La candidata del Pd alla vicepresidenza del parlamento europeo: «I risultati delle elezioni in Europa? Non facciamoci illusioni: questa destra gode di ottima salute»
«La legislatura europea che sta per nascere sarà molto complessa, tante tensioni attraversano l’Europa e troppi nodi sono rimasti irrisolti: da una transizione ecologica ancora non socialmente desiderabile fino alla difesa della democrazia e della libertà. Credo che il Pd sia chiamato a tenere dentro il suo ruolo di responsabilità e un’agenda che tiene il punto su equità e diritti».
L’europarlamentare Pina Picierno è la candidata del Pd alla vicepresidenza del parlamento europeo. Il voto si svolgerà martedì a Bruxelles, in una seduta che proprio lei presiederà, come ex vicepresidente uscente. La seduta sarà particolarmente delicata: il giorno dopo va al voto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la cui elezione è ancora incerta.
La premier Giorgia Meloni in Europa è andata in forte difficoltà, la destra si è spaccata. Alla fine FdI voterà la presidente von der Leyen?
Toccherebbe chiederlo a Giorgia Meloni. È una difficoltà strutturale, figlia di scelte contraddittorie. Oggi fare l’interesse nazionale significa essere europeisti e occorre essere ben consapevoli che le istituzioni europee non sono dei tram da prendere all’occorrenza per rivendersi risultati nel dibattito interno.
Meloni sembra a un bivio: si trasformerà in una leader della destra moderata e atlantista, oppure risponderà al richiamo della foresta del suo alleato Salvini?
La contraddizione che vive Giorgia Meloni è frutto di un percorso di elaborazione confuso. Solo che in Italia la confusione la puoi mimetizzare in Europa l’affidabilità è centrale. Questa tendenza al caos ha già generato diverse difficoltà che gravano sulla percezione del nostro paese. Salvini cerca di capitalizzare la sua pericolosa radicalità. Mi chiedo di questo passo come faranno ancora a governare insieme.
Non è un segno di debolezza non rimuovere Orbán dalla presidenza del Consiglio dell’Ue?
Sì, è un segno di debolezza. Credo che Viktor Orbán non sia degno di rappresentare l’Unione europea. Il suo governo ha portato l’Ungheria fuori dagli standard minimi dello Stato di diritto e della democrazia liberale. Non incarna i nostri valori e non può essere mediatore di nulla.
Il nuovo gruppo dei “Patrioti” è nato per essere l’avamposto di Putin in Europa, scommettendo sull’elezione di Trump?
Sono la retroguardia del putinismo, l’Europa delle piccole patrie e del rancore. Se penso alla parola “patrioti” non mi vengono in mente Bardella e Vannacci, ma Viktorija Amelina e Anna Politkovskaja, due donne, due intellettuali che sono state uccise per mano di Vladimir Putin perché lavoravano per la libertà, la democrazia e la pace. Ognuno sceglie la parte della storia dove stare così come sceglie dove sedersi in parlamento.
Il Pd è diventato il primo partito di S&D, ha nuovi obiettivi in questa nuova stagione?
Dovremmo essere un contrafforte progressista importante all’interno della maggioranza del governo dell’Unione. Le destre radicali e sovraniste punteranno ad indebolire la missione di innovazione ecologica, sociale ed economica che è iniziata nella scorsa legislatura e non dovremmo permetterlo.
Sánchez, Starmer, Glucksmann, e la sinistra italiana: siamo entrati nelle elezioni europee temendo l’onda nera. Ci ritroviamo con il risveglio socialista?
Quando i progressisti e i democratici sono fedeli alla propria missione gli elettori lo riconoscono. Interpretare sogni e bisogni non è un esercizio retorico ma una prassi politica che paga. Anche in termini di voti. Ma non facciamoci illusioni: questa destra gode di ottima salute e occorre intraprendere con coraggio una nuova strada progressista e riformista che sani le ferite di chi si sente escluso dal futuro.
© Riproduzione riservata