Il pasticcio tardo agostano del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano con la quasi consigliera Maria Rosaria Boccia è la dimostrazione di come della politica non siano ancora cambiati i costumi, ma moltissimo i tempi. Nello specifico, i tempi della comunicazione. E, su questo campo, la ex sconosciuta Boccia ha dimostrato di sapersi muovere in modo ben più scaltro sia del già direttore del Tg2 Sangiuliano che della premier Giorgia Meloni.

Lo spettacolo d’arte varia ha raggiunto il suo acme nella serata di lunedì, quando è andato in scena un multiverso fatto di quotidiani, televisioni e social. Col senno del poi, è facile immaginare chi abbia fatto la parte della lepre e chi sia rimasto tartaruga.

Così, Giorgia Meloni si è affacciata al salotto di Rete4 condotto da Paolo del Debbio per spiegare che il ministro le ha garantito due cose: Boccia «non ha avuto accesso a nessun documento riservato» del G7 e che «neanche un euro degli italiani e dei soldi pubblici è stato speso per questa persona».

Detto fatto, appena conclusa la trasmissione Boccia ha aperto Instagram e ha condiviso coi suoi allora 29mila follower (un giorno dopo sono già oltre 34mila) e postato una foto di Del Debbio e Meloni, seguita dalle fotografie di due documenti debitamente oscurati, ma in cui si legge chiaro il titolo “Riunione dei ministri della cultura del G7”. A corredo un solo emblematico tag: @giorgiameloni. Una citofonata in piena regola alla premier sbugiardata e il compito già svolto per i giornalisti alle prese con il fact-checking.

L’arma

La mattina, quando le rassegne stampa hanno aperto con la pensosa lettera di Sangiuliano alla Stampa in cui metteva in fila le sue traballanti verità, è arrivato il bis. Questa volta in forma di carrellata di stories. Il ministro ha scritto di aver conosciuto Boccia «a metà del mese di maggio durante la campagna per le europee»? L’imprenditrice condivide una loro foto corredata di data: 5 agosto 2023.

Poi pubblica una comoda ricapitolazione, con i cinque punti salienti della lettera di Sangiuliano smontati uno dopo l’altro, con l’allusione ad un audio non ancora pubblicato.Il risultato è stato quello di far fibrillare sia palazzo Chigi che via del Collegio romano, il tutto con pochi click. E si sbaglia se si pensa di essere davanti all’insperata vittoria di una Maria Vittoria Boccia novella Davide contro un corpaccione istituzionale simile a Golia.

Al netto dell’imperdonabile sequela di leggerezze inanellate da Sangiuliano e avallate da Meloni, il terreno di scontro è stato la dimostrazione plastica di una realtà da cui oggi nessuno – men che meno la politica – può prescindere. Chiunque abbia in tasca un cellulare con fotocamera (e sappia usarlo come Boccia) sta maneggiando un’arma da fine del mondo.

Così, un selfie mosso a Pompei diventa una prova, la fotografia di un documento spiegazzato la dimostrazione di una bugia e un post su sfondo nero il comunicato stampa che non ha nemmeno bisogno di essere inviato via mail per finire istantaneamente su tutti i siti.Così, un profilo Instagram può trasformarsi in un canale con molti più spettatori di una trasmissione televisiva e infinitamente più lettori di un giornale, con il vantaggio di potersi accendere e spegnere all’occorrenza, facendo il controcanto agli altri medium imbrigliati in un palinsesto o in una pagina di carta.

Per chi è nato o cresciuto con i social è tutto ovvio e scontato, ora se ne sono accorte anche le istituzioni.

© Riproduzione riservata