Giampaolo Rossi vede la poltrona che desidera ormai da anni a portata di mano. Stamattina il Parlamento si esprimerà sulla scelta dei nuovi consiglieri d’amministrazione della Rai. Il centrodestra ha trovato la quadra: alla Camera voterà Federica Frangi di area meloniana e al senato Antonio Marano, quota Lega. Il Movimento 5 stelle ha annunciato ufficialmente che voterà. E probabilmente si orienterà su Alessandro di Majo, da sempre candidato in pectore: «Si tratta di servizio pubblico, non di un affare privato. È una questione di garanzia, di vigilanza» ha detto Giuseppe Conte.

Il capogruppo in Vigilanza Dario Carotenuto arriva addirittura a punzecchiare il Pd: «Non rompano il fronte delle opposizioni e mettano al centro il bene della Rai, prendendo parte al voto sul rinnovo del cda». Che i Cinque stelle partecipassero al voto d’aula era ormai quasi certo, così come la presenza di Avs, che convergerà sul nome di Roberto Natale.

Tra i due gruppi il feeling è sempre stato ottimo, non stupisce perciò che siano già in corso gli ultimi contatti per far convergere i voti sui due candidati. O meglio, per traghettare Natale oltre le forche caudine del parlamento, visto che da soli i voti di Avs rischiano di essere pochi: probabile che l’ex segretario Usigrai sia il prescelto alla Camera, dove potrebbe essere eletto da una componente di Sinistra e Verdi più ampia che al Senato e dai 50 voti del M5s. Sempre che la destra non decida di procedere a qualche tiro mancino.

Intanto, il Pd resta in alto mare. Mentre sembrerebbe tramontata – almeno alla vigilia – la suggestione del soccorso di maggioranza a un candidato sponsorizzato da Italia viva, i dem continuano sulla loro linea «testardamente unitaria», come ama dire la segretaria.

Ancora martedì sera la sua linea era che prima delle nomine del nuovo cda il parlamento dovrebbe procedere alla riforma della governance, peccato che il voto incomba e il partito sia ancora spaccato tra chi spinge per l’Aventino e chi vuole partecipare al voto, anche se il nome da lanciare eventualmente sarebbe ancora da decidere. Vero è che i candidati d’area non mancano, ma tra grandi saggi lanciati nei giorni scorsi e professionisti di mezza età emersi nelle ultime ore – non ultimo Goffredo De Marchis – la soluzione si potrebbe ancora trovare.

Salvo azzeccare la quadra con i gruppi parlamentari, impresa mai semplice nel coordinamento della linea del Nazareno con i suoi parlamentari. La prospettiva, in ogni caso, è che i rapporti dentro al campo largo si inaspriscano. Lo spin fatto circolare dai (presunti) alleati è che il Pd sia testardamente isolato con una linea che escluderà il partito dalla Rai e lascia la segretaria senza un punto di riferimento organico a viale Mazzini, dove chi si sente più vicino all’area dem – ma spesso non a quella schleiniana – rimarrà senza interlocutore.

Peggio ancora se alla fine dovesse rompersi l’unità delle opposizioni – che per il momento continua a essere sbandierata come inscalfibile – in commissione Vigilanza. Quando, verosimilmente a metà settimana prossima, l'organismo di garanzia sarà chiamato a confermare la presidenza di Agnes tutto il campo largo dovrebbe uscire dall’aula. Altrimenti, il numero legale rischia di esserci e la destra di portare a casa la sua presidente designata.

Nel frattempo, per dare credito alla sua posizione di opposizione – anche se la sensazione che il Movimento stia giocando su più tavoli permane, soprattutto tra i dem – i Cinque stelle sottolineano come la maggioranza abbia promesso di incardinare la riforma della governance subito dopo il voto, la prima settimana di ottobre. Una prima conquista, dal loro punto di vista.

Caso Insegno

Ma la Vigilanza è lontana, e intanto in azienda il tracollo si misura di giorno in giorno. Nessuno si prende la responsabilità di decisioni fuori dall’ordinario, né di mettere in discussione le scelte prese negli ultimi mesi. Per esempio quella di consegnare a Pino Insegno un gioiellino della Rai come Reazione a Catena. Già passato anni fa dalla conduzione di quel programma, il doppiatore lo aveva messo nel mirino fin dal suo ritorno nel servizio pubblico l’anno scorso, quando invece gli fu affidato il Mercante in Fiera, con risultati pessimi.

Nonostante il pessimo antipasto, i vertici hanno tirato dritto e gli hanno offerto anche il piatto forte. Insegno era rimasto a galla in estate, quando contro di lui aveva soltanto le repliche della Ruota della fortuna, ma la sua situazione è peggiorata drammaticamente quando Gerry Scotti si è rimesso in gioco davvero. «Insegno deve ringraziare Myrta Merlino» dicono i dirigenti che scorrono ogni giorno con sgomento gli ascolti, che difficilmente vanno oltre il 23 per cento. Insegno da settembre viaggia in media due-tre punti percentuali sotto a quanto faceva Marco Liorni l’anno scorso e la consapevolezza è che, se Scotti avesse un traino migliore, il bilancio sarebbe ancora più deprimente. «Adesso, per fortuna, Pomeriggio cinque non chiude mai oltre il 13-14 per cento. La Ruota della fortuna recupera l’impossibile»: effettivamente, Scotti consegna la fascia al Tg5 sempre sopra al 20 per cento, mentre Gian Marco Chiocci al Tg1 è molto meno fortunato. Il notiziario della rete ammiraglia riesce sempre a grattare altri uno-due punti rispetto alla fine di Reazione a Catena, ma certo non è il 25-26 per cento su cui il Tg1 poteva contare l’anno scorso, con la conduzione di Liorni.

La riunione che la scorsa settimana ha raccolto attorno a un tavolo il capo del day time – responsabile di Insegno – Angelo Mellone, Chiocci, il responsabile palinsesti Stefano Coletta e la capo del marketing Roberta Lucca non ha prodotto nessuna soluzione. I vertici sperano di salvare il salvabile intervenendo sulla scrittura e velocizzando qualche gioco, ma la consapevolezza che corre per i corridoi di viale Mazzini è che perfino un programma blindato come Reazione a catena non ha retto a Insegno.

«Il problema è lui» si sente ripetere qua e là, anche se c’è chi prova a sottolineare come la Ruota della fortuna piaccia generalmente di più di Caduta libera, avversaria autunnale del gioco su Rai1 l’anno scorso. Per il momento un’anticipazione della fine del programma il cui termine naturale è previsto per inizio novembre non è in discussione. Certo, in che condizioni sarà la fascia del preserale quando il doppiatore – i cui rapporti con Meloni non sono neanche più tanto brillanti, dicono – la riconsegnerà è tutto da vedere.

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