Il video del killer suprematista in Nuova Zelanda inviato da Paolo Signorelli, l’ex portavoce del ministro. Piscitelli risponde rievocando il nazismo. Gli insulti ai giornalisti che indagavano tra estrema destra e malavita
Non ci sono solo due foto ravvicinate dell’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini, scattate dal narco-ultrà Fabrizio Piscitelli infiltrato nel comizio del politico, ma anche altro nella chat tra il trafficante di droga e Paolo Signorelli, nipote dell’omonimo fondatore di Ordine nuovo. Altro di disumano e macabro che Domani può rivelare. Signorelli si è dovuto dimettere da portavoce del ministro Francesco Lollobrigida per alcuni estratti della conversazione nei quali si offendevano gli ebrei e si esultava per l’assoluzione del criminale Elvis Demce.
Il cognato d’Italia, per salutare il fedelissimo dimissionario, nipote dell’ideologo dell’estremismo di destra negli anni delle bombe, ha ricordato che Signorelli è un abituale frequentatore di chiese e viaggia ogni anno in pellegrinaggio per Medjugorje.
La strage condivisa
Tracce di chiese, culti e dintorni si trovano anche nella chat risalente alla fine del 2018 e all’estate del 2019, pochi giorni prima dell’omicidio di Diabolik, ucciso al parco degli Acquedotti con la benedizione del vecchio padre criminale, il boss Michele Senese.
Dobbiamo tornare al 15 marzo 2019, quando alle 10.30 Signorelli invia a Diabolik un filmato che sembra un videogioco, ma in realtà è tutto vero. È un orrore internazionale con il marchio dei suprematisti. Si vede un uomo in auto che si avvicina a una moschea, prende i mitragliatori, entra e comincia a sterminare i fedeli nel giorno della preghiera. Una strage rivendicata come rappresaglia contro l’islam, in Nuova Zelanda quel giorno vengono uccise 49 persone dalla ferocia neonazista.
Sulle armi si leggono i nomi dei protagonisti di altre carneficine, su uno dei caricatori c’è anche quello di Luca Traini che, un anno prima a Macerata, aveva provato a colpire gli stranieri, «esco ad ammazzare i negri», aveva detto.
Un atto di terrorismo malvagio e disumano, utilizzando le parole del giudice che poi ha condannato l’autore, Brenton Tarrant.
Torniamo alla chat tra Signorelli e Diabolik, il primo condivide il video della strage e il secondo commenta così: «Sieg Heil». La frase, «fino alla vittoria», diventata famosa nella Germania nazista di Adolf Hitler.
Infami
Nella chat c’è anche altro che ci riporta in Italia. C’è l’odio verso Fabrizio Toffolo, altro capo ultrà, gambizzato due volte in passato nel 2007 e nel 2013, per Piscitelli è «una merda», da tempo era in rotta con il narco-ultrà, c’è anche l’orgoglio dell’appartenenza, «fascisti fino alla morte», e la guerra aperta contro i giornalisti che scrivono notizie e indagano sull’intreccio tra estremismo di destra, stadi e criminalità.
Il 28 marzo 2019 Signorelli invia un messaggio a Diabolik con il link di un articolo dal titolo «Svastica e malavita a Roma: ecco l’inchiesta che ha portato all’aggressione fascista». Di cosa si tratta? In quelle settimane l’Espresso, la cui proprietà era dell’attuale editore di Domani, aveva pubblicato un’inchiesta sul quartiere romano di San Lorenzo dove era stata violentata e uccisa Desirèe Mariottini, una ragazza di 16 anni, da un gruppo di criminali e spacciatori di droga.
In quell’inchiesta si raccontava la trasformazione in corso da anni di quel quadrante della capitale in un laboratorio della destra incrocio di estremismo nero, criminalità e ultrà.
Nell’articolo c’era anche un riferimento agli irriducibili e a Fabrizio Piscitelli che aveva partecipato al funerale dello storico leader dei Boys, Paolo Zappavigna. Il gruppo aveva aperto una sede proprio nel cuore del quartiere.
Erano settimane complicate per i cronisti, a gennaio Federico Marconi, collaboratore della rivista, era stato aggredito, mentre lavorava a quell’inchiesta. Proprio lui insieme a Giovanni Tizian (oggi collega di Domani, ndr) aveva firmato quel lavoro.
Signorelli manda il link dell’articolo a Diabolik, e sotto l’amico di Lollobrigida, assiduo frequentatore di chiese, portato nel cuore delle istituzioni dal cognato d’Italia, aggiunge: «Espresso vero nemico», prima di concludere: «Infami». L’infamia di chi racconta e fa il proprio mestiere.
Il cognato d’Italia
L’amicizia con Diabolik, di mestiere ultrà e trafficante di droga, di Signorelli era nota, ma non ha rappresentato un freno alla scelta di Lollobrigida di nominarlo portavoce. Proprio Lollobrigida, quando viene ucciso Diabolik, interviene per chiedere al questore funerali pubblici e non privati come inizialmente disposto. Non ha mai spiegato perché, potrebbe farlo in commissione parlamentare antimafia che dice di voler indagare sul caso.
Torniamo a quei giorni. Anche l’attuale sottosegretaria alla Difesa, Isabella Rauti, all’epoca senatrice, interviene in un post di una familiare di Diabolik per esprimerle vicinanza umana.
Funerali pubblici con cori e saluti romani nel silenzio dell’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, quel Salvini che Piscitelli era andato ad applaudire, con tanto di foto spedite a Signorelli, a un comizio elettorale.
Tre mesi prima di finire ucciso nella Roma del crimine e del silenzio.
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