Manca una strategia nazionale sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. E su un punto tutti gli attori in campo, dagli istituti pubblici alle forze dell’ordine, concordano: serve una visione e un’azione unitaria che oggi non c’è. I cahiers de doléances sono corposi. Prima di tutto ci sarebbe bisogno di personale per i controlli nelle aziende, visto che oggi l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) conta solo su 850 unità.

Ma serve anche un’adeguata formazione dei lavoratori stessi, senza ridurre la questione a una perdita di tempo. Sullo sfondo si affastellano i problemi, come la piaga del caporalato digitale, messa in evidenza dalle forze dell’ordine. E un esempio è quello dalle mancate tutele dei rider.

L’immagine del ragazzo in bicicletta che, in mezzo all’alluvione a Bologna doveva provvedere a una consegna, è stata l’ennesima spia della portata del problema.

«Scene che non solo devono indignarci, ma interrogarci, come comunità, e farci capire che in certe condizioni metereologiche le consegne non vanno effettuate», dice Chiara Gribaudo, deputata del Pd che, da presidente della commissione di inchiesta sugli infortuni sui luoghi di lavoro a Montecitorio ha promosso gli stati generali sulla sicurezza sul lavoro.

L’allarme è stato lanciato durante l’evento promosso alla Camera, che ha messo insieme tutti gli attori, dall’Inail ai carabinieri, oltre che alle parti datoriali e ai sindacati. Il punto che ha messo tutti d’accordo è la necessità di una strategia «complessiva» per migliorare le tutele.

I numeri della strage

I numeri raccontano il dramma quotidiano. Nei primi otto mesi del 2024, come riportato dall’Inail, ci sono stati già 680 morti sul lavoro con un aumento del 3,5 per cento rispetto al 2023. Anche quest’anno potrebbe essere superata la soglia delle mille vittime.

Di fronte a dati e storie dolorose, le istituzioni non hanno ancora preparato una vera risposta. Le responsabilità sono pluriennali e coinvolgono vari governi. E la destra meloniana si è messa in scia: non sono arrivate risposte adeguate né ha indicato una rotta da seguire.

«Alla fine di queste giornate possiamo dire che serve una procura nazionale per la sicurezza sul lavoro e un numero maggiori di ispettori per i controlli», insiste Gribaudo. Uno dei colli di bottiglia riguarda spesso le inchieste da portare avanti: ricadono su piccole procure che non hanno il personale adeguato ad affrontare la mole di lavoro.

Uno degli esempi è quello della procura di Termini Imerese, costretta a indagare sulla strage di Casteldaccia, in cui sono morti cinque operai edili nello scorso maggio, e sull’incidente dello yacht Bayresian di agosto, in cui hanno perso la vita sette persone.

Si tratta di due inchieste complesse, seppure di natura diversa, che richiedono un lavoro imponente. Il rischio è che non si riesca a completarlo per mancanza di risorse umane, favorendo la prescrizione. Il governo Meloni non ha finora mostrato una volontà di apertura sulla procura nazionale.

La ministra del Lavoro, Marina Elvira Calderone, ha presenziato agli stati generali difendendo il suo operato. A partire dall’introduzione della patente a punti per le aziende. Ma Gribaudo ha mostrato un certo scetticismo nei confronti delle novità introdotte: «Non bastano».

Da qui l’appello all’unità tra forze politiche con lo scopo di fronteggiare il dramma delle cosiddette morti bianche.

«Serve migliorare quello che non va, lavorandoci assieme, con lo stesso obiettivo e insieme anche alle parti sociali. Altrimenti, rischiamo di continuare a produrre burocrazia, ma non incidere in profondità sulla sicurezza e nemmeno sull’illegalità». In tutto questo per la vicepresidente del Pd è necessario che «ogni lavoratore, ogni operaio, ogni impiegato riceva una formazione puntuale e aggiornata sui rischi del proprio lavoro e sulle modalità per prevenire incidenti. La formazione non è un adempimento».

C’è, infine, il tema del potenziamento dell’organico per i controlli. «Abbiamo 850 tecnici e un concorso bandito per altri 750», ha svelato Paolo Pennesi, a capo dell’Inl, fornendo le cifre ufficiali sul personale a disposizione dell’ispettorato.

Irregolarità diffuse

In materia di prevenzione ha poi spiegato: «Nel 2024 siamo riusciti a compiere 40mila verifiche, il nostro obiettivo è quello di arrivare a 100mila». Un target che potrebbe non essere centrato al cospetto di un contesto caratterizzato da una profonda illegalità. «C’è l’84 per cento di aziende in situazione di violazione», ha messo in evidenza Pennesi. Nella statistica rientrano sia quelle più gravi che le meno pesanti. Il problema resta.

Lo spettro di comparti va da quelli tradizionali, come l’edilizia, al «caporalato digitale», denunciato dal generale dei carabinieri, Antonio Bandiera, che si occupa della sicurezza sui luoghi di lavoro. Nel settore edile, nello scorso anno, la media delle irregolarità nelle imprese era del 76 per cento, solo una su quattro è risultata pienamente rispettosa delle norme.

La richiesta dei sindacati è andata dritta al punto: occorre un capillare controllo dell’applicazione del contratto nazionale, che prevede un’adeguata formazione. L’altro fronte è il caporalato digitale, che prevede un meccanismo rodato.

«Gli account sarebbero registrati sulle piattaforme anche tramite l’utilizzo di documenti falsi e, successivamente ad avvenuto accreditamento, ceduti al rider che materialmente effettua la prestazione previa trattenuta di una quota percentuale del guadagno giornaliero da parte del caporale», aveva già spiegato in passato Bandiera.

A ogni settore il suo problema, insomma. «Già oggi presenteremo a tutti i capigruppo della Camera il dossier degli elementi raccolti durante gli stati generali sulla sicurezza sul lavoro», ha annunciato Gribaudo. E di fronte alla perplessità sull’efficacia dell’iniziativa, la deputata ha rilanciato: «Ci siamo assunti un impegno, anche di fronte al presidente della Repubblica, e quindi dobbiamo portarlo fino in fondo».

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