«Nella Lega è in corso una faida interna, Forza Italia è percorsa dai mal di pancia. L’autonomia differenziata non la vogliono in tanti, ma poi tutti la votano. Ed è palese lo scambio con il premierato: i lavori di Camera e Senato debbono procedere in parallelo, ormai l’una non si fida dell’altra».

Toni Ricciardi è relatore di minoranza del ddl Calderoli alla Camera. La destra lo ha accusato di aver lanciato contro gli avversari la sua stampella – si è rotto un tendine d’Achille – i video hanno dimostrato che non era vero. Ma le tensioni dei giorni scorsi, sfociate nell’aggressione a un deputato, secondo lui dimostrano che «nella maggioranza c’è un problema. Se accade durante la vetrina del G7, c’è da preoccuparsi per il senso di responsabilità di chi guida il paese».

In aula ci sono state le aggressioni, ma non un confronto di merito.

Nessuno di noi ha utilizzato impropriamente le mani. Ma usiamo tutti gli spazi per opporci allo Spacca Italia. Hanno contingentato i tempi su un testo che modifica la Carta. Hanno usato la tagliola in commissione, dove non siamo arrivati a discutere l’art. 2. La maggioranza non discute, la butta in folclore. E se il partito più interessato spinge l’aula alla bagarre, qualcosa non torna: se la Lega sta celebrando il suo congresso, lo faccia. Poi ripartiamo.

FdI e Fi sono ostaggi della Lega?

Non capisco perché FdI si sottoponga all’umiliazione dello spacchettamento del Paese, non è nel suo Dna. Forza Italia decida, dal vicepremier Tajani al governatore calabrese Occhiuto: ai giornali dicono una cosa, in aula votano sì.

Per l’attuazione si aspetterà il finanziamento dei Lep. La legge è un fatto simbolico?

No. Perché le intese del 2018 di Veneto, Lombardia e Emilia-Romagna potranno essere subito esecutive. Lo dico alla maggioranza: se vi raccontano che fin quando non si troveranno i soldi l’autonomia è solo simbolica, vi dicono il falso.

Il ministro Calderoli, sempre in aula, vigila sulla battaglia storica?

La porta avanti da una vita, nel 1994 – all’epoca chiedeva la secessione e urlava “Roma Ladrona” – in un libro che abbiamo letto in tre, dal titolo evocativo Mutate Mutanda, dichiara che il suo intento è spazzare via il sistema sanitario nazionale. Poi il centrosinistra gli ha facilitato il lavoro con la riforma del Titolo V. Nel 2006, alla domanda "cos’è la secessione", ha risposto da medico: l’Italia è come una persona afflitta da cancrena, devi tagliare alto, al massimo all’altezza di Pesaro. Questa è la sua idea.

Perché la classe dirigente di destra del Sud accetta l’autonomia?

È la storia antica delle classi dirigenti del Mezzogiorno. Perché Garibaldi entra a piazza del Plebiscito attraversando il Regno borbonico senza trovare ostacoli, nonostante l’esercito imponente? Perché qualcuno si piegò ai voleri dei poteri centrali.

Il no all’autonomia ha compattato le opposizioni, martedì sarete in piazza tutti insieme.

La segretaria del Pd Elly Schlein ha saputo dal primo giorno, essendo testardamente unitaria, imporre il no all’autonomia differenziata. Ha coinvolto tutte le forze d’opposizione. È un atto politico e le va riconosciuto. I dati elettorali dicono che FdI perde consensi nel Sud per questo. Spaventa la difficoltà dei media nazionali a trattare la questione, quasi fosse inesistente.

La sinistra riunta nel tricolore. Un simbolo alla destra?

Il Pd ha nel suo simbolo il tricolore. In termini costituzionali, non è un vessillo della destra nazionalista. La sinistra è sempre quella dell’unità del paese, fu Ciampi a riscoprire l’orgoglio del termine “patria”, su cui il ventennio fascista aveva operato una metamorfosi lessicale. Il tricolore è risorgimentale, non nazionalista o fascista. La destra fa fatica ad avere un minimo di contezza storica, tutto viene scordato dal presentismo costante. Ma le radici sono antiche. Non è il mondo al contrario, è il buonsenso che si riprende il suo spazio.

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