Conte scommette di risalire la china dei consensi marcando di più la differenza con il Pd. Un partito che percepisce come bulimico e assopigliatutto
Proprio quando la maggioranza di destra attraversa il momento di massima fibrillazione interna, per l’opposizione la strada dell’alleanza si fa tutta salita e buche. Regge la collaborazione sugli emendamenti alla finanziaria. Ma il gelo fra Pd e M5s non si scioglie. Due weekend fa Giuseppe Conte, alla Costituente a Roma, si è dichiarato «progressista indipendente». Ma il messaggio aveva il senso opposto rispetto a come i più l’hanno interpretato. Di quelle due parole, la novità non era il «progressista» ma l’aggettivo «indipendente».
Infatti in questi giorni l’ex premier ha infittito la sfida al Pd: prima l’attacco per il sì alla Commissione Ue. Poi competizione sulla questione operaia: la segretaria ha cantato Bella ciao al corteo dello sciopero? Lui all’alba è andato ai cancelli della Transnova di Pomigliano, indotto Stellantis, in mezzo ai lavoratori Fiom: un’immagine che ricorda quella di un dirigente del vecchio Pci.
Conte scommette di risalire la china dei consensi marcando di più la differenza con il Pd. Un partito che percepisce come bulimico e assopigliatutto. In conversari privati con dirigenti a lui vicini, gli è capitato di sfogarsi: Schlein non ci lascia il nostro spazio, si appropria di tutti i nostri cavalli di battaglia, vedasi il salario minimo, bandiera M5s.
Dall’altra parte anche Carlo Calenda incalza la segretaria: «Dice “poveri lavoratori”, ma poi si dice a favore delle norme assurde dell’Ue che provocano la crisi, queste ipocrisie devono cadere». Il leader di Azione si dichiara pronto a collaborare con tutti «tranne Landini» che sostiene «cose assurde»: al cui fianco però si è imbullonata Schlein.
La situazione, insomma, si è complicata. Frutto di un mancato confronto e coordinamento fra forze di opposizione intenzionate, in tempi non troppo lunghi, a convergere. Un mancato confronto teorizzato fin qui da Schlein, a vantaggio della convergenza «sui temi e sulle battaglie concrete».
Ma se l’opposizione diventa, proprio come la maggioranza ma senza neanche essere al governo, una specie di arena di tutti contro tutti, o anche solo di alcuni contro altri, il rischio per tutti è di disperdere il credito accumulato nelle scorse regionali. La segretaria Pd ancora oggi ha sottolineato che «l’unità paga» complimentandosi per le miracolose vittorie di Anzio e Nettuno, due comuni del Lazio dove da tempo il centrosinistra non toccava palla: «L’alternativa a questa destra c’è e dai territori arriva il messaggio che le persone danno fiducia a chi si occupa con serietà delle loro preoccupazioni».
Ma al di là delle amministrative, la segretaria sembra aver colto l’urgenza di avvicinare gli alleabili a livello nazionale. E infatti domenica all’assemblea di Europa Verde ha fatto un passetto avanti rispetto alla consueta professione di essere «testardamente unitaria», anche in risposta alle richieste di mettere in piedi una «regia» dell’opposizione avanzate da Bonelli, Fratoianni e Magi.
Schlein da una parte ha avvertito che «l’unità non è un valore a tutti i costi» ma solo «se riesce a raccogliersi attorno a un progetto coerente». Dall’altra ha ammesso che «serve un luogo dove comporre le differenze e costruire l’alternativa». Una proposta concreta ancora non c’è, di sicuro non sarà il «tavolo» a cui si è sempre dichiarata allergica (si capisce che voglia evitare riedizioni di immagini che rimandano a storie di centrosinistra andati). Anzi, al Nazareno spiegano che quella frase non si presta a letture particolari, né annuncia novità sostanziali.
Qualsiasi cosa sia, questo però non sembra il momento più adatto per chiedere a Conte di accettare un confronto di prospettiva. Anzi è il meno adatto: il presidente è cannoneggiato da Grillo, deve risolvere i problemi interni e preparare il rilancio. Un rilancio che è già una scommessa difficile: sarebbe una missione impossibile se desse l’idea ai suoi elettori di legarsi preventivamente mani e piedi a Schlein.
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