Ormai quasi un anno fa, sul finire di ottobre, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha lasciato pubblicamente il suo compagno, Andrea Giambruno. Lo ha fatto su Twitter con quelle parole che sono passate alla storia del costume italiano: «La pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua». Ad oggi i “mi piace” sono più di 32mila, ma ce n’è uno che è arrivato quasi subito e che è stato notato anche dai giornali internazionali: quello di Elon Musk, uno degli uomini più ricchi al mondo, patron di Tesla, SpaceX e dello stesso Twitter, che nel frattempo ha rinominato “X”.

Qualche tempo dopo, il Wall Street Journal ha dedicato un articolo a questa strana amicizia: «Musk e Meloni», ha scritto, «hanno dato vita a un’alleanza trans-oceanica».

L’amicizia

I giornali internazionali hanno provato a spiegarsi cosa leghi questi due personaggi apparentemente tanto lontani: l’uno cresciuto in Sudafrica con i libri di fantascienza di Douglas Adams e l’altra nei quartieri romani con Tolkien e Il signore degli anelli.

A un anno di distanza, dopo che Musk è stato anche l’ospite d’onore ad Atreju, la festa dei giovani di Fratelli d’Italia, questa alleanza sembra forse meno strana. Sarà sancita ancora una volta fra una ventina di giorni, il 23 settembre, quando Musk premierà Meloni con il Global Citizen Award, consegnato dall’Atlantic Council durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Lo stesso premio, che mira a riconoscere una sorta di élite di cittadini del mondo, era stato concesso in passato a due soli italiani: Mario Draghi nel 2015 e Matteo Renzi l’anno successivo.

Il premio di per sé è un riconoscimento degli sforzi internazionali di Meloni, in un tentativo di mantenere allo stesso tempo una certa equidistanza sulle questioni politiche “degli altri”, nel contesto comunque di uno schieramento saldamente filoatlantico, giocato in maniera evidente nella vicinanza all’Ucraina. Eppure nel frattempo l’attivismo di Musk, con il quale Meloni avrà un nuovo incontro privato, è diventato sempre più schierato verso destra: l’alleanza trans-oceanica si è ampliata e ha coinvolto per esempio il presidente argentino Javier Milei e quello indiano Narendra Modi.

E poi, ovviamente, il nome più ingombrante di tutti: Donald Trump.

In un discorso all’Economic club di New York, giovedì, Trump ha detto che se sarà rieletto affiderà a Musk la guida di una commissione governativa per «l’efficienza del governo». Trump sembra aver trovato in Musk la persona perfetta per soddisfare un antico pallino: quello di semplificare la macchina amministrativa, togliendo i lacci che rallentano l’attività di governo (e che talvolta fanno perdere soldi preziosi). Non sfugge che questi lacci sono fra le garanzie che caratterizzano la democrazia e la difendono da possibili derive autoritarie.

Affari

Oggi Meloni si trova dunque a ballare su un filo dove è sempre più complicato mantenere un equilibrio. Da un lato, c’è il legame storico con gli Stati Uniti, che per l’Italia ha sempre avuto un’importanza concretissima, qualsiasi schieramento riesca a conquistare Washington. La presidente sa che l’esito del voto a novembre è tutt’altro che scontato e sa che una vittoria di Kamala Harris è possibile. Così cerca di mantenere la statura internazionale che le deriva dal ruolo, senza dare troppa pubblicità alla sua naturale vicinanza ai Repubblicani: «Chiunque dovesse essere domani il presidente, noi continueremo a lavorare bene con gli Stati Uniti», ha detto accogliendo Joe Biden al G7.

Nei giorni scorsi ha invece incontrato, a palazzo Chigi, lo speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson, e insieme hanno parlato – con toni istituzionali – di partenariato strategico fra Italia e Stati Uniti, della situazione internazionale, di guerra in Medio Oriente e in Ucraina.

Ma tenere questa stessa equidistanza istituzionale con Musk non sarà così semplice. Allo stesso tempo, approfondire il legame potrebbe portare a nuovi investimenti in Italia, per esempio nel settore dell’esplorazione spaziale, che sarebbero poi facilmente rivendibili anche nella propaganda elettorale.

Il problema è che non c’è mai stato un momento in cui scegliere Musk è stato più pregno di significati. Questo legame nasce infatti su premesse ben definite, su valori comuni e in parte su una stessa visione di vita che si traduce in una politica fortemente, e volutamente, polarizzante. Solo che queste caratteristiche si sono tradotte in una continua campagna d’opinione, il cui fine ultimo rimane controverso. Usando un gioco di parole: gli affari sono affari, ma con Musk gli affari non sono mai solo affari.

La commedia dell’arte

Alcuni commentatori politici, dalla penna particolarmente brillante, rileggono spesso i fatti italiani alla luce dell’indole un po’ grottesca di alcuni nostri governanti. Come se fossero personaggi di un’eterna commedia dell’arte, che invade ogni aspetto della nostra società e anche la nostra classe dirigente.

In questo contesto, Elon Musk sembra perfettamente coerente, per la sua abitudine a lanciare provocazioni, a destabilizzare il discorso pubblico con uscite surreali che è sempre difficile interpretare. Così, si dice che l’amicizia con Giorgia Meloni sia nata quando l’imprenditore stava cercando un’arena, dove combattere a mani nude con il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg. Ad un certo punto sembrava che potesse persino accadere al Colosseo.

Ai quei tempi, Musk era fortemente corteggiato da un altro politico italiano: il leader della Lega, Matteo Salvini. L’imprenditore sudafricano, abituato a selezionare le persone di successo e a individuare quelle in declino, ha capito subito che la persona su cui puntare in Italia era un’altra. Le sue foto con Meloni a palazzo Chigi, fra abbracci e risate, hanno fatto il giro del mondo.

Capricci e potere

Il problema è che il lato goliardico di Musk è solo un tratto della sua personalità e in un certo senso della sua genialità. L’imprenditore sembra che stia costruendo un nuovo tipo di sovranismo: che non è fatto da nazioni e patrie, ma dal comune retroterra ideologico, e da un disprezzo per le regole che non sembra sempre compatibile con la democrazia.

Musk sta cercando leader nel mondo pronti ad accontentarlo, per far venire meno le pretese normative che ne vogliono contaminare il potere. Cerca alleati, per combattere una guerra contro i suoi avversari diretti, come quel giudice brasiliano che nei giorni scorsi ha messo al bando X per la sua continua campagna di disinformazione.

Musk si è convinto che grazie ai suoi soldi può essere una sorta di nuova nazione vivente, che non ha bisogno di votare un presidente. È, insomma, il leader di una nuova religione. Alimentata ad esempio dal controllo che ha sui satelliti di Starlink, che circondano la Terra e sono ormai un’arma indispensabile per combattere le guerre.

In un articolo di pochi giorni fa sull’Atlantic, la giornalista Marina Koren ha scritto che Musk «sta diventando una divinità di Internet». Tanto potere in «una singola persona è del tutto senza precedenti, e particolarmente allarmante». «Musk non può solo scegliere chi guadagna e perde terreno» su X, «un piccolo ma influente angolo del web. In certi posti del mondo», grazie a Starlink, «può decidere anche chi ha accesso a Internet. E controllare quello che poi le persone possono vedere utilizzandolo».

«Nei prossimi anni», scrive Koren, «più persone che mai potrebbero trovarsi soggette alle decisioni di Musk quando faranno qualcosa di semplice come inviare un’e-mail». E dipenderanno «dai capricci della persona più ricca del mondo, che controlla tutto». Meloni sembra aver già deciso da che parte stare.

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