Il discorso di Joe Biden a Varsavia e le dure parole contro Vladimir Putin hanno provocato dibattito e spaccatura tra sostenitori della presa di posizione del presidente e voci critiche sul possibile rischio di escalation da esso derivante.

Se molti hanno visto nelle parole di Biden uno megafono della propria campagna elettorale in vista delle elezioni di metà mandato, altri hanno lo accusato di mancanza di originalità. Insomma, un discorso imperfetto a cui la stessa Casa Bianca ha dovuto fare seguito con rettifiche e commenti.

Nel trambusto derivante dall’analisi quasi grammaticale delle parole di Biden è mancata quasi del tutto una riflessione sul significato di tali parole per la Polonia, paese ospitante del discorso e unica tappa extra Bruxelles della missione; stato membro Ue e Nato confinante con l’aggressore, vedasi Kaliningrad, con l’aggredito, ossia l’Ucraina e con il principale ed unico alleato regionale dell’aggressore, ossia la Bielorussia di Lukashenko.

Il presidente Biden ha avuto gioco facile nel potersi rivolgere all’opinione pubblica polacca, citando quello che i polacchi stessi attendevano di sentire: il papa polacco Giovanni Paolo II; il padre della Polonia democratica, il leader di Solidarność Lech Wałęsa, oggi malvisto e screditato dal partito di governo PiS che tuttavia annovera tra le sue prime file moltissimi ex membri del movimento; 1956 ed 1981, anni chiave della storia contemporanea dell’Europa orientale. E lo ha fatto nella cornice del Castello reale di Varsavia, distrutto completamente dai nazisti nel 1944 e ricostruito dalle autorità comuniste solamente a partire dal 1971.

Quale invece l’aspettativa dei vertici politici polacchi? Se nelle parole di uno dei consiglieri più vicini al presidente Duda, la visita di Biden ha avuto lo scopo principale di rafforzare il sostegno e la cooperazione in materia militare e di difesa, da parte di Washington è apparsa una volontà, almeno pubblica, di porre maggiore attenzione sul carattere umanitario e securitario, essendo la Polonia in prima linea nell’accoglienza di circa 2,5 milioni di rifugiati ucraini e rappresentando il confine europeo e Nato più prossimo al conflitto. Per questi motivi, nessun’altra tappa sarebbe stata più appropriata.

Gli screzi pre invasione

Entrambe la parti hanno tenuto a sottolineare ripetutamente il carattere politico della tappa polacca. Ma quale l’intensità e forza di tale connotazione politica? E soprattutto, parliamo di una percezione simile o diversa?

È difficile valutare oggi se le aspettative polacche siano state attese o disattese, soprattutto se pensiamo al recente status delle relazioni Washington-Varsavia pre invasione russa dell’Ucraina.

Fino a un mese fa tali relazioni avevano raggiunto uno dei punti più bassi e difficili, caratterizzati dalla forte presa di posizione americana nei confronti della deriva antidemocratica di Varsavia, dell’assoluta vicinanza all’Ungheria di Orbán, della controversa legge LexTVN, canale televisivo polacco posseduto dal gruppo americano Discovery Inc.

Il presidente americano non si è mai tirato indietro su stato di diritto e violazione dei diritti democratici in Europa, approfondendo il tema dello contro tra democrazia ed autarchia anche in occasione del discorso al Castello Reale.

Come anche difficile valutare come questa nuova versione del pro attivismo politico polacco venga vista e valutata da Washington, senza dimenticare ovviamente Bruxelles. Fino a poche settimane fa impegnata nel rapporto e partenariato privilegiato in chiave anti Ue con l’Ungheria di Orban, la Polonia di oggi cerca di svolgere un ruolo di prima linea completamente rivisitato e su un triplice livello. Il livello regionale, facendosi portavoce e promotore delle istanze in materia di rafforzamento militare Nato del gruppo baltico ed est europeo.

A livello comunitario, facendosi capofila della richiesta di attuazione del regime di sanzioni europee contro la Russia. A livello multilaterale, avendo proposto insieme al Regno Unito l’esclusione della Russia dal formato G20, proposta a oggi respinta dalla presidenza di turno indonesiana.

Attivismo politico polacco sicuramente giustificato dall’ospitare il maggior numero di soldati americani in Europea orientale e dalla condivisione del confine della Bielorussia, continuamente in lizza per entrare nel conflitto a sostegno della Russia, scenario che ribalterebbe completamente la questione securitaria non solo per Varsavia, ma per Ue, Nato e Stati Uniti.

Criticità da gestire

Un cambio di rotta pubblico polacco difficile da immaginare fino a poche settimane fa e le cui conseguenze saranno valutabili e dibattibili forse solo all’indomani della fine dell’occupazione russa dell’Ucraina.

La decisione di Putin non ha solo stravolto equilibri comunitari, regionali e multilaterali; non ha solo spinto capitali europee come Berlino e Roma a un ribaltamento dei propri equilibri energetici; non ha solo contribuito ad isolare ulteriormente l’Ungheria di Orbán; non sta solo rivoluzionando le dinamiche politiche interne a molti stati membri.

La decisione di Putin sta gradualmente aprendo, per paesi come la Polonia, una finestra di opportunità politica per rivedere e ri-concettualizzare il proprio ruolo all’interno dell’Ue. Tuttavia, bisognerebbe evitare il tipico errore che spesso si compie nell’analizzare tali dinamiche: guardare alla singola questione, ignorando la panoramica a 360 gradi.

La Polonia di oggi è innegabile si stia esponendo completamente e in prima linea nel contribuire alla fine dell’invasione russa dell’Ucraina. Tuttavia, la Polonia di oggi continua a mantenere ed a gestire alcune criticità che ne hanno caratterizzato il ruolo nell’Ue e le pessime relazioni con alcuni partner come Berlino e Washington, una volta sponsor del processo democratico polacco.

Tra queste criticità, la crisi persistente dei rifugiati al confine della Bielorussia, macchia nera e indelebile alle porte dell’Ue e le gravi violazioni in materia di stato di diritto e diritti democratici, su cui Varsavia e Bruxelles hanno fondato le recenti relazioni.

 

© Riproduzione riservata