La concertazione è scomparsa dal dibattito pubblico. In Italia, peraltro, essa non ha mai trovato un consenso convinto e un’istituzionalizzazione solida. In più è certo difficile concertare con un governo di estrema destra. Tuttavia, la negoziazione e la condivisione con il governo – specie se di sinistra - di importanti scelte economico-sociali da parte delle grandi organizzazioni degli interessi sindacali e imprenditoriali potrebbe costituire un obiettivo primario dell’offerta politica della sinistra. Uno strumento necessario per contrastare efficacemente le disuguaglianze sociali dando più rappresentanza agli interessi deboli. Una base su cui costruire un’alternativa alle destre populiste. Ma per il momento non è così. La recente assemblea della Cisl ha rimarcato anche simbolicamente la frattura profonda che si è determinata tra il sindacato di ispirazione cattolica e la Cgil.

La divisione fa male ai lavoratori

La Cisl non ha aderito allo sciopero voluto da Cgil e Uil e si è da tempo collocata su posizioni vicine al governo. Questa scelta è incomprensibile – come ha notato Franco Monaco su questo giornale – alla luce della tradizione e della storia del sindacato ‘bianco’. E si è accompagnata all’ accusa nei riguardi della Cgil di essere condizionata da una ‘zavorra ideologica’.

Accusa ripresa e prontamente rincarata da Giorgia Meloni che, intervenendo all’assemblea, ha parlato di ‘visione conflittuale tossica’. È evidente che il risultato di questo scontro è l’indebolimento del mondo del lavoro nel suo complesso. Allo stesso tempo sono ulteriormente minate le già flebili possibilità di fare della concertazione un pilastro di una visione e di una nuova offerta politica da parte delle forze del centro-sinistra, che stenta a concretizzarsi.

Involuzione Cisl

La Cisl è stata da sempre il sindacato più favorevole alla concertazione. Anche la Uil ha guardato in genere con favore a questa esperienza. La Cgil ha mantenuto invece delle riserve, legate a una cultura politica originaria critica verso le socialdemocrazie del centro-nord Europa, dove tali esperienze si sono più affermate nel dopoguerra.

Quanto al Partito democratico, esso nasce con l’occhio alla democrazia maggioritaria all’americana (prima dei grandi cambiamenti che sarebbero stati imposti di lì a poco dalla nuova destra populista). Questo modello si basa sul rafforzamento di una leadership personale eletta con un sistema maggioritario e non lascia spazio per la concertazione. Più tardi, sotto l’influenza della Terza Via, in particolare con il governo Renzi viene praticata la ‘disintermediazione’, il ridimensionamento dei rapporti con i sindacati. Il fallimento di quella esperienza ha portato infine a un cambiamento del gruppo dirigente che non ha però preso una posizione esplicita sulla concertazione come strumento per sostenere una nuova offerta politica.

La concertazione utile per la sinistra

Ma è davvero così importante la concertazione per costruire un’alternativa al plebiscitarismo autoritario della nuova destra? Se l’obiettivo della sinistra è di contrastare le disuguaglianze sociali, è difficile immaginare una strada diversa. Il confronto con altri paesi europei mostra chiaramente che si sono avvicinati maggiormente a uno sviluppo inclusivo – con più ridotte disuguaglianze - i paesi che hanno da tempo sperimentato un governo basato sulla negoziazione e la concertazione. E inoltre si basano su un sistema elettorale proporzionale che frena lo spostamento della rappresentanza verso il centro come avviene con il maggioritario.

Si realizza così una redistribuzione incisiva ma sostenibile (welfare esteso e universalistico, ricalibrato su politiche attive; mobilità del lavoro; tassazione elevata e progressiva). Alla redistribuzione si accompagna una crescita sostenuta, alimentata da politiche per l’innovazione che ‘compensano’ i costi maggiori per le imprese della tassazione e della regolazione del mercato del lavoro con beni e servizi pubblici. E le spingono a muoversi lungo la ‘via alta’ con crescita della produttività e dei salari.

Le sfide del populismo

Naturalmente, anche le esperienze più consolidate di concertazione non sono esenti da problemi. Devono anch’esse confrontarsi con le sfide del populismo. E devono rinnovarsi affrontando questioni come l’immigrazione, la sicurezza, la precarizzazione del lavoro. Possono però combattere la battaglia con strumenti più efficaci per lo sviluppo inclusivo.

Per il momento in Italia le divisioni tra i sindacati e la mancanza di attenzione sulla concertazione rendono più debole la formazione di una nuova offerta politica.

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