«A noi spetta il compito di lavorare insieme a un progetto per l’Italia. Su poche priorità, che stanno sulle dita di una mano: sanità pubblica, istruzione e ricerca, lavoro e salari, politica industriale, diritti sociali e civili. Cinque priorità che stanno su una mano su cui costruire una alleanza nella società, nel Paese e con altre forze politiche per mandare a casa il governo». Nel tardo pomeriggio Elly Schlein chiude la festa nazionale del suo partito a Reggio Emilia con un appello all’unità delle opposizioni.

Un appello a cui pensa da giorni, ma che ora è urgente: in giornata le forze del centrosinistra si sono pizzicate per tutto il giorno. Conte contro Calenda e Renzi, Calenda contro l’ala sinistra, Renzi contro Conte. Schlein deve tentare la sua parte di federatrice, non solo delle forze litigiose ma anche del pezzo della società che «non vota più»: «Serve una alleanza nella società, una proposta di respiro. Scriviamo insieme alle realtà civiche e sociali un progetto per l’Italia». Il Pd mette a disposizione «la propria forza per un progetto più largo», dice, «per lavorare a una proposta di governo che poggi sulla questione sociale e salariale dimenticate da questa destra, per chiudere la stagione del governo più a destra della storia repubblicana».

Schlein ha chiaro che questo è il momento in cui dimostrare al paese la possibilità concreta di un’alternativa di governo. Ora che il governo e la premier, con l’affaire Sangiuliano ancora aperto e con la previsione di una legge di bilancio tanto fumosa, mostra tutta la sua fragilità.

Di buon mattino prova a garantire per gli alleati da Cernobbio, al Forum Ambrosetti di Villa d’Este, davanti agli industriali che il giorno prima si sono mostrati aperturisti con Giorgia Meloni e il suo governo. «Credo e spero che ci sarà occasione di fare un lavoro comune anche sulla manovra. Che purtroppo ci aspettiamo, come quella dell’anno scorso, senza respiro e senza anima», dice la segretaria del Pd.

In realtà il confronto con i due papabili alleati di coalizione, Carlo Calenda e Giuseppe Conte, fa misurare più le distanze che le comunanze. Il leader di Azione, in solitaria, fa il suo elogio al nucleare. Nel pomeriggio provocherà il niet del rossoverde Angelo Bonelli: «Se proprio lo vuole, il nucleare, può allearsi con la destra, visto che il ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin ancora ieri elogiava questa tecnologia pericolosa, obsoleta e carissima».

Quanto a Giuseppe Conte, a Cernobbio non ci va. Si collega, perché in mattinata ha un impegno a Roma con la festa del Fatto Quotidiano. Per la quale ha riservato un titolo succulento: i sondaggi, dice , dimostrano che «è il popolo italiano che non si fida più di Renzi». Ma per il M5s, in piena bagarre congressuale, non c’è neanche bisogno di scomodare i sondaggi: «Noi non potremmo mai lavorare con Renzi, costruire un progetto con Renzi», e il campo largo «deve essere un campo coeso, costruito sulla credibilità di un progetto politico». Ma poi Renzi che ci azzecca con loro? «È votato al campo degli affari, sta facendo affari in tutto il mondo. Ora si sta ingegnando a entrare nella partita del litio, bravissimo, vale tanto. Ma che c'entra con la politica?».

Conte contro Renzi e Grillo

Conte non può concedere neanche un millimetro a Renzi perché ha i suoi problemi a casa M5s. E a casa sua non concede un millimetro a Grillo, che due giorni fa ha lanciato il guanto di sfida al presidente: «A ottobre dovrete scegliere, Conte non sta rinnovando il M5s ma lo sta abbattendo». Conte replica: «Dopo queste uscite con Grillo non ci siamo più sentiti, non mi ha più chiamato. Vedremo avanti, ma non è una questione Grillo-Conte, è una questione Grillo-comunità. Non accetterò mai di vivere in una comunità in cui c’è un soggetto sopraelevato rispetto alla comunità stessa. Se passa questo principio e non vedo come possa passare io non potrei esserci».

Ma nel pomeriggio Renzi replica a brutto muso sui social: «Conte non sta benissimo, questa polemica con Grillo lo sta provando: appena sta meglio, lo invito a un confronto pubblico in streaming, scelga lui se in tv o in Tribunale». Quando all’alleanza: «Elly Schlein ha chiesto di costruire una coalizione senza veti che parta dai contenuti: noi siamo pronti a farlo, su stipendi, cultura, infrastrutture, innovazione», «Il centrosinistra è a un bivio: se passa la linea Pd/Schlein, si costruisce una coalizione e si vincono le elezioni; se passa la linea Fatto Quotidiano/Conte, si mettono i veti e vince la Meloni».

Morale: se non fosse per la segretaria Pd, che ancora ci scommette tantissimo, la coalizione di centrosinistra senza mai essere nata, sarebbe già morta. Calenda se ne rende conto, e nel pomeriggio corre ai ripari, come può, sui social: «Noi non siamo nel campo largo proprio perché le differenze su energia e ambiente, così come sulla politica estera, sulla giustizia, sulla politica dei bonus eccetera sono troppo ampie per consentire di presentare una credibile alternativa di governo. Ci sono invece argomenti» si riferisce alla sanità pubblica, al salario minimo e alla scuola, «sui quali lavorare insieme è possibile e doveroso».

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