Il governo ha scelto di spendere l’ultimo Consiglio dei ministri prima del voto europeo con provvedimenti sul flusso dei migranti e la sanità. Per risolvere il problema più impellente sulla necessità di abbattere le liste d’attesa, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto legge e un disegno di legge a firma del ministro della Salute, Orazio Schillaci.

Il ddl prevede un accentramento sulla piattaforma nazionale delle liste d’attesa, con la previsione di orari anche di sabato e domenica per le visite diagnostiche e specialistiche e l’erogazione di prestazioni anche mediante ricorso a privati accreditati, anche se non è chiaro dove si attingeranno le risorse. Non è prevista, invece, l’assunzione di nuovo personale.

Il decreto Schillaci ha già incontrato un primo no da parte delle regioni, che hanno lamentato la mancata concertazione con i territori: «Abbiamo avuto il testo a poche ore dal Cdm e quindi il nostro parere non è stato ritenuto utile da acquisire», ha detto Raffaele Donini, coordinatore della commissione Salute della Conferenza delle regioni, sottolineando anche che mancano le coperture finanziarie.

La stima sull’orario aggiuntivo, secondo Schillaci, «è stata stimata a 250 milioni di euro e ci sarà la copertura. Abbiamo stanziato, nel 2022 e 2023, 500 milioni l’anno per le regioni per le liste d’attesa, alcuni fondi non sono stati utilizzati».

La premier Giorgia Meloni è andata all’attacco nei confronti delle regioni, soprattutto quelle di centrosinistra: «La sanità è di competenza delle Regioni, dalla riforma del Titolo V del 2001, fatta dalla sinistra. Le liste d’attesa competono alle regioni, ma abbiamo deciso di fare la nostra parte per aiutarle ad affrontare questo problema».

Un passaggio, questo, che dovrebbe far riflettere in vista della riforma dell’autonomia differenziata.

Il decreto Flussi

L’altro tema affrontato in Cdm è stato quello dei flussi migratori per l’ingresso regolare in Italia, che è stato uno dei punti indicati dal governo come soluzione per ridurre gli arrivi irregolari. Dal monitoraggio del tavolo tecnico sulla programmazione per il triennio 2023-2025 «emergono dati allarmanti», ha detto la premier in un’informativa al Cdm.

Secondo Meloni, a fronte di un numero «esorbitante di domande di nulla osta» solo un numero ridotto di stranieri che hanno ottenuto il visto «ha poi effettivamente sottoscritto un contratto di lavoro».

In particolare, in Campania sono meno del 3 per cento e invece si è registrato un numero di domande di nulla osta al lavoro per extracomunitari «totalmente sproporzionato rispetto al numero dei potenziali datori di lavoro».

Dunque, i dati dimostrerebbero che i flussi regolari vengono utilizzati come «canale ulteriore di immigrazione irregolare», probabilmente dietro «pagamento di somme di denaro». Per questo, Meloni ha presentato un esposto alla Procura nazionale antimafia guidata da Giovanni Melillo, ipotizzando infiltrazioni criminali nella gestione delle domande.

Invece, sotto il profilo del contenimento degli arrivi irregolari, la premier ha sostenuto che le iniziative del governo abbiano permesso «di abbattere del 60 per cento gli arrivi illegali rispetto allo stesso periodo dello scorso anno», grazie soprattutto alla «collaborazione con i Paesi del Nord Africa».

La lettura dei dati, però, è stata contestata dal responsabile sicurezza del Pd, Matteo Mauri, che ha sottolineato come Meloni si sia «dimenticata» di dire che i numeri del 2024 (21.574 arrivi) «sono però più alti di quelli dello stesso periodo del 2022 (20.154), quando a palazzo Chigi c’era Draghi».

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