Nel giugno 1932 la missione etnografica francese Dakar-Gibuti, guidata da Marcel Griaule entra in Abissinia. È rimasta bloccata per quasi due mesi alla frontiera tra Sudan anglo-egiziano e Etiopia. Solo dopo lunghe ed estenuanti trattative tra Parigi e Addis Abeba la situazione si sblocca, ma la missione è costretta a cambiare itinerario... troverà sistemazione nel consolato italiano di Gondar, che si offre di ospitarla. Inizia, così, un soggiorno segnato da un crescendo di tensioni con le autorità etiopi che Griaule cercherà di contenere appoggiandosi al console Raffaele Di Lauro.

Gli etiopi sospettano che la missione non abbia solo fini etnografici e che Griaule, ospite già nel 1929 del ras Hailù, governatore del Goggiam e strenuo oppositore dell’imperatore Hailé Sélassié, presso il quale l’etnologo intende nuovamente recarsi nel corso della Dakar-Gibuti, possa consegnare al riottoso capo legato agli italiani le armi che la missione ha in dotazione per autodifesa.

Situazione complicata dal misterioso delitto di un “commerciante” italiano, il cui cadavere viene depositato davanti alla tenda di due membri della Dakar-Gibuti che, in realtà, fa capo alla rete informativa di Roma nelle regione.

L’ingresso della Dakar-Gibuti in Abissinia coincide con una della fasi più intense della “politica periferica” dell’Italia fascista nel paese africano. Politica che Roma persegue... dopo la “svolta espansionistica” del 1929, anche attraverso la rete informativa e operativa che fa capo al ministero delle Colonie. Politica che fomenta il dissenso di alcuni ras amhara contro il Negus, fautore di un rafforzamento del potere centrale che intacca quello di stampo feudale del notabilato locale.

Il ruolo della Francia

La Francia reagisce ambiguamente alla politica italiana nell’area, nel tentativo di evitare l’allontanamento dell’Italia dallo schieramento uscito vincitore della prima guerra mondiale.

Parigi teme che un simile sviluppo possa mettere a rischio gli equilibri europei. Posizione che, nel 1935, troverà sbocco diplomatico nel patto Mussolini-Laval, siglato nell’intento di evitare la saldatura dell’Italia e della Germania.

È questa ondivaga condotta francese, che lascia ipotizzare il sostanziale via libera di Parigi alle richieste di Roma sul versante coloniale, a essere oggetto delle tensioni con l’Etiopia già nel 1932 e a riverberarsi, pesantemente, sulla missione Griaule.

Nel pianificare la tappa etiopica Griaule non aveva messo in conto particolari difficoltà politiche.

Ma quando l’etnologo giunge nel paese la tensione si fa sentire. In particolare, a causa del concomitante tentativo di rovesciamento del potere centrale etiope architettato dal barone Raimondo Franchetti, che intrattiene stretti rapporti con Mussolini. Una trama nella quale è coinvolto lo stesso ras Hailù. Sono simili relazioni pericolose a indurre Addis Abeba a diffidare di Griaule, tanto più dopo che la missione francese sarà ospite del consolato italiano di Gondar, ritenuto il più importante centro di sovversione di Roma nel paese.

Contrariamente a quanto sospettano gli etiopi, Griaule non è un agente coperto del governo francese.

Anzi, il ministero degli Esteri di Parigi, geloso custode delle proprie prerogative, si limita a fornire all’etnologo solo informazioni parziali sugli avvenimenti nel quale è coinvolto.

Griaule si ritrova, se non “cieco” agli eventi che prendono forma sotto i suoi occhi, quanto meno impedito nel coglierne, e controllarne, sviluppi e conseguenze.

Avvertendo la crescente ostilità etiopica, l’etnologo cerca riparo sotto le ali del console Di Lauro, uno dei più convinti e efficaci artefici in loco della politica di sovversione italiana.

Sviluppo che conferma agli etiopi l’ipotesi che il capo missione sia, quanto meno, colluso con i nemici.

Da qui la stretta marcatura, e i tentativi di impedirgli azioni, ritenute potenzialmente ostili poiché destinate a essere sfruttate da Di Lauro, in una partita che trasforma la Dakar-Gibuti in una sorta di “oggetto transizionale” nello scontro tra Italia e Etiopia.

Braccio di ferro che avrà termine solo con l’uscita della missione dal territorio etiopico nel dicembre 1932.

Non senza una sorprendente appendice, nei primi giorni del 1933, quando Griaule ottiene a Gibuti un colloquio privato con l’imperatore Hailé Sélassié. Incontro, assai burrascoso, del quale sarà testimone Michel Leiris, che ne darà conto nel suo diario intimo.

L’Africa fantasma

Ma, sia per i caratteri letterari di quella testimonianza, sia per la mancanza di informazioni sullo scenario interno e internazionale, lo scrittore non trarrà da quegli eventi alcuna organica conclusione di carattere politico in quella straordinaria opera che è L’Africa fantasma.

L’interesse di Griaule per l’Etiopia non si chiude con la fine della Dakar-Gibuti.

Tra il 1935 e il 1936 racconterà, dalle colonne di quotidiani e settimanali, prima i contrastati rapporti tra Addis Abeba e Roma, poi la guerra scatenata dall’aggressione italiana.

Guerra “moderna”, per quantità e qualità di truppe e armi impiegate, quella voluta dal regime di Mussolini nell’intento di conquistare l’agognato “posto al sole” in Africa.

La guerra fascista

Guerra ideologica perché concepita come “guerra fascista” ammantata dal proclama della “missione civilizzatrice” destinata a emancipare la “barbara” Etiopia dai suoi retaggi feudali.

Guerra che, in nuce, contiene già le derive razziali degli anni successivi, l’atteggiamento di disprezzo verso gli stati non totalitari e le istituzioni collettive come la Società delle Nazioni, la fascinazione per la politica del fatto compiuto.

Fattori che condurranno l’Italia, sin dalla successiva Guerra di Spagna, al progressivo avvicinamento alla Germania nazista e poi alla scelta di schierarsi con Hitler nel secondo conflitto mondiale.

Preda del senso di colpa per essersi appoggiato al console Di Lauro e, di riflesso, all’Italia fascista; irritato per l’uso strumentale che questa farà in funzione anti-etiopica dei suoi scritti e delle sue testimonianze - in particolare dell’indagine sulla schiavitù a Gondar, pubblicata in nome della libertà di ricerca nonostante il parere contrario della diplomazia francese-, Griaule prende decisamente le parti dell’Etiopia: prima affiancando, come consulente, la sua delegazione all’assemblea della Società delle Nazioni a Ginevra, poi divenendo consigliere personale dello stesso imperatore (infine) scrivendo il testo del vibrante discorso di denuncia sulle responsabilità dell’Italia pronunciato dal Negus dalla tribuna di una rassegnata Società delle Nazioni il 30 giugno 1936.


Una missione civilizzatrice. Marcel Griaule, l’Etiopia e l’Italia fascista (Meltemi, 2024) è il nuovo libro del sociologo Renzo Guolo, di cui pubblichiamo un estratto, tratto dall’introduzione

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