Papa Francesco ha dedicato, a sorpresa, l’intera udienza del mercoledì al tema dei migranti, non a caso il titolo della catechesi è stato “mare e deserto”. Il pontefice ha messo sotto accusa «chi opera sistematicamente e con ogni mezzo per respingere i migranti», favorendo, di fatto, la morte di tanti di loro che provano impossibili traversate alla ricerca di condizioni di vita migliori.

«E questo – ha aggiunto – quando è fatto con coscienza e responsabilità, è un peccato grave». Parole esplicite, non equivocabili, quelle pronunciate da Bergoglio, che venivano rafforzate da un concetto, se possibile ancor più netto, espresso poco dopo: «Fratelli e sorelle, su una cosa potremmo essere tutti d’accordo: in quei mari e in quei deserti mortali, i migranti di oggi non dovrebbero esserci – e ce ne sono, purtroppo. Ma non è attraverso leggi più restrittive, non è con la militarizzazione delle frontiere, non è con i respingimenti che otterremo questo risultato».

L’attacco della Santa Sede dunque, stavolta è esplicito e diretto: politici e governi che scelgono come politica quella della chiusura delle frontiere e dei respingimenti, senza offrire un’alternativa o lavorare per un’intesa a livello sovranazionale per costruire canali di accesso regolari e privi di rischio per la vita, hanno la loro parte di responsabilità nelle sofferenze di tanti che fuggono da miseria, guerre, oppressioni.

E di certo le parole del vescovo di Roma avranno avuto un suono stridente per quei settori della maggioranza di governo – a cominciare dalla Lega di Matteo Salvini – che del no a qualunque costo all’immigrazione hanno fatto il loro principale strumento di propaganda politica. Soprattutto perché arrivano dopo il no della Cei alla riforma dell’autonomia.

Una posizione che, via social, il leader leghista ha attaccato: «I vescovi italiani (tutti?) sparano a zero contro l’autonomia, approvata in parlamento e riconosciuta in Costituzione. Con tutto il rispetto, non sono assolutamente d’accordo: l’autonomia porterà efficienza, modernità, più servizi ai cittadini e meno sprechi. Voi che ne pensate degli attacchi dei vescovi?»

Insomma, lo scontro tra governo e chiesa è palese. E mentre il Viminale evidenzia che i primi mesi del 2024 hanno fatto registrare un calo netto di arrivi verso le nostre coste, l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) sottolinea che più di mille migranti sono stati dichiarati morti o dispersi nel Mediterraneo centrale dall’inizio dell’anno.

Il contesto politico

Ma, in generale, è tutta la politica ad essere chiamata in causa dal pontefice: certo, dall’Italia di Giorgia Meloni, all’Ungheria di Viktor Orban, alle pulsioni razziste degli estremisti dell’Afd in Germania, a Marine Le Pen in Francia, le forze nazionaliste di destra, xenofobe – cattoliche a modo loro, in molti casi – che hanno cavalcato la paura dello straniero come arma di consenso politico, sono oggi i principali destinatari del monito del papa.

Tuttavia, Francesco si rivolge davvero a tutti, senza escludere naturalmente quelle istanze istituzionali come l’Ue, che potrebbero provare ad aprire una strada alternativa per la gestione del fenomeno migratorio, oltre i pattugliamenti e i respingimenti.

Francesco ha anche lodato il lavoro svolto dalle ong e da quanti si adoperano per salvare vite umane, anche in questo caso andando contro la vulgata, politicamente interessata ma mai dimostrata concretamente, che le navi di soccorso delle organizzazioni non governative farebbero il gioco dei trafficanti; teoria che non tiene conto del fatto, per esempio, che gran parte dei salvataggi vengono effettuati dalla guardia costiera italiana, non di rado in collaborazione con la nave di qualche ong; cosa che dimostra una volta di più la differenza fra propagande roboanti e realtà dei fatti.

La Cei: la politica dica sì allo Ius scholae

Mons. Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara e presidente della Fondazione Migrantes della Cei, ha commentato le parole del pontefice. Dal Papa, ha detto Perego all’agenzia Adnkronos, arriva «un messaggio anche a chi sta facendo la politica dei respingimenti, a chi sta facendo accordi per la morte e non per la vita, un messaggio di sostegno alle ong che lavorano in mare», un fatto, questo, «che dimostra come in mare ci sia chi chiede una politica diversa, che non sia nazionalista ma europea».

Serve un’Europa, ha affemato ancora l’arcivescovo, «che sia casa comune anche per chi è richiedente asilo e rifugiato. Basterebbe vedere da dove arriva la maggior parte di queste persone: dalla Siria, dal Bangladesh, da Paesi dove ci sono disastri ambientali, dove la guerra sta mettendo in fuga milioni di persone».

C’è però chi continuerà a fare orecchie da mercante: «Si spera che il realismo del Papa di fronte a questi drammi diventi realismo della politica che ancora è segnata da ideologie, ancora falsa la realtà della migrazione e non governa la realtà della migrazione anche nel contesto europeo».

Emblematico in tal senso, per il responsabile migrazioni della conferenza episcopale italiana, il dibattito sullo ius scholae. «Questo dibattito – ha detto in proposito monsignor Perego – è una ricostruzione da parte di chi, anche nella maggioranza, guarda la realtà e comincia a considerare importante il mondo di questi ragazzi che fanno un percorso nelle nostre scuole coi nostri ragazzi e che quindi hanno bisogno di un riconoscimento»; sul fronte opposto c’è invece «chi continua ideologicamente a pensare che se uno diventa cittadino italiano svigorisce la nostra nazione. Non c’è nulla di più ignorante di un’idea di questo genere».

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