Lega, FdI, FI e Pd hanno detto no alla richiesta del tribunale di Roma relativa al processo che vede il responsabile economico della Lega accusato di aver avuto la promessa di denaro per far passare degli emendamenti nel settore delle energie rinnovabili e di essersi attivato per delle commesse a favore di Leonardo S.p.a.
Il Senato prova a salvare il responsabile economico della Lega Armando Siri accusato di corruzione: Palazzo Madama ha bloccato l’uso delle intercettazioni nel processo che lo vede accusato di aver ottenuto la promessa di denaro per far passare degli emendamenti nel settore delle energie rinnovabili, e di essersi attivato per il progetto del completamento dell’aeroporto di Viterbo di interesse della Leonardo S.p.a. per future commesse.
Per la relazione di Lucio Malan (FdI) approvata a maggioranza le intercettazioni non risultano necessarie né casuali, e così è stato opposto il no alla richiesta del Tribunale di Roma per l’utilizzo nel processo.
Pure il Partito democratico ha votato a favore della relazione contro il Tribunale, anticipando voto contrario solo per l’uso di due messaggi del 2018 – quelli per cui il tribunale ha rilevato la necessità delle intercettazioni ai fini dell’indagine –. Per tutti gli altri invece ha ritenuto che non fossero casuali e dunque sarebbe stato necessario chiedere l’autorizzazione prima alla camera di appartenenza: pertanto anche per il Pd non devono essere usate. Hanno votato a favore dell’utilizzo e contro la relazione di Malan solo Liberi e Uguali e Movimento 5 stelle.
Di fatto si sono espressi sulla prima parte della relazione a favore di Siri 120 senatori, contro 104, per tutte le altre intercettazioni hanno detto no all’uso 158 senatori contro 64.
Il caso
L’indagine su Armando Siri ha messo in crisi il governo giallo-verde a luglio 2019: il leghista è stato accusato di corruzione perché nel 2018, quando il parlamentare era sottosegretario del governo Conte 1, per la procura avrebbe ricevuto «indebitamente» la «promessa o dazione» di due mazzette da 30 mila e 8 mila euro.
A offrire il denaro a Siri era stato nel primo caso, secondo i pm, Franco Paolo Arata, ex consulente per l’energia di Matteo Salvini e imprenditore ritenuto dalla procura di Palermo in affari con Vito Nicastri, il “re dell’eolico”, secondo gli investigatori vicino al clan di Matteo Messina Denaro.
Tutto è partito dalle indagini in Sicilia da cui erano emerse le presunte attività illecite di Paolo Arata, nate dalla collaborazione tra Arata e Vito Nicastri. Le intercettazioni hanno permesso alla procura di Roma di aprire l’indagine.
Per il secondo episodio contestato, Siri, si sarebbe attivato «per ottenere un provvedimento normativo ad hoc che finanziasse anche in misura minima, il progetto di completamento dell’aeroporto di Viterbo, di interesse della Leonardo Spa, per future commesse».
Il senatore avrebbe inoltre esercitato sempre a favore di Leonardo pressioni sul comandante generale della guardia costiera Giovanni Pettorino per rimuovere il contrammiraglio Pietro Pellizzari per un appalto sui radar in scadenza. La procura ha chiesto il rinvio a giudizio nel 2020.
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