- Berlusconi dal letto d’ospedale è più influente di Salvini, specialista delle manovre sbagliate.
- Meloni sorride per lo schianto dell’alleato-nemico, Conte si aggrappa a tutto.
- Letta e Renzi, invece, attendono in (relativo) silenzio
Dicono che Maria Elisabetta Casellati si sia arrabbiata anche con lui perché, dal letto dell’ospedale San Raffaele di Milano dove si trova ancora ricoverato, abbia cercato di convincerla a non “sfidare” il voto dell’aula.
Poco importa Silvio Berlusconi ha comunque postato su Facebook un’immagine di lui con la presidente del Senato e un lungo post: «Il centrodestra ha trovato l’accordo per il voto di questa mattina, su Elisabetta Casellati che da presidente del Senato, seconda carica dello stato, diventerebbe prima carica dello stato».
«Io conosco Elisabetta Casellati – continua – da oltre 30 anni e posso garantire sulla sua assoluta adeguatezza a questo eventuale nuovo ruolo super partes. Per tale motivo mi rivolgo ai parlamentari di tutti gli schieramenti, per chiedere loro di sostenere la Casellati.
Dobbiamo assolutamente porre fine all’attuale spettacolo indecoroso che la politica sta dando di sé agli italiani e che l’opinione pubblica non riesce più a capire e a tollerare. Ringrazio di cuore tutti i parlamentari che daranno seguito a questo mio appello e mi auguro che finalmente il parlamento possa dare un segnale di responsabilità e di adeguatezza al ruolo che la Costituzione gli assegna. Lo spero davvero».
L’appello non ha avuto grande successo, ma poco importa. Alla fine Forza Italia ha impallinato Casellati mentre pubblicamente e privatamente i parlamentari azzurri invocavano il “ritorno” dell’ex premier.
C’è addirittura chi vorrebbe che ripensasse la sua decisione e si candidasse nuovamente al Quirinale. Di certo difficilmente il leader di FI avrebbe avuto più voti dei 328 ottenuti dalla presidente del Senato. E ora c’è chi, con il senno di poi, si domanda: ma non era meglio votare lui?
La sua leadership alla fine non esiste
L’illusionista ha sempre bisogno di nuovi trucchi altrimenti il pubblico s’annoia e si distrae. Così in serata, dopo aver tentato invano il trucco di Maria Elisabetta Casellati, Matteo Salvini estrae dal cilindro l’ennesimo «coniglio»: «Sono fiducioso. Ho avuto diversi incontri in giornata. Sto lavorando perché ci sia una presidente donna in gamba, non un presidente donna in quanto donna. Belloni? Non faccio nomi e cognomi, qualunque nome abbia fatto negli scorsi giorni aveva un no a priori, perché se lo dice Salvini allora non va bene. Mi auguro che domani il parlamento dia dimostrazione di lucidità, concretezza, rapidità».
Volendo essere pignoli bisognerebbe dire che in questi ultimi giorni il meno lucido, concreto e rapido della compagnia è stato proprio il leader della Lega. E pensare che dopo la figuraccia fatta con Casellati possa essere lui a dettare tempi e regole del gioco, è pura illusione.
Esattamente come nel 2019, all’epoca della crisi del Conte I, Salvini ha dimostrato di non avere la stoffa del leader.
Ha decantato per settimane il fatto che il centrodestra, avendo la maggioranza dei grandi elettori, aveva l’onere di avanzare una proposta. Poi, alla prova dei fatti, non è riuscito a controllare né Fratelli d’Italia (che nella votazione ha lanciato il candidato di bandiera Guido Crosetto mentre tutti gli altri sceglievano la scheda bianca) né Forza Italia (che ieri, senza troppi sforzi, ha dato il benservito alla presidente del Senato che di quel partito fa parte).
Non c’era certo bisogno di questa elezione quirinalizia per capire che il centrodestra unito non esiste e che Salvini è solo il leader della Lega, peraltro a fatica. Oggi dovrebbe andare in scena l’ultimo show. Chissà se alla fine ci sarà veramente una presidente donna (anche Giuseppe Conte ne ha parlato). Il rischio dell’ennesimo flop è dietro l’angolo.
Granitica e leale ma non si fida
Giorgia Meloni si è molto arrabbiata per il modo in cui la sua coalizione, il centrodestra, ha candidato Elisabetta Casellati, ma tutto sommato non le è dispiaciuto vedere andare a sbattere il collega Matteo Salvini, vero artefice della disfatta di ieri.
C’è un breve retroscena che vale la pena raccontare per capire come si muove la leader di Fratelli d’Italia in queste ore. La sera di giovedì 27 gennaio, dopo la quarta votazione andata a vuoto, circolano alcuni messaggi nelle chat dei parlamentari di Forza Italia in cui alcuni si lamentano nuovamente del ritiro della candidatura del loro leader, Silvio Berlusconi. E riprendono a sostenerla.
La notizia arriva fino alla riunione tra i tre leader del centrodestra, Salvini, Meloni e Antonio Tajani, che sostituisce Berlusconi ormai da giorni ricoverano all’ospedale san Raffaele. Meloni, raccontano fonti della coalizione, non ha preso bene la richiesta, un po’ bizzarra, avanzata dai parlamentari berlusconiani.
È stato probabilmente questo malumore che ha convinto la leader a chiedere di nuovo a Salvini di proporre un nome forte di centrodestra. Ma la scelta è ricaduta goffamente su Casellati non amatissima tra i compagni del suo partito, Forza Italia, che infatti le hanno votato contro.
La leader, nelle ore dopo il voto, ha inviato alla stampa una dichiarazione in cui ha accusato apertamente i compagni di coalizione: «C’è chi in questa elezione, dall’inizio ha apertamente lavorato per impedire la storica elezione di un presidente di centrodestra. Le decine di milioni di italiani che credono in noi non meritano di essere trattati così».
Ma in ogni caso Meloni ha ottenuto, volontariamente o involontariamente, la brusca frenata della leadership di Salvini. E ha mostrato che i suoi parlamentari le sono leali, che il partito è granitico, anche quando si tratta di un candidato non gradito, come è successo ieri.
Rilanciato sull’asse Mattarella-Belloni
Il presidente del Movimento 5 stelle nelle ultime ore ha dovuto combattere per dare alle trattative la sua impronta. Con le quotazioni di Elisabetta Belloni in crescita, ma anche Mattarella e Mario Draghi ancora sul tavolo, Giuseppe Conte deve giocarsi bene le sue possibilità per imporre il nome del capo dello stato uscente o quello della capa del Dis, che preferirebbe.
Nel corso del pomeriggio la comunicazione dell’ex premier ha fatto circolare con insistenza la notizia di contatti di Conte con il centrodestra: un modo per rilanciare la centralità del leader dei Cinque stelle, che negli ultimi giorni era apparso in alcuni momenti subalterno all’altra figura di rilievo del fronte progressista, il segretario del Pd Enrico Letta.
Belloni è da sempre una delle opzioni preferite fra i grandi elettori del Movimento, equidistante tra chi simpatizza per Conte e i fedelissimi di Luigi Di Maio. Per Conte, anche convergere su Mattarella renderebbe facile spuntare le armi attualmente in mano al suo avversario interno Di Maio.
Il ministro degli Esteri da giorni sta inviando messaggi al presidente, facendo campagna per il nome del presidente uscente e dimostrando così che i grandi elettori Cinque stelle sono tutt’altro che compatti con Conte.
Il segnale uscito dalla sesta chiama, in cui Mattarella ha preso 336 voti, è forte e segna il punto di ripartenza per le trattative di oggi: per il Movimento il capo dello stato uscente è passato da spauracchio da mettere in stato d’accusa a garanzia solida per portare a termine la legislatura.
Draghi, l’alternativa preferita da Di Maio, per Conte rappresenterebbe una soluzione difficile da difendere. Belloni raccoglierebbe i consensi più ampi nel gruppo e rappresenterebbe una riedizione dell’asse gialloverde del Conte I.
Parla poco e va a braccetto con il Pd
Matteo Renzi ha scelto da che parte stare ed è quella del Pd. Continua con i suoi contatti trasversali ed è l’unico leader che continua a parlare in ogni direzione, ma l’asse preferito è quello con i dem.
Non a caso, dopo il flop di Elisabetta Casellati, ha lanciato un appello: «È il momento della saggezza, del buon senso e della ragionevolezza». Tradotto: l’elezione al Colle non può che chiudersi con un pareggio, se qualcuno pensa di vincere trascinerà tutti in un rebus senza soluzione.
Per questo Italia viva ha scelto di astenersi nei due scrutini e ora lavora perché si apra il fronte di centrodestra alla disponibilità di trovare un nome che convinca tutti quelli che fanno parte del governo. Questa, infatti, sarebbe la convinzione di Italia viva: bisogna portare Salvini a capire che l’accordo va trovato dentro l’alleanza di governo, perché solo così la legislatura non si interromperà anzitempo.
Renzi continua ad avere più nomi in mente: non ha ancora del tutto rinunciato a Pier Ferdinando Casini, potrebbe lavorare anche su quello di Mario Draghi, inserendosi poi nella dinamica della creazione della nuova premiership, sarebbe disponibile a ragionare anche su Giuliano Amato. Mentre si è detto contrario sull’ipotesi del capo dei servizi Elisabetta Belloni.
È attento a coordinare le mosse con il Pd perché si rende conto di quanto il Movimento 5 stelle sia instabile in questa fase e di come non lo si possa lasciare autonomo. Per questo Iv, che con i grillini ha sempre avuto un rapporto non idilliaco, ha scelto in questi giorni la linea del silenzio.
Nessun attacco, nessun commento tranciante sulla capacità di leadership di Giuseppe Conte. Anche in questo modo aiuta il Pd a gestire il delicato rapporto con un gruppo che è sempre meno coeso. Anche Renzi, infatti, sa che la difficoltà sarà arrivare a scrivere un nome sulla scheda dopo tanti giorni di bianca e astensioni e, visto come è deragliato il centrodestra, è necessario non dare nulla per scontato.
In surplace dopo il sorpasso a destra
Dopo la durezza, arrivano le aperture. Enrico Letta sta interpretando il suolo di leader del centrosinistra preferendo il silenzio alle parole, a differenza del suo collega sul fronte opposto.
Ha scelto di far astenere i suoi e di scommettere sullo schianto della coalizione di centrodestra, poi ha aspettato la crisi di nervi di Salvini e infine ha aperto al dialogo: «Adesso si comincia e faremo di tutto per trovare una buona soluzione rapidamente», ha detto dopo il suo incontro con il leader della Lega.
Dopo aver lasciato che il centrodestra si dividesse, ora Letta sarebbe pronto a mettere sul tavolo la sua rosa di quirinabili super partes. Nella lista dovrebbero esserci anche Elisabetta Belloni, che tuttavia non convince tutto il Pd, ma anche Giuliano Amato, Mario Draghi e Sabino Cassese.
Secondo fonti dem, il candidato nascosto rimarrebbe Sergio Mattarella, con cui ci sarebbero stati primi abboccamenti per sondare cautamente lo stato d’animo del presidente ancora in carica.
Tuttavia, Letta rimane fedele alla regola del silenzio e, in pubblico, continua a dire che «di nomi non parlo pubblicamente per un motivo molto semplice: in una situazione come questa qualunque nome io faccia è un nome che naturalmente ha difficoltà». L’unica cosa che trapela è un leggero ottimismo, anche per come il gruppo Pd ha tenuto i nervi saldi e non si è sfaldato, nemmeno a livello comunicativo.
Letta sa che la sua vera scommessa è quella di tenere insieme il Movimento 5 stelle, anche in vista della prosecuzione della legislatura. Non a caso, la sua sintesi di giornata è che, per salvare l’attuale parlamento ed eleggere un presidente in tempi rapidi, «la soluzione passa attraverso il fatto che tutti accettiamo che tutti siamo vincitori e che non c’è un solo vincitore». Ora, il suo obiettivo è convincerne anche Salvini e separarlo dalla stretta con Giorgia Meloni, riformando la maggioranza di governo.
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