fra i fondatori con Musumeci di Diventerà Bellissima è passato poi con Fratelli d'Italia. Punta su di lui anche un personaggio politico che ha ancora potere più di come sembra, l'ex governatore Raffaele Lombardo, dietro le quinte sempre decisivo nelle grandi scelte della regione.
L'individuazione del candidato perfetto è obbligata per il centrodestra, altrimenti rischia di perdere. Perché sulla Sicilia si sta abbattendo una nuova tempesta che ha origine a Messina.
È il fenomeno Cateno De Luca, ex sindaco della città sullo Stretto che si è dimesso da primo cittadino, imponendo al suo posto lo sconosciuto funzionario comunale Federico Basile che al primo turno ha sbaragliato gli avversari con quasi il 45 per cento dei voti. Cateno De Luca, già al parlamento siciliano con il Movimento per le Autonomie di Raffaele Lombardo, sta tentando la scalata a governatore.
Il “Masaniello” messinese
Ex sindaco anche di due piccoli comuni della provincia messinese, Fiumedinisi e Santa Teresa di Riva, coinvolto in alcune inchieste giudiziarie dalle quali è uscito senza macchia, De Luca è una sorta di "Masaniello” siciliano protagonista di clamorose proteste e pittoresche esibizioni.
Come quella volta che si gli promisero un posto nella commissione Bilancio dell'Assemblea regionale e poi non lo ottenne, così chiamò i giornalisti e iniziò a fare uno striptease davanti alle telecamere. Restò completamente nudo, le parti intime avvolte da una bandiera giallo-rossa della Trinacria, in una mano la Bibbia e nell'altra un Pinocchio di legno.
Dal centrodestra hanno provato a blandirlo ma lui ha risposto: «Non mi interessano i compromessi, la proposta della mia Sicilia Vera e il nostro progetto politico non possono essere barattati». Volenti o nolenti tutti devono misurarsi con “Scateno De Luca” e la sua potenza elettorale.
È questa l'aria che tira in Sicilia. Gli amici di Totò Cuffaro già piazzati a Palermo per l'estate, il variopinto mondo del politico spogliarellista all'assalto del resto dell'isola in autunno.
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