Il centrosinistra si è dichiarato aperto a includere nuove forze. Ma serve «condivisione» con i «vertici nazionali». Ma contro Iv ci sono i paletti di Conte. Paita: «Le alleanze si faranno o no sui contenuti, non sulle antipatie personali»
Giornate da bollino rosso in Liguria, per il caldo sahariano ma anche per la temperatura politica in vista delle prossime regionali. I due schieramenti faticano e sudano: la destra a trovare un candidato presidente, la sinistra a trovare una quadra dell’alleanza. Sul nome la destra è in pieno stallo. Evaporata l’ipotesi del leghista Edoardo Rixi, snobbata quella del forzista Carlo Bagnasco – come in Emilia-Romagna, i partiti di destra non vogliono mettere la faccia sulla sconfitta – sale la candidatura di Pietro Piciocchi, vicesindaco di Marco Bucci a Genova. Picciocchi è un nome per una coalizione che ha archiviato ogni ambizione. Eppure un po’ di fastidio al centrosinistra, che pure ha ormai in Andrea Orlando un riferimento condiviso, potrebbe darlo.
Da quest’altra parte a movimentare le acque è il ritorno di Italia viva nell’alleanza. I renziani a Genova sono in maggioranza, con due consiglieri e un assessore, sebbene senza le insegne di partito (si sono candidati in una civica). Ma nell’ala sinistra del campo largo – M5s, rossoverdi e Lista Sansa – la condizione minima per riammettere il figliol prodigo è che rompa con il sindaco, considerato un pilastro del «sistema Toti-Bucci». Condizione irrinunciabile? Si procede con cautela.
Lunedì 12 agosto si sono riuniti i rappresentanti dell’opposizione regionale (Pd, M5s, Linea condivisa, Azione, Lista Sansa e Avs), hanno tracciato le prime linee programmatiche (sanità pubblica, difesa dell’ambiente, eccetera) e hanno segnalato la loro apertura a un allargamento dello schieramento, ovvero alla necessità di includere «in un percorso partecipativo ampio, le proposte di partiti, di movimenti e di tanti che reputano necessaria la costruzione di un’alternativa alla destra per la Liguria».
Il buon proposito ferragostano è a doppio taglio: quello «di arrivare, in condivisione con i vertici nazionali, alla definizione del candidato alla presidenza nei tempi più brevi». Tradotto: noi qui ci muoviamo, ma anche i “vertici nazionali” battano un colpo.
Dai vertici nazionali i colpi che si battono sono molti. Tutti diversi. C’è stata l’apertura politica di Elly Schlein a Renzi, e quella di Renzi a Schlein. Ma Giuseppe Conte sulla Stampa ha piantato un suo paletto nazionale: sì all’alleanza ma «sarà impossibile offrire spazio a chi, negli anni, non ha mai mostrato vocazione unitaria ma solo capacità demolitoria e ricattatoria». Leggasi Renzi: «Non è una questione personale», spiega Conte, «Non mi posso fidare di chi da tempo più che politica fa affari in giro per il mondo. La somma aritmetica poi non funziona: persone così invise portano qualche voto e ne tolgono molti di più».
È un niet? E avrà conseguenze anche nelle prossime regionali? Renzi viene descritto come «tranquillo». Forse francamente se ne infischia, come sua tradizione. Replica invece Raffaella Paita, coordinatrice Iv e numero uno del partito in Liguria: «Con buona pace di Conte, le alleanze si faranno o non si faranno sulla base dei contenuti e non delle antipatie personali. Capiamo che l’avvocato del Popolo non si sia ancora ripreso dalla sostituzione con Mario Draghi, ma i piccoli momenti di sofferenza personale sono niente rispetto all’esigenza di costruire un’alternativa per il Paese».
Del resto a suo modo Iv ci mette impegno. Il capogruppo al Senato Enrico Borghi ha proposto un «contratto alla tedesca» per le coalizioni regionali – vanno al voto anche L’Emilia-Romagna e l’Umbria –, che sono per lui il vero terreno su cui «ci si deve esercitare, per consentire l’effettiva nascita di una coalizione di governo, che sappia stare al governo con la testa di chi sa che vuole governare, e non – come accade oggi alla destra – con la testa di chi è rimasto all’opposizione». E comunque, è la battutaccia finale, «se i compagni torneranno al governo lo dovranno a noi cariatidi del Partenone Dc».
Ma in concreto, il ritorno nel centrosinistra ligure val bene un addio alla giunta Bucci per gli esponenti locali di Iv? Vedremo. Intanto Paita invita alla sincerità: «Se vogliamo costruire un programma alternativo a quello che è stato di Toti, ricordo che noi contro Toti ci siamo battuti, io in prima persona e alle elezioni successive Iv con un proprio candidato. Quanto a Bucci, immagino che il giudizio di tutti sia un po’ più articolato. A partire da quello di Giuseppe Conte, che da premier investì sul sindaco di Genova per la ricostruzione del ponte Morandi».
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