Le sigle hanno confermato lo sciopero per il 29 novembre, il ministro dei Trasporti lo ha ridotto a 4 ore. Intanto, l’emendamento che introduce il 2 per mille ai partiti sull’intero ammontare dell’Irpef diventa un caso
Torna lo scontro frontale tra governo e i sindacati Cgil e Uil. Ieri pomeriggio, dopo un incontro terminato con un nulla di fatto, le due sigle, senza la Cisl, hanno confermato lo sciopero di 8 ore dei trasporti annunciato per il 29 novembre. Immediata la risposta del ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, che ha firmato per la precettazione, riducendolo a quattro ore. «In 25 mesi di governo, più di una mobilitazione al giorno. Esiste il diritto di sciopero per i sindacalisti, esiste anche il diritto alla mobilità, alla salute e al lavoro di tutti gli altri italiani», ha detto Salvini «guardacaso di venerdì».
I sindacati hanno fatto sapere che «impugneremo la precettazione» rivolgendosi alla magistratura, ha detto il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri. Mentre la segretaria confederale della Cgil, Maria Grazia Gabrielli, ha parlato di «lesione importante dello sciopero» e detto che «evidentemente non si ha interesse di trovare un confronto». Già una volta, lo scorso anno, Salvini era ricorso alla precettazione sempre per uno sciopero generale di Cgil e Uil.
Il 2 per mille
Intanto, come ogni anno, gli emendamenti alla Finanziaria riservano colpi di scena. Questa volta, a far discutere è stato il tentativo dei partiti di aumentare il finanziamento pubblico attraverso la misura del due per mille.
Tutto era iniziato con due proposte distinte di Pd e Avs che prevedevano di incrementare di 3 milioni per il 2024 il tetto delle risorse da distribuire, attualmente fissato a 25,1 milioni. Nella riformulazione del governo, invece, è stata rivista in maniera sostanziale la ripartizione delle risorse, di fatto quasi raddoppiandole.
L’anno scorso il partito più sostenuto è stato il Pd, con il 30 per cento delle preferenze e 8,1 milioni di euro incassati, che passerebbero a 12. FdI aveva ricevuto circa il 20 per cento delle preferenze e circa 4,8 milioni che diventerebbero 8,4.
La modifica non è stata accolta con favore dalle opposizioni, in particolare M5s e Avs. Ma il Sole 24 Ore ha rivelato che anche dal Quirinale sarebbe partito un avvertimento chiaro al parlamento. Il Colle, infatti, non potrebbe approvare la modifica per una serie di ragioni: anzitutto l disomogeneità di materia con il decreto fiscale, poi perché un argomento così complesso merita una riforma autonoma e non può essere infilato in un emendamento, infine si tratta di una modifica con un forte impatto sulle finanze pubbliche. Insomma Sergio Mattarella sembra aver bloccato il blitz.
Via libera da Bruxelles
Se lo scontro sulla manovra rimane acceso – anche dentro la maggioranza – e i lavori parlamento vanno avanti a tappe forzate, per il governo c’è comunque una buona notizia. La Commissione Ue ha ritenuto che il Piano strutturale di bilancio a medio termine (Psb) dell'Italia «soddisfa i requisiti» del nuovo Patto di stabilità per giustificarne un’estensione a sette anni, definendo «un percorso fiscale credibile» per garantire che il debito pubblico sia posto su un percorso discendente. Per Bruxelles, inoltre, anche il Documento programmatico di bilancio (Dpb) dell’Italia è «in linea con le raccomandazioni» grazie a una spesa netta proiettata entro i limiti previsti.
Un sospiro di sollievo per Giorgia Meloni, che ha commentato con «grande soddisfazione per il lavoro svolto», vista la bocciatura dell’Olanda sia sui requisiti del Patto di stabilità che del Documento programmatico di bilancio. Cartellini gialli sono stati dati anche a Estonia, Finlandia, Irlanda e soprattutto Germania, i cui Documenti programmatici di bilancio sono stati ritenuti «non pienamente in linea».
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