Il parlamentare e imprenditore può contare su uomini di fiducia che tessono relazioni a destra e con i renziani. Oltre al suocero del ministro, nelle carte dell’inchiesta di Roma spunta l’ex Dc Cursi, che dialogava con Pd e Fdi
Agli uffici del Parlamento ha dichiarato di non avere alcuna partecipazione societaria. Eppure esiste una società in cui è formalmente coinvolto: è la Montartino Srl e racconta di un rapporto politico antico, quello con Denis Verdini.
Le quote dell’azienda, proprietaria di una villa in Toscana, sono state date in pegno dai Verdini al ras della sanità privata ed editore.
È quasi impossibile scindere la storia imprenditoriale di Antonio Angelucci dalla sua parabola politica. Angelucci è attualmente un parlamentare leghista. Con il partito è stato anche generoso, versando nel 2022 40 mila euro, e altri 10 mila l’anno successivo. Matteo Salvini lo ha accolto a braccia aperte nel partito sovranista. Prima è stato berlusconiano convinto. In futuro chissà.
Anche perché in Fratelli d’Italia, cioè il partito della premier Giorgia Meloni, gode di una certa stima. Di certo Angelucci non è arrivato nella Lega da solo. Ma con la mediazione e l’interessamento di un suo grande amico e sponsor: Verdini, il tessitore di trame politiche trasversali, con qualche condanna definitiva per bancarotta (ora è ai domiciliari), e “suocero” del leader leghista a partire dal 2021, da quando cioè il ministro delle Infrastrutture e vicepremier si è fidanzato con Francesca Verdini.
Era noto da tempo il ruolo di Verdini come consigliere saltuario di Salvini su questioni politiche che hanno a che fare con alleanze, strategie e nomine. Ora scopriamo che Angelucci si è avvicinato alla Lega fino a farsi eleggere in parlamento proprio grazie a Verdini.
«Il tramite tra Antonio Angelucci e Salvini, per quanto emerso nel corso delle indagini, sarebbe proprio Denis Verdini, attuale rappresentante legale di alcune testate giornalistiche del Gruppo editoriale Angelucci»: questo si legge nelle informative della guardia di finanza agli atti dell’inchiesta della procura di Roma in cui Angelucci è ancora indagato (la Procura ha chiesto l'archiviazione) per istigazione alla corruzione dell’ex assessore alla Sanità della regione Lazio, Alessio D’Amato.
Indagine nata nel 2018 proprio da un esposto di D’Amato, dopo che quest'ultimo avrebbe ricevuto la proposta “indecente” da Angelucci per sbloccare una situazione di stallo in cui si trovava i suo impero sanitario laziale.
L’inchiesta rocambolesca
L’iter dell’inchiesta romana è stato a dir poco rocambolesco. Si era arrivati all’udienza preliminare per decidere se mandare a processo Angelucci, ma in quel frangente la difesa ha sollevato l’eccezione che ha fatto ripartire da zero tutto: la mancata notifica dell’avviso di conclusione indagine al parlamentare-editore-imprenditore.
Atti di nuovo in procura, dunque, si riparte daccapo. Questa volta Angelucci ha deciso di farsi interrogare per smentire D’Amato e negare di aver mai tentato di corromperlo. Il pm gli ha creduto e ha chiesto l’archiviazione, l’avvocato di D’Amato però si è opposto e ora sarà un giudice a decidere se chiudere definitivamente con l’archiviazione oppure no.
Secondo quanto risulta a Domani, ad Angelucci fino alla settimana scorsa non era stata notificato l’avviso di fissazione della camera di consiglio per decidere sull’archiviazione, programmata inizialmente per giugno e slittata a ottobre. Tra due mesi Angelucci dovrebbe dunque capire se verrà archiviato oppure no, sempre che l’ufficiale giudiziario questa volta riesca a consegnargli l'avviso di fissazione della camera di consiglio.
Al di là dello stato del procedimento, le carte giudiziarie con le intercettazioni permettono di ricostruire la rete di appoggi e di personaggi che per Angelucci hanno lavorato sotto traccia con l’unico obiettivo: consolidare il business nella sanità privata, che nel 2022 ha fruttato 91 milioni di euro di fatturato, 70 dei quali provenienti da risorse del sistema sanitario nazionale tramite gli accreditamenti con le Asl.
Magico Denis
I finanzieri, quindi, scrivono nelle informative che «il tramite» tra Angelucci e Salvini è «Verdini». Lo è stato da prima che Salvini si innamorasse della figlia di Verdini. Era il 2018, anno della formazione del governo gialloverde.
Tramite Verdini, si legge nei documenti, quell'anno Angelucci avrebbe voluto spingere Mario Pepe per la poltrona di sottosegretario alla Sanità. Verdini all’epoca ricopriva un ruolo formale nel gruppo Angelucci, «rappresentante legale di alcune testate giornalistiche del Gruppo editoriale», scrive la gdf.
«L'attività di Verdini a favore degli Angelucci si sviluppa su due distinti piani: il primo è relativo al posizionamento strategico funzionale ai fini del Gruppo dei giornali facenti parte della Finanziaria Tosinvest, il secondo invece lo vede come trait d'union tra Angelucci ed ambienti politici vicini a esponenti del Partito Democratico». Non lascia nulla al caso, Angelucci.
I contatti a destra sono scontati, ma per garantire il futuro del gruppo è necessario farsi buoni amici anche nel Pd. In quel Pd di Renzi e del Patto del Nazareno di cui Verdini è stato artefice.
Dalla Lega al Pd renziano, insomma: Denis per Angelucci era una garanzia. Il rapporto tra i due risale a moltissimo tempo prima. Già nel 2011 il ras della sanità privata corse in aiuto della famiglia Verdini, aiutandola a saldare un debito con il Credito Cooperativo: «In seguito alla richiesta di rientro di un grosso debito operata dai neo insediati commissari del Credito Cooperativo Fiorentino nei confronti di Verdini», Angelucci ha «prestato allo stesso ed alla di lui moglie una cifra complessivamente pari ad oltre 15.000.000 di euro», si legge nelle informative della finanza.
Ad Angelucci nello stesso anno vengono date in pegno le quote della società Montartino proprietaria di una villa di pregio in Toscana, intestate alla moglie di Verddini. Ora scopriamo che nel 2023 nella Montartino è entrato un nuovo azionista, Tommaso Verdini, il figlio di Denis. Anche la quota di Tommaso è stata data in pegno ad Angelucci.
Operazione che è avvenuta cinque mesi prima che il giovane Verdini finisse agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta sull’Anas, nella quale è emerso il tentativo di avvicinare big della Lega, cioè il partito di suo cognato, Salvini, con l'obiettivo di incassare nomine pubbliche così da aiutare i clienti della sua azienda di consulenza, sostiene la Procura di Roma, che ora sta valutando la richiesta di patteggiamento di Verdini jr.
Sull’operazione Montartino abbiamo inviato una richiesta di commento ad Angelucci, che però ha preferito non rispondere: «Non rilascia alcuna dichiarazione in merito», ci ha scritto una sua portavoce.
Non solo Verdini
A muoversi per tutelare gli interessi del gruppo Angelucci Verdini non è solo. Al suo fianco c’è Cesare Cursi, potente democristiano poi passato con Berlusconi, nel cui governo fu nominato sottosegretario alla Salute.
Cursi è stato fino alla fine del 2019 vicepresidente del consiglio di amministrazione della San Raffaele Spa, la società che gestisce buona parte dele cliniche della famiglia Angelucci. Secondo i finanzieri, «Cursi e Verdini» sono il «tramite» di Angelucci con Fratelli d’Italia, Lega e Pd.
Nelle intercettazioni, Cursi parlava anche di big del partito laziale di Fratelli d’Italia, «uomini di Rampelli (Fabio, ndr)» da fare andare «a Val Cannuta», cioè presso la sede del San Raffaele.
Ma il suo lavoro di curatore di interessi per il gruppo è trasversale, infatti nella stesso dialogo diceva al suo interlocutore di avvertire Giampaolo Angelucci (il figlio di Antonio, ndr) «del suo incontro con Astorre». Ossia Bruno Astorre, in quell’anno senatore del Pd, morto suicida il 3 marzo 2023.
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