Sul tema della futura coalizione la segretaria non ha fatto passi avanti. Alla richiesta dei Verdi di darsi delle regole tra alleati risponde l’intenzione di Conte di tenersi le mani libere, una volta chiusa (se e quando) la battaglia con Grillo
I complimenti e gli auguri di buon lavoro ai presidenti di regione appena eletti, Michele de Pascale in Emilia-Romagna e Stefania Proietti in Umbria, un ringraziamento alla «generosità» di Andrea Orlando, che in Liguria non ce l’ha fatta ma ha preso «13mila voti in più rispetto alle sue liste», una comprensibile soddisfazione per il «lungo anno elettorale», «in molte regioni siamo primo partito».
Per Elly Schlein, che ieri ha aperto la riunione di direzione con le buone notizie, «sono dati che dimostrano una tendenza, un clima di fiducia e di speranza verso il nostro partito». Fra i ringraziati anche il commissario europeo uscente Paolo Gentiloni.
I buoni risultati delle ultime due regionali hanno cambiato scaletta agli interventi di chi, all’indomani della sconfitta ligure, avrebbe voluto aprire un minimo di dibattito su come in quella campagna elettorale, già infelicitata dagli attacchi di Grillo a Conte, per sovrapprezzo il Pd sia sembrato alla mercé dei veti dell’alleato M5s contro la presenza dei renziani nelle liste. Ma è finita «no, il dibattito no»: le successive due vittorie hanno fatto rientrare le già scarse fantasie di confronto interno sulla necessità di darsi qualche regola con gli alleati.
Del resto sul tema della futura coalizione la segretaria non ha fatto passi avanti. Al netto dei rapporti rarefatti con Giuseppe Conte, la transizione progressista degli ex grillini chissà quando si chiuderà, e come, viste le intenzioni di Grillo. Dunque la cosa migliore che può fare il Pd, Schlein in testa, è lasciare tranquillo l’ex premier e sperare che vinca il duello all’ultimo sangue con il comico: «Stiamo seguendo con interesse e attenzione, nel pieno rispetto dell’autonomia, il dibattito interno alle altre forze politiche che si dichiarano progressiste. Da parte nostra posso dire che continueremo a lavorare tenacemente e testardamente unitari senza rinunciare all'iniziativa del Pd, prima forza di opposizione del Paese e in molti territori primo partito».
Tradotto, significa due cose: alle richieste di Avs di darsi un minimo di criterio fra alleati, la risposta è no. Del resto Conte, con la sua nuova autodefinizione di «progressista indipendente», mette l’accento sull’aggettivo: fa capire che vuole tenersi le mani libere, per provare a riconquistare qualche voto.
Il Pd, assicura Schlein, non avrà «tentazioni egemoniche, né irrealistiche vocazioni all’autosufficienza», e ogni convergenza sarà solo «partendo dal merito dei temi e delle questioni, sia in parlamento che nel Paese. Non è un auspicio per il futuro, è un metodo che abbiamo già sperimentato, lo abbiamo già fatto e lo stiamo già facendo nei territori come nel lavoro comune sulla manovra». Schlein lancia nuove mobilitazioni sulla sanità pubblica. Ma punta ancora sul suo Pd. Ora, spiega, ci sono mesi senza appuntamenti elettorali: «Facciamo vedere cosa vuol dire essere il partito più radicato del Paese».
Vista Bruxelles
Le note dolenti invece arrivano dall’Europa. Per Schlein il disegno del Ppe di Weber di allargare la Commissione von der Leyen a destra è fallito, ma «non sentiamo questa Commissione come nostra». La conduzione della partita da parte di S&D «ha determinato una serie di contraddizioni gravi che oggi producono una Commissione con un carattere ambiguo e peraltro molto debole», dice Orlando. Caricarsi la responsabilità di votarla «ci è costato», spiega Alessandro Alfieri, «ma abbiamo salvaguardato l’Europa dalle diverse sfide che pongono Trump e Putin».
Intanto però a Bruxelles la delegazione Pd ormai sulla guerra vota in ordine sparso: giovedì si è divisa sugli emendamenti alla risoluzione pro Kiev. Al sostegno alla scelta di Biden di permettere all’Ucraina di colpire sul territorio russo hanno votato sì Gori, Maran, Picierno e Tinagli, no Strada e Tarquinio, astenuti tutti gli altri. Voti in libertà anche sulla fornitura di missili a lungo raggio da parte dell’Ue: votano sì Gori, Maran, Moretti, Picierno, Tinagli, si astiene Bonaccini, no tutti gli altri.
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