Dopo le polemiche su Spinelli, sull’Europa interviene il Colle. «I dazi? Inaccettabili». La premier: «Le Fosse Ardeatine rappresaglia nazista». Lo storico: «Fu crimine pure dei fascisti»
«Alcuni statisti lungimiranti e coraggiosi hanno compreso che occorreva capovolgere il modo di rapporto tra i Paesi europei. Hanno pensato che fosse il momento di compiere una rivoluzione di pensiero: anziché contrapporsi mettere in comune il futuro dei popoli europei». Per cinque giorni Sergio Mattarella non è intervenuto nello scontro politico sul Manifesto di Ventotene scatenato alla Camera da Giorgia Meloni, quando aveva attaccato una dei testi sacri dell’europeismo, sibilando «non è la mia idea di Europa».
I bersagli della critica erano anche altri, e più alti del palco della manifestazione organizzata dal quotidiano Repubblica che aveva agitato in piazza il libretto firmato da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni: perché l’inquilino del Quirinale negli anni ha più volte omaggiato i tre antifascisti confinati a Ventotene. Ma non sta al Colle commentare le discussioni del parlamento, è stato autorevolmente spiegato.
Da lì era giusto filtrato un dettaglio: quando il 20 marzo scorso la presidente del Consiglio, pochi minuti dopo dopo aver scatenato la lite in aula, era corsa a pranzo al Quirinale, non c’era stato alcun faccia a faccia con il capo dello Stato, dunque fra loro non si era parlato dell’episodio. Mattarella però è intervenuto sugli anni pionieri dell’avvio dell’Unione. E così ancora una volta si è trovato a correggere la presidente.
Alcuni statisti lungimiranti
L’occasione è la Cerimonia di inaugurazione del Villaggio Agricoltura è, a Roma, nella centralissima piazza della Repubblica, per il 68esimo anniversario dei Trattati di Roma, quelli che istituirono la Comunità economica europea (la Cee) e la Comunità europea dell’energia atomica, in sostanza i primi passi verso l’unificazione. Una ricorrenza – cade martedì 25 marzo – che per il presidente «sarà il modo per riflettere che quello è stato un punto di partenza storicamente di grande rilievo ma anche un punto di arrivo».
E qui arriva un riferimento indiretto alla parole della premier: «È bene riflettere sul contesto in cui si muoveva questo avvio dell’integrazione europea. Nel 1945 l’Europa usciva da una guerra devastante, che si inseriva nel solco di guerre sanguinose fra le Nazioni europee. Un numero immane di ragazzi hanno perso la vita sui fronti della prima e della seconda guerra mondiale. Vi erano state dittature, si era vissuto l’abisso dell’Olocausto».
È in quel clima «di tragedia, condizioni drammatiche, disperazione» che «alcuni statisti lungimiranti» hanno capito che bisognava appunto capovolgere i rapporti fra gli stati nazionali. Mattarella non cita gli autori del Manifesto, ma va da sé che si riferisce anche a loro.
Dazi inaccettabili
Il presidente è chiaro, e in questo caso diretto, quando parla dei dazi, aboliti (quelli interni) proprio da quei Trattati. Risponde a una domanda di un giovane nello stand Campagna Amica di Coldiretti. I dazi, dice, «creano ostacoli ai mercati, lo alterano, penalizzano i prodotti di qualità», «per noi è inaccettabile, ma dovrebbe esserlo per tutti i Paesi del mondo. Una collaborazione su regole leali è indispensabile», aggiunge, ma «non bisogna alimentare un eccesso di preoccupazione perché la Ue ha la dimensione, la consistenza e la forza per interloquire con calma e autorevolezza per contrastare una scelta così immotivata», purché unita, «speriamo che il buon senso prevalga».
Anche qui, impossibile non misurare la distanza con le parole del vicepremier Matteo Salvini sui dazi di Trump («un’opportunità»), ma anche con quelle della premier che chiede «prudenza» con gli Usa.
Crimine non rappresaglia
Prima di arrivare al Villaggio dell’Agricoltura, Mattarella aveva partecipato alla commemorazione dell’eccidio delle Fosse Ardeatine, dove il 24 marzo 1944 furono uccise 335 persone. Con lui il ministro della Difesa Guido Crosetto e il presidente della Camera Lorenzo Fontana. La deposizione di una corona d’alloro e un omaggio intenso, quello del Capo dello Stato; ma silenzioso, come da cerimoniale. Dai social arriva il messaggio della seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Ignazio La Russa, e della presidente del Consiglio.
Entrambi attribuiscono il massacro ai «nazisti», cancellando dunque le responsabilità del fascismo. Meloni però aggiunge un passaggio non casuale: descrive l’eccidio «come azione di rappresaglia per l’attacco partigiano di via Rasella». Una mistificazione storica, anzi due, fa notare lo storico Davide Conti: intanto perché «cancella i 70 nomi della lista di vittime fornite da Pietro Caruso, questore di Roma per la Repubblica Sociale Italiana».
È la versione della storia secondo i manuali di Fratelli d’Italia. Fra tutti i commenti, solo il ministro Francesco Lollobrigida definiva correttamente la strage «nazifascista». Meloni invece «non ce l’ha fatta neanche stavolta», per il senatore Dario Parrini (Pd), i crimini «vennero compiuti in concorso dai militari nazisti e dai fascisti della Rsi che delle forze di occupazione erano i fantocci. Non ricordarlo è un’omissione pesante». «Parole indegne», «Vorrebbero riscrivere la storia nascondendo i crimini del fascismo», secondo Gianfranco Pagliarulo, presidente dell’Anpi, l’Associazione nazionale dei partigiani d’Italia.
Ma la “novità” di quest’anno, nel comunicato di palazzo Chigi, è la definizione «rappresaglia»: «Un falso», ancora secondo Conti, «le Fosse Ardeatine non furono una rappresaglia ma un crimine di guerra. E infatti nel dopoguerra i nazisti furono processati per crimini di guerra. Altrimenti non ci sarebbe stato alcun processo: durante la seconda guerra mondiale l’istituto della rappresaglia era previsto dal codice penale militare».
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