- L’ex europarlamentare è considerato il candidato più forte. Il suo nome è ben visto da Claudio Mancini, ascoltatissimo consigliere di Gualtieri. Ma anche da Zingaretti. Perdere un collegio sarebbe uno smacco per il sindaco appena insediato. Ma più per Letta.
- Il segretario preferirebbe una donna. Ma una sconfitta alla vigilia del voto del Colle sarebbe un passo falso, peggio se finisse per i grandi elettori romani irritati.
- Sullo sfondo il tetris delle caselle della Capitale: dal segretario cittadino del Pd al prossimo candidato presidente della regione. Gasbarra potrebbe essere buono anche per quella corsa, per cui si preparano anche l’assessore D’Amato e il vicepresidente Leodori.
Dieci giorni, ora più ora meno, tanto manca alla scelta di un altro candidato – o candidata – del Pd. E cioè pochissimo. Il governo ha indicato nel 16 gennaio 2022 la data delle elezioni suppletive al Collegio Roma 1, quello lasciato libero da Roberto Gualtieri alla sua elezione a sindaco.
Simbolo e nome vanno consegnati entro 30 giorni dal voto, gli sherpa consigliano 34 o 35. Così ora i dem devono affrontare una decisione che può accorciare o allungare lo scarso chilometro che c’è fra il Nazareno e Campidoglio.
«Scelgono i territori» è stato l’imperativo che Letta ha seguito per la sua candidatura alle suppletive di Siena, e infatti per lanciarsi ha aspettato che l’invito gli arrivasse dalla direzione cittadina del Pd. A Roma è stato preso in parola.
I maggiorenti della Capitale in queste ore spingono sulla candidatura di Enrico Gasbarra, detto «il grande Gasby» per l’aria elegante e da bonvivant. Gasbarra è l’eterno candidato a tutto: da sindaco a presidente della regione Lazio. Ma, benché non ancora sessantenne, ha anche già fatto praticamente tutto: iscritto alla Dc da minorenne – aveva 16 anni – nell’‘85 è presidente (stravotato) del Municipio 1 di Roma (in gran parte coincide con il Collegio 1, è casa sua), nel ‘93 – sindaco Rutelli – è presidente del consiglio comunale, nel 2001 vicesindaco di Veltroni, nel 2003 presidente della provincia, nel 2008 deputato e nel 2014 eurodeputato (con una valanga di preferenze).
Gasbarra è di rito gentiloniano ma a Roma è amico di tutti. Il suo nome è benvisto da Claudio Mancini, il regista della vittoria di Gualtieri e suo ascoltatissimo consigliere. Perché è un candidato forte: perdere un collegio sotto il regno di Gualtieri sarebbe uno smacco per il sindaco. Ma di più lo sarebbe per Letta: una brutta premessa per il voto del Colle, peggio se con i grandi elettori romani irritati. I malpensanti sostengono invece che dalle parti del Campidoglio si voglia evitare che qualcuno proponga Gasbarra come segretario del Pd provinciale: presto servirà un successore del giovane Andrea Casu, appena eletto alla camera, sarà l’interlocutore del Nazareno sui candidati romani alle politiche.
L’ex eurodeputato va bene anche al presidente della regione Nicola Zingaretti, che potrebbe essere candidato proprio in quel collegio, ma alle prossime politiche; e in molti si aspettano che quello di Gasbarra sia un «giro» di servizio, senza pretesa di restare oltre.
Anche perché Roma e il Lazio sono tutto un tetris di caselle. Le politiche potrebbero coincidere con le regionali. Bene: Gasbarra è papabile anche per la presidenza della regione. L’anno da deputato potrebbe fare da trampolino per rientrare nella parte del politico in servizio attivo visto che, finito il mandato a Bruxelles, da due anni ha «preso una pausa» – così ha spiegato ai suoi amici – dalla prima fila. Non dalla passione politica: è rimasto in direzione nazionale, durante le amministrative è stato «sul pezzo», e ieri – per dire – era a Latina per un’iniziativa. E però dal giugno scorso ha accettato di guidare la «Funzione Security, Compliance & Risk Management» della Tim Sparkle, una controllata di Tim, una funzione delicata e con delega operativa.
Un incarico che dovrebbe lasciare, in caso di ritorno a Montecitorio. Per opportunità, e anche perché al Nazareno le porte girevoli e i conflitti di interesse non sono benvisti, leggi alla voce Padoan e Minniti.
Torniamo alla futura corsa del Lazio: circola anche il nome di Alessio D’Amato, outsider e assessore della sanità (mercoledì scorso in un dibattito pubblico Letta ne ha tessuto le lodi) e quello del vice di Zingaretti, Daniele Leodori, cavallo di razza dell’area Franceschini. Ma in caso di primarie il nome di Gasbarra resterebbe forte.
Sulle suppletive dal lato Nazareno la riflessione è in ritardo. Difficile per Letta dire no a una proposta che arrivasse dal presidente della Regione – che ha un rapporto fortissimo con il segretario nazionale –, dalle parti del sindaco di Roma (i suoi fanno sapere che «lui certo non se ne occupa»), oltreché dal “territorio”. Al momento si sa che il nazionale preferisce eleggere donne, per riequilibrarne l’assenza alle ammistrative: forse Cecilia D’Elia, portavoce della conferenza delle donne Pd, o più probabilmente Anna Maria Furlan, l’ex segretaria Cisl scelta fra i garanti delle Agorà.
Peraltro su lei potrebbe convergere Carlo Calenda, se Azione decidesse di non avere un suo nome nel collegio, come a Primavalle.
Lo spazio di riflessione è stretto non solo in termini di giorni, ma anche di voti. Allo scorso giro nel Collegio Roma 1 ha votato il 17 per cento dei 160mila aventi diritto, cioè circa 30mila cittadini. La zona, centralissima, è un feudo progressista. Ma l’affluenza ormai è precipitata così in basso che con relativo sforzo la destra, disarcionata male alle comunali, potrebbe tentare uno scherzetto. Non passerebbe contro la corazzata Gasbarra: in ogni elezione è andato fra il forte e il fortissimo.
Dal Nazareno per ora la telefonata non è partita. Ma la scelta è amletica: imporre un nome meno in linea con lo skyline della Capitale e i suoi uomini forti significa rischiare la sconfitta e un passo falso sulla strada del Quirinale. Meglio l’usato sicuro, e per una donna finirà che anche stavolta sarà per la prossima.
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