Da oggi in Vigilanza si cercherà di fissare la data per la conferma di Agnes, che per ora continua a non avere i voti. Floridia promette che sarà dopodomani. Ma FI vuole prendere tempo
Anche in commissione di Vigilanza Rai la giornata di ieri si è conclusa con una fumata nera. E anche in quest’occasione, incredibilmente, il campo largo è rimasto unito da Azione (che è ancora rappresentata da Mariastella Gelmini) ad Avs. La discussione per fissare la data del primo voto per confermare alla presidenza di viale Mazzini Simona Agnes continuerà stamattina in plenaria, dopo che l’ufficio di presidenza non ha trovato un accordo sul giorno. E se le opposizioni hanno spinto per andare al voto il prima possibile, la maggioranza ha frenato.
Chi spinge per rinviare
In particolare Forza Italia, poco desiderosa di veder fallire la sua presidente designata. «Non possono accettare di vederla respinta, neanche una volta» confida chi, a differenza dei forzisti, è già convinto che la prima votazione andrà a vuoto (al momento al centrodestra mancano ancora due voti per raggiungere i 28 necessari per confermare Agnes).
Gli azzurri vorrebbero guadagnare più tempo possibile, nel migliore dei casi anche un paio di settimane, per provare a negoziare fino all’ultimo un accordo che garantisca il via libera alla propria candidata. Fratelli d’Italia li ha seguiti a ruota, un po’ per assecondare un alleato piuttosto riottoso nell’ultimo periodo e magari condurlo a più miti consigli, un po’ per non lasciare la scena alla Lega, il cui consigliere d’area Antonio Marano attualmente detiene – e a questo punto deterrà ancora – la presidenza ad interim. E tutto questo anche se Agnes, soprattutto se il conflitto tra Forza Italia e meloniani dovesse esacerbarsi, rischia di diventare un’arma in mano ad Antonio Tajani.
Peraltro, finché non si insedierà un presidente dotato di pieni poteri, sarà difficile fare altre nomine. Anche quelle che sono in programma per fine novembre, quando vanno rinnovate le direzioni di Tgr, Rai News, Rai Sport e Tg3.
La Lega nicchia, desiderosa di mantenere la propria posizione di vantaggio più a lungo possibile. Anche oggi, anticipano, sarà più osservatrice che interventista. Dalle parti di Noi moderati, addirittura, già guardano a rinviare il più lontano possibile la seconda votazione, convinti che la prima sarà inutile. E così tutto rinviato, ma al massimo fino a venerdì.
La presidente della Vigilanza, Barbara Floridia (M5s), ha promesso che fisserà la votazione entro dopodomani, visto che il regolamento della commissione prevede che il voto sia convocato entro dieci giorni dalla ricezione della lettera di designazione da parte del cda. E il termine scade questa settimana.
«È gravissimo quanto sta accadendo. Mi auguro che non vogliano boicottare la funzionalità della commissione perché sarebbe una grave lesione parlamentare il fatto di non far stabilire una data che prevede la legge e il regolamento», dice il capogruppo Pd in Vigilanza, Stefano Graziano.
La ritorsione
Ma la promessa di forzare la mano non è piaciuta alla maggioranza, che promette di ripagare l’irrigidimento con la stessa moneta. «Ci sono in ballo diverse cose che stanno a cuore alle opposizioni, gli Stati generali, le nomine, la riforma Rai...»
Il tavolo che vuole aprire Floridia, in particolare, non si può mettere in piedi senza un presidente convalidato dalla commissione di Vigilanza, spiegano da destra. Per non parlare della riforma della legge sulla governance, che sarà il prossimo grande compito da affrontare per tornare in un regime di osservanza dell’European Media Freedom Act.
Per adesso, tra i testi depositati al Senato dove il presidente Ignazio La Russa ha promesso di incardinare il progetto a inizio mese, offrendo ai Cinque stelle un’apertura, manca all’appello quello di Fratelli d’Italia.
Ieri pomeriggio però è filtrata l’indiscrezione che potrebbe essere anche l’esecutivo stesso a proporre un testo da cui partire per la riforma: in un clima di estrema tensione un messaggio neanche tanto cifrato alle opposizioni, che di questo passo «rischiano di non toccare palla», commentano dalla maggioranza. Insomma, o il rinvio, o gli Stati generali e la riforma. «E il Tg3», aggiungono dal Pd, dove perdurano i sospetti nei confronti dei forse-alleati del Movimento 5 stelle, che già si sono mostrati pronti a restare in aula per votare il consigliere d’amministrazione mentre i dem erano usciti per protesta.
Che in due settimane si possano trovare i voti per eleggere Agnes sembra improbabile, ma nessuno, a questo punto, si sente di escluderlo. Anche se, almeno per il momento, il fronte delle opposizioni resta compatto e tutti promettono di uscire dall’aula. Ma la situazione si fa più tesa di ora in ora e c’è chi teme che l’unità si possa infrangere su un’offerta troppo ghiotta.
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