La Autostrade dello stato, voluta dalla Salvini, è nata ad aprile ma è rimasta ferma. E ora arrivano 353 milioni. Sulla 3-i Fratelli d’Italia ha tentato il blitz per ampliare le funzioni della società dopo una serie di nomine discusse
La tradizione del carrozzone pubblico made in Italy non poteva venire meno con un governo come quello presieduto da Giorgia Meloni, che fa dell’italianità il proprio marchio distintivo. Dalle autostrade, con la “Anas 2”, all’innovazione, con la fondazione Chips.it e la società 3-i spa, fino alla gestione delle acque nelle regioni meridionali, con Acque del Sud spa, con la destra al potere fioriscono società e fondazioni governative che poi rimangono in sospeso, a drenare risorse. Ma che mettono a disposizione poltrone utili per amici e fedelissimi.
Il paradosso è che alcune di queste società sono tra quelle che il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, in versione mani di forbice, vorrebbe colpire con la legge di Bilancio, in esame alla Camera, tagliando le remunerazioni dei vertici. E piazzando un rappresentante del dicastero come guardiano dei conti.
Epopea 3-i
La storia della 3-i spa è un intreccio tra innovazione mancata e nomine sbagliate. La società è nata con il governo Draghi nell’ambito degli obiettivi da realizzare del Pnrr. Ma con l’esecutivo di Meloni è finita su un binario morto. Con un capitale sociale da 45 milioni di euro avrebbe dovuto gestire l’information technology di Inps, Istat e Inail, che sono proprietarie delle quote societarie sotto la supervisione del ministero del Lavoro guidato da Marina Elvira Calderone e della presidenza del Consiglio.
La 3-i ha bandito una serie di concorsi per assunzioni e collaborazioni. Di concreto poco o nulla, se non un disavanzo di bilancio di 168mila euro accumulato in due anni. Finora la società è ricordata più che altro per gaffe e nomine chiacchierate. Il primo presidente è stato Claudio Anastasio, che ha inviato un discorso motivazionale ai dirigenti con una citazione di Benito Mussolini. Inevitabili le dimissioni.
Al suo posto è arrivato Gennaro Terracciano, uomo considerato vicino a Gaetano Caputi, capo di gabinetto a palazzo Chigi. Terracciano ha lasciato ad aprile, ritenendo di aver terminato i propri compiti di avvio della società. Da allora non è stato nominato ancora un sostituto. Figura come facente funzione Maurizio Mensi, attuale vicepresidente.
L’unica certezza è stata, nel 2023, la nomina di Stefano Acanfora come direttore generale, vecchia conoscenza del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Acanfora, da dirigente della regione Lazio, aveva firmato nel 2017 una consulenza da 166mila all’allora semplice dirigente di Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni ha tentato il blitz – per rivitalizzare 3-i – con un emendamento in manovra, firmato dal capogruppo alla Camera, Tommaso Foti.
L’obiettivo era ambizioso: ampliare il raggio d’azione della società, cambiando il nome in Indata Pa spa e trasferendogli – tra le altre cose – alcune funzioni attualmente spettanti all’Agid, l’Agenzia per il digitale. L’operazione è naufragata: l’emendamento è stato dichiarato inammissibile. Resta il segnale politico. Al primo provvedimento utile, sulla Pubblica amministrazione, FdI proverà a cambiare i connotati alla 3-i. Agli atti resta una scatola vuota. E solo con un direttore generale gradito.
Sete di società
La fame di poltrone rischia di assetare il Mezzogiorno. Il governo Meloni ha dato infatti vita, da gennaio 2024, alla Acque del Sud, società del Mef, con un capitale sociale di 5 milioni di euro che ha preso il posto dell’ente Eipli. La mansione è quella di gestire le risorse idriche tra Campania, Basilicata e Puglia.
Il presidente (da febbraio) è Luigi Giuseppe Decollanz, già coordinatore di Fratelli d’Italia a Bari, che percepisce un compenso di 25mila euro annui. Con lui ci sono altri sei componenti nel board (con una retribuzione da 15mila euro a testa). Delle attività, però, c’è poca traccia: sul sito l’unica news rilevante è l’annuncio della messa online del sito stesso, a cui si aggiungono degli avvisi pubblici per l’assunzione di personale. Paradossale se si pensa che la Basilicata, proprio in questi giorni, sta attraversando un’emergenza siccità con una serie di comuni a secco di risorse idriche.
L’onda della destra non è stata di sola acqua. Il ministero delle Imprese e del made in Italy, oggi nelle mani di Adolfo Urso, ha creato un’apposita struttura per il design dei circuiti integrati a semiconduttore e della strategia italiana per la microelettronica: la fondazione Chips.it. L’istituzione risale alla legge di Bilancio del 2023, la prima del governo Meloni.
Il cammino è andato a rilento: tra giugno e settembre è stato completato l’iter di nomina dei vertici, il direttore (per cui è stabilita una retribuzione di 180mila euro all’anno) è diventato Carlo Reita. Ma Urso ha un altro grattacapo, una pesante eredità: il rilancio della fondazione Ugo Bordoni – nata nel Dopoguerra e via via diventata secondaria – che si occupa di alta ricerca nella telecomunicazione e nell’informazione.
Il 2023 si è chiuso con un disavanzo di bilancio di 600mila euro. Il Mimit con Urso ha rifatto tutto daccapo. I risultati si dovranno vedere nei prossimi mesi. Almeno su questo c’è un cauto ottimismo.
Carrozzoni infrastrutturali
Dalla ricerca alla viabilità cambia il settore, non i problemi. Il ministro delle Infrastrutture sta diventando un abile progettista di carrozzoni. Sotto la sua egida è stata fondata Autostrade dello Stato spa, la cosiddetta Anas 2. Il compito, da statuto, sarà quello di gestire le tratte autostradali a pedaggio, scorporandole dal controllo dell’Anas.
Il capitale sociale, interamente sottoscritto dal Mef, ammonta a 50 milioni di euro, il riferimento è il Mit. Nata ad aprile, è poi sparita dai radar. Sul sito internet non risultano aggiornamenti dallo scorso agosto. L’unica informazione degna di nota riferita sul portale ufficiale è la costituzione del consiglio di amministrazione risalente ormai all’estate.
C’è stata infatti la nomina di Vito Cozzoli, ex numero uno di Sport e Salute (prima vicino a Luigi Di Maio poi entrato nell’orbita leghista) come amministratore delegato con una retribuzione di 40mila euro. Al suo fianco ci sono due consiglieri tra cui Carlo Vaghi (già responsabile infrastrutture della Lega in Lombardia), con un compenso da 30mila euro annui. Stessa cifra spetta al presidente del collegio sindacale, Christian Schiavon, già esponente leghista a Treviso, altri 20mila euro sono destinati agli altri due componenti dell’organismo di controllo.
Per dare un senso a tutto questo, dal decreto fiscale collegato alla manovra e in esame al Senato, la maggioranza ha tirato fuori dal cilindro un emendamento che destina alla società 353 milioni di euro per l’acquisizione delle partecipazioni azionarie di alcune società di reti viarie.
Un altro paradigma dell’italico carrozzone meloniano è la società Stretto di Messina, altra creatura salviniana, che in spregio alla volontà di risparmio di Giorgetti è una realtà che potrebbe beneficiare di una norma ad hoc per derogare il tetto al compenso dei manager pubblici. Di sicuro al momento l’ad, Pietro Ciucci, ha una remunerazione di 240mila euro lordi all’anno, mentre il presidente ha uno stipendio totale di 97mila euro. Gli altri componenti del cda si fermano a 25mila euro. La missione è la realizzazione della grande opera. In attesa che partano davvero i cantieri.
Missioni e lavoro
Sviluppo Lavoro Italia è invece l’esempio massimo di un cortocircuito di realtà pubbliche. In teoria si occupa di politiche per il lavoro, ma non riesce a garantire un posto di lavoro stabile nemmeno ai suoi dipendenti che, lo scorso giugno, hanno protestato per il clima di incertezza che li avvolge. Il progetto è stato voluto dalla ministra Calderone con la soppressione definitiva, a marzo scorso, di Anpal servizi, l’agenzia che si occupava di politiche attive del lavoro. A oggi sul sito della neonata società non c’è nemmeno la sezione trasparenza aggiornata.
Non ci sono solo società ed enti nella visione del governo Meloni. Un’altra grande passione sono le strutture di missione istituite presso la presidenza del Consiglio, dalla Zes alla semplificazione normativa. Quella più significativa è ovviamente dedicata al Piano Mattei, che ha budget niente male: mezzo milione di euro per le consulenze esterne.
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