Dopo quasi due settimane di critiche, dubbi e smentite il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ha rassegnato le dimissioni a causa del caso politico generato dalla vicenda della “collaboratrice fantasma” Maria Rosaria Boccia, con cui ha ammesso di avere una relazione personale.

«Caro presidente, cara Giorgia, dopo aver a lungo meditato, in giornate dolorose e cariche di odio nei miei confronti da parte di un certo sistema politico mediatico, ho deciso di rassegnare in termini irrevocabili le mie dimissioni da Ministro della Cultura», ha scritto Sangiuliano nella sua lettera. Che poi ha annunciato: «Agirò contro chi mi ha procurato questo danno».

Il successore

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto questo pomeriggio al Quirinale Giorgia Meloni e ha firmato il decreto con cui, su proposta della premier, ha accettato le dimissioni di Sangiuliano. Nello stesso decreto è stato nominato ministro della Cultura Alessandro Giuli, attuale direttore della Fondazione Maxxi di Roma. La cerimonia del giuramento si è tenuta già oggi.

Le reazioni

«Ringrazio sinceramente Sangiuliano, una persona capace e un uomo onesto, per lo straordinario lavoro svolto finora, che ha permesso al governo italiano di conseguire importanti risultati di rilancio e valorizzazione del grande patrimonio culturale italiano, anche fuori dai confini nazionali. Ho preso atto delle dimissioni irrevocabili e ho proposto al presidente della Repubblica di nominare Alessandro Giuli. Proseguirà l’azione di rilancio della cultura nazionale, consolidando quella discontinuità rispetto al passato che gli italiani ci hanno chiesto e che abbiamo avviato dal nostro insediamento ad oggi», ha detto la premier Meloni.

«Un abbraccio e un ringraziamento a Gennaro Sangiuliano per questi due anni. Benvenuto e buon lavoro ad Alessandro Giuli», ha dichiarato il ministro dei Trasporti e segretario della Lega, Matteo Salvini.

Secondo il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, Sangiuliano «avrà modo di dimostrare di essere una persona perbene» e «il governo durerà».

«Un sottosegretario costretto a dimettersi per una vicenda torbida legata ad attività incompatibili con il suo ruolo, un ministro al centro di uno scandalo per l'uso disinvolto e privatistico delle istituzioni. Ci auguriamo che il successore indicato da Meloni sia all'altezza. Con Sangiuliano abbiamo assistito solo a fallimentari tentativi di imporre un pensiero unico e all'occupazione politica dei luoghi della cultura. Finisce un periodo triste per la cultura italiana che è stata relegata a grancassa del governo, come dimostrano le parole di Sangiuliano nella lettera, zeppa di rancore e falsita», dichiara la capogruppo del Pd in commissione cultura della Camera, Irene Manzi.

«Alla fine Sangiuliano si è deciso a rassegnare le dimissioni. Il macigno di ombre, mezze verità e dichiarazioni puntualmente smentite da Boccia era diventato troppo pesante. Con il suo sacrificio l'ormai ex ministro prova a togliere dall'imbarazzo Meloni, ma resta intollerabile la gestione di questa vicenda da parte della premier», dicono invece gli esponenti del M5s in commissione cultura alla Camera e al Senato. «Una presidente del consiglio che si rispetti avrebbe preteso immediatamente che il suo ministro si recasse in parlamento a fornire tutti i chiarimenti dovuti, evitando uno stillicidio durato per giorni a discapito del prestigio delle istituzioni e della cultura. Invece ha usato finché ha potuto la stessa tattica utilizzata con Santanchè, Delmastro e gli altri casi imbarazzanti del governo: puntare sulla difesa corporativa e di partito in barba al prestigio delle istituzioni. Ma adesso quel muro è crollato. Sangiuliano non ci mancherà».

«Il ministro Sangiuliano si è ri-dimesso, va via. Ma resta tutto l'imbarazzo di Meloni che, 48 ore dopo aver respinto le sue dimissioni, ci ripensa e gliele richiede. Speriamo non ci ri-ripensi», scrive su X il segretario e deputato di +Europa, Riccardo Magi. «In questa fiction, l'unica cosa vera è che la vicenda tra Sangiuliano e Boccia è solo la tragicomica punta dell'Iceberg di una classe dirigente di destra che non ha alcun rispetto delle istituzioni italiane e le tratta come fossero di loro proprietà. E con questa classe dirigente e con un partito gonfio di giovani nostalgici del Duce, Meloni sta esponendo quotidianamente l'Italia al ridicolo, portandola verso l'isolamento, l'irrilevanza e l'umiliazione».

Il caso

Tutto parte da un post pubblicato su Instagram dall’imprenditrice e autodefinita presidente di Fashion Week Milano, nel quale la donna annunciava di essere stata nominata “Consigliere per i grandi eventi” del ministero della Cultura.

Il ministero ha immediatamente smentito la notizia e Sangiuliano aveva detto che «dopo la prima fase istruttoria, accogliendo alcune perplessità del gabinetto sulla possibilità, ancorché meramente potenziale di situazioni di conflitto di interesse, ho deciso di non dare corso alla nomina e l'ho comunicato formalmente». Tra le motivazioni ha citato la sua relazione personale con Boccia. Nei giorni successivi la donna ha affermato invece che il contratto è stato firmato e controfirmato. 

Altro nodo cruciale della vicenda è quello che riguarda il ruolo di Boccia nell’accesso a eventuali informazioni sensibili sulla sicurezza del G7. Il 5 giugno il sovrintendente del parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, manda una mail a figure di primo piano dello staff del ministro e a una serie di altri destinatari, tra cui Boccia. Il messaggio conteneva informazioni riservate sulla tappa di Pompei del G7 della Cultura.

Nel testo della mail emerge che Boccia avrebbe effettuato insieme al ministro Sangiuliano una «visita con sopralluogo agli scavi in data 3 giugno». Ma il ministro ha smentito più volte che avesse accesso a informazioni sensibili.

L’incontro a Chigi di tre giorni fa

«Sono pronto a dimettermi subito dopo che Meloni me lo chiede», aveva detto il ministro durante la sua intervista al Tg1. E la chiamata da Palazzo Chigi con la richiesta di dimissioni è arrivata a tre giorni dal colloquio avuto da Sangiuliano con la premier Giorgia Meloni lo scorso 3 settembre.

Dopo un’ora e mezzo di chiacchierata il ministro aveva garantito a Meloni che neanche un euro del suo dicastero era stato speso per i viaggi istituzionali di questa estate in cui Boccia accompagnava il ministro e i soldi provenivano dalla sua carta di credito personale. Concetto ribadito anche dal Tg1 con tanto di documenti alla mano.

L’intera vicenda, però, ha messo in imbarazzo il governo Meloni a meno di due settimane dal G7 della cultura a cui avrebbe dovuto partecipare Giuliano.

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