L’ex presidente della Camera: «Mattarella ha parlato chiaro: chi vince non è padrone di fare quello che gli pare». «La Commissione Ue parta ora, o salta tutto. Sì a una “cosa” moderata. Io leader ? Sarei una minestra riscaldata»
Negli Usa i repubblicani sono stati inghiottiti dal trumpismo, in Europa i moderati subiscono un’attrazione fatale per i nazionalisti. In Italia il mitologico centro, evocato come la panacea di tutti i mali, quelli della destra e quelli della sinistra, è ormai fuori gioco? No, secondo Pierferdinando Casini, una vita da centrista, dalla Dc a oggi, «presto tornerà di moda e posso dimostrarlo perché la politica è una scienza quasi esatta».
Partiamo dal voto negli Usa: ha già terremotato l’Europa?
Perché noi europei siamo ridotti all’infantilismo politico-istituzionale. Dobbiamo diventare adulti. Siamo fra le onde, fra gli Usa, la Cina e l’arroganza della Russia, e non facciamo l’unica cosa che dovremmo: andare avanti insieme, costruire accanto al polmone economico un’anima politica, cioè una politica estera e di difesa comune. Dobbiamo dare una forza all’Europa, nella globalizzazione competitiva di oggi, dove i singoli stati nazionali non vanno da nessuna parte. O l’Europa o l’irrilevanza: negli anni scorsi, davanti all’instabilità libica, noi italiani abbiamo aiutato il governo di Tripoli, i francesi invece il generale Haftar. Risultato: oggi siamo del tutto irrilevanti in Libia, italiani e francesi, e chi dà le carte sono i turchi e i russi.
Von der Leyen deve imbarcare gli antieuropeisti?
Von der Leyen è il sintomo della crisi. Il problema sta più in profondità. L’Unione è incerta fra un vecchio ordine che non riesce a difendere, quello delle famiglie politiche, e un nuovo ordine che non riesce a costruire. A questo punto il tema non è il commissario Fitto o la commissaria Ribera, il tema è Von der Leyen: o salta lei, o parte la commissione. Ma ormai partirà comunque debole.
Deve partire con i voti delle forze sovraniste che la zavorrano?
Non scopriamo ora che per una parte degli elettori l’Europa è un problema. Sta a noi europeisti dimostrare che non è così. Ma in questo momento quelli che si dichiarano europeisti fanno di tutto per dare ragione ai sovranisti. Io capisco i problemi dei socialisti europei; capisco anche il Pd, ma speravo cogliesse l’occasione per dimostrare uno spessore istituzionale diverso. La contraddizione esiste, ma a questo punto è interesse di tutti credere alle parole di Fitto: non va lì a rappresentare Ecr né l’Italia ma l’Europa, come hanno fatto Gentiloni e tutti i commissari prima di lui. Chiudiamo questa partita prima possibile. E non perché la Commissione mi piaccia: ma se salta sarà un colpo mortale alla credibilità dell’Europa. Il debito pubblico è essenziale: per avere delle risorse da spendere in alcune direzioni unificanti, come la difesa comune.
È quello che dice Draghi. Se saltasse tutto, non potrebbe toccare a lui la presidenza della Commissione?
La politica è l’arte del possibile, ma non mi sembra semplice.
Intanto Trump prepara per l’Ucraina una pace che può essere umiliante anche per l’Europa?
Al di là della propaganda, Trump non può permettersi di sacrificare l’Ucraina. Negli Usa c’è ancora il congresso, c’è ancora una constituency repubblicana, è indebolita ma c’è. E a questo punto la pace la vogliono un po’ tutti: Putin sta pagando un prezzo altissimo alla guerra, e lo schieramento dei nord coreani in Ucraina è il segno della difficoltà di reperire uomini; gli ucraini stanno ancora peggio, ormai il loro è un paese spopolato, la gente non si arruola, le armi stentano ad arrivare; l’Europa è un nano militare e fatica a supportare l’Ucraina. La necessità di trova una soluzione vale per tutti. Questo può essere anche funzionale ai disegni di Trump che ha promesso di chiudere la partita in fretta. Ma qualche volta da un male può nascere un bene. Invece le fughe in avanti, come quella di Scholz, sono velleitarismo allo stato puro, buono solo per la sua campagna elettorale, forse.
A un tavolo sulla pace per l’Ucraina l’Europa saprebbe sedersi come interlocutore unitario?
Sull’Ucraina l’Europa ha fatto una figura migliore di altre. Speriamo che tenga. Ho apprezzato la postura della Meloni sul conflitto, e complessivamente anche quella del Pd. Ora spero che tutti tengano la barra. Sciogliere le righe oggi non avvicina la pace, la allontana. Oggi l’unico modo per negoziare la pace è avere la schiena dritta con Putin: un’Europa a schiena dritta è un contributo a un negoziato serio, se no non sarà un negoziato, sarà un cedimento. Il punto non è solo la questione territoriale, il punto è che l’Ucraina abbia garanzie anche militari dalla Nato e dall’Europa. Per non ritrovarci nella stessa situazione fra qualche anno.
Negli Usa c’è stata una forte polarizzazione del voto. I democratici hanno presentato una leader troppo radicale, o troppo poco?
Sia in America che in Europa stanno cambiando i connotati delle famiglie politiche. In Europa il Ppe guarda ai sovranisti, negli Usa i Repubblicani ormai sono subalterni al movimento Maga (Make America Great Again, ndr). I Democratici a loro volta sono incerti fra il volto rassicurante di Biden e la cultura woke, che è la più grande alleata della destra perché, con i suoi estremismi, allontana una grande parte dell’elettorato moderato e centrista. Il politically correct portato all’estremo ha spaventato una marea di gente, che poi ha votato a destra. Non a caso Kamala Harris ha dovuto cambiare i toni per provare a essere competitiva.
Questo dice qualcosa a chi in Italia è alla ricerca di un “centro”?
Se per centro si intende un’entità competitiva, non credo oggi sia possibile. Ma è una componente essenziale per una coalizione che vuole vincere. Guardi Forza Italia: alle Europee ha beneficiato del disastro del Terzo polo. Conosco amici che la votano con più convinzione perché non c’è più Berlusconi. A destra e a sinistra c’è una fascia, forse minoritaria ma consistente, desiderosa di normalità e di serenità istituzionale.
E lei? Tessitore, front man, federatore di centro?
Io non sono né disponibile né utile: le minestre riscaldate non sono mai gradite agli elettori. Il mio ruolo è diverso: sono un battitore libero, se qualcuno mi chiede qualche consiglio glielo do volentieri. Se no, ne faccio a meno. Diceva il saggio ateniese che le città si difendono con le lance dei giovani e i consigli degli anziani. Ci sono nuovi protagonisti chiamati a svolgere questo ruolo. Ma bisogna procedere senza nevrosi.
Lei vede giovani lancieri?
Ho fatto la prima campagna elettorale per la Camera nell’83, i vecchi parlamentari facevano l’apologia del passato. Non si vive di nostalgie. Oggi insegno all’università e vedo una marea di ragazzi in gamba, diamogli spazio e mettiamoli alla stanga.
Con la vittoria del nazionalismo da noi, di Maga negli Usa, il consenso per democratici, per il centrosinistra potrà mai tornare competitivo?
Tornerà di moda, è ineluttabile. I limiti del sovranismo li dimostrerà il sovranismo. È anche il problema di Trump: o le cose che ha detto in campagna elettorale non le attua, e me lo auguro; o se le attua, finirà fuori dai binari.
Parlava di serenità istituzionale: il presidente Mattarella in pochi giorni ha risposto a Musk, aiutato Fitto e spiegato che, da arbitro delle istituzioni, ha firmato leggi che non gli piacciono.
Mattarella svolge la sua moral suasion senza strabismi. Con una frase ha spiegato i cardini della democrazia liberale: chi vince non è il padrone di fare quello che gli pare, ha pesi e contrappesi a cui si deve attenere. Anche il capo dello Stato. Questo significa che il nostro meccanismo istituzionale è in grado di governare i processi.
In grado di governare anche un esecutivo che esonda negli altri poteri?
Ciascuno deve fare il suo. Ma attenti alla politica che scommette sulla magistratura. Salvini lo devono mandare a casa gli elettori, non i giudici. Infatti ora anche i suoi avversari sperano che non venga condannato per non farne un martire. Lo scontro fra un politico e i magistrati finisce sempre così.
Invece i giudici della Consulta che hanno smontato l’autonomia differenziata non sono stati attaccati. Come mai?
Perché anche i più sprovveduti fra i parlamentari, quando hanno votato quella legge sapevano che non stava in piedi. Ora la Corte ha rimesso al centro il Parlamento, che il ddl Calderoli aveva espropriato del suo ruolo: è un’indicazione importante. E il referendum ormai è inutile: inutile incaponirsi contro quello che è già stato ampiamente smontato dalla Corte.
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