Johnson intende restare al governo finché il partito conservatore non avrà individuato il suo successore alla guida del partito e quindi dell’esecutivo. Dopo le dimissioni a raffica, il premier va al rimpasto
Boris Johnson ha fatto schierare tutti i suoi alleati, e la moglie con il figlio piccolo, davanti a Downing Street, per il suo intervento.
L’addio alla leadership
«Ci dev’essere un nuovo leader del partito e quindi del governo. La competizione del partito deve cominciare al più presto, nel frattempo resterò al governo». Il calendario del partito sarà comunicato la prossima settimana. Significa che Johnson lascerà la leadership del partito, ma finché quel ruolo non sarà ricoperto da qualcun altro, intende presidiare il governo. Un’ipotesi che non soddisfa molti conservatori.
L’orgoglio e le stoccate
Il premier fa un passaggio sulla guerra in Ucraina, sottolineando che il sostegno del suo paese continuerà. Rivendica come punti forti del suo mandato Brexit, la gestione della pandemia e appunto della guerra.
La stoccata ai compagni che ne hanno innescato le dimissioni arriva implacabile: «Negli scorsi giorni ho cercato di convincere i miei colleghi che sarebbe esotico cambiare governo mentre stiamo portando a casa così tanto e visto che in fondo siamo indietro solo di un pugno di punti nei sondaggi. Inoltre l’economia è così in crisi… Ma come abbiamo visto, a Westminster the herd instinct, lo spirito di gregge, di branco, è potente. Quando il gruppo si muove, tutto si sposta».
Poi Johnson conclude con amarezza: «Nessuno è indispensabile in politica, cari amici. Vorrei che sapeste quanto sono triste nel lasciare il miglior lavoro al mondo».
«Anche se le cose possono sembrare cupe talvolta, il futuro è splendente»: con queste parole Boris Johnson chiude il suo intervento, nel quale si è detto anche «orgoglioso» del lavoro svolto.
Niente scuse, né la parola «dimissioni» ben scandita.
Non esattamente un’ammissione di fallimento.
I toni non sono stati apprezzati da molti nel partito conservatore.
Chi sostituità BoJo
Secondo una rilevazione di YouGov, il più quotato tra i conservatori è Ben Wallace, segretario di stato alla Difesa. Ma non è l’unico ad avere buone chance. I nomi di Rishi Sunak e Liz Truss, ad esempio, sono da tempo tra i papabili.
Il rimpasto di governo
In mattinata è filtrata la notizia che il primo ministro britannico Boris Johnson avrebbe comunicato la sua intenzione di lasciare la guida del partito conservatore, dopo le dimissioni di circa 60 membri del suo governo e le forti pressioni ricevute dal suo stesso partito.
Nel frattempo, sono continuate ad arrivare dimissioni di ministri e sottosegretari dal governo. Ma Johnson sembra intenzionato a resistere finché non sarà sostituito alla leadership, e sta nominando dei sostituti dei ministri che hanno lasciato il governo.
Nel frattempo, il leader del partito laburista Keir Starmer ha annunciato che se Johnson resterà al governo, presenterà una mozione di sfiducia alla camera.
Dopo l’uscita delle prime indiscrezioni, la borsa britannica è in rialzo.
Cosa farà Johnson?
Secondo numerose fonti, Johnson vorrebbe restare alla guida del governo fino a che non sarà scelto un nuovo leader del partito, probabilmente nel corso dell’estate e di sicuro prima della conferenza del partito fissata per ottobre. Secondo i media britannici numerosi deputati conservatori e membri del governo avrebbero escluso questa ipotesi. Numerosi ministri dimissionari sarebbero pronti a tornare al governo, ma solo con un altro primo ministro. Alcuni dicono che il vice primo ministro Dominic Raab potrebbe assumere la guida del governo già questa sera.
Tra chi chiede le dimissioni immediate di Johnson c’è anche il suo ex consigliere politico e braccio destro, Dominic Cummings, un personaggio ambiguo, al centro di numerosi scandali e cacciato dalla sua posizione nel 2020. Da allora è divenuto uno dei più duri critici del primo ministro.
Fino a ieri, Johnson era apparso determinato a resistere, nonostante la catena di dimissioni e la visita di un gruppo di ministri che ieri sera si è recato nella sua residenza per chiedergli di lasciare l’incarico, Johnson aveva ripetuto che non intende dimettersi, forte del mandato che gli hanno assegnato «14 milioni di cittadini», ha fatto sapere una fonte a lui vicina.
Johnson è anche andato al contrattacco, licenziando il suo ministro e braccio destro Micheal Gove, un peso massimo dentro il partito, che in mattinata aveva confidato ai giornalisti di aver personalmente chiesto a Johnson di dimettersi. Una fonte dentro lo staff del primo ministro ha detto che Gove si è comportato «come un serpente».
Come funzionano le dimissioni?
Per tradizione, il capo del partito di maggioranza è automaticamente il capo del governo britannico, ma non ci sono obblighi costituzionali in questo senso. Se Johnson dovesse dimettersi da leader dei conservatori, potrebbe restare primo ministro nell’attesa della scelta del suo successore, come ha fatto Theresa May nel 2019 e David Cameron nel 2016.
Le regole del partito conservatore stabiliscono che il nuovo leader venga scelto tramite una votazione dei parlamentari, che richiede pochi giorni, e la consultazione dei circa 100mila iscritti (i conservatori non diffondono da anni dati sui loro iscritti), che invece può impiegare settimane o mesi. Al momento, si parla di ottobre come data più probabile per la scelta del nuovo leader.
Molti parlamentari e ministri conservatori non vedono di buon occhio questa scelta, però. Un’altra possibilità è che Johnson si dimetta da primo ministro suggerendo nel contempo alla regina il nome del suo successore, probabilmente un parlamentare conservatore membro del governo. Questa seconda soluzione sarebbe un caso senza precedenti nella recente storia britannica.
Nella costituzione britannica non è prevista la figura del primo ministro ad interim, quindi il successore di Johnson avrebbe tutti i poteri regolarmente a disposizione di un capo di governo.
La presenza di un vice primo ministro, Raab, non rende la situazione più semplice, poiché non c’è nessuna regola che prevede la sostituzione automatica di un capo di governo con il suo vice.
Lo scandalo
Lo scandalo che ha causato l’ultima ondata di dimissioni riguarda le accuse di molestie sessuali che hanno colpito Cristopher Pincer, l’ex vicecapogruppo dei conservatori al parlamento. Pincer aveva già ricevuto accuse simili in passato ed era sempre stato protetto da Johnson. «Con il senno di poi – ha detto oggi il primo ministro – riconosco che avrei dovuto capire che i suoi comportamenti non sarebbero cambiati».
Ma sono molti i membri del partito conservatore ad aver ragioni politiche o personali per volersi liberare di Johson. Il suo gradimento è al minimo, i sondaggi danno il partito in calo e i suoi numerosi avversari interni hanno intravisto la possibilità di liberarsi di uno storico nemico e magari di prenderne il posto.
Come cacciare un primo ministro
Per ora le informazioni che circolano sono che Johnson si dimetterà da leader del partito conservatore e molti deputati temone che intenda restare ancora per mesi a capo del governo. Se questa dovesse essere la sua intenzione, ci sono solo due modi per cacciarlo dal numero 10 di Downing Street, la residenza ufficiale del primo ministro britannico.
Normalmente, il metodo più diretto sarebbe stato un voto di sfiducia da parte del gruppo parlamentare dei conservatori alla Camera, chiamato Comitato 1922. Anche se il voto di sfiducia del comitato riguarda la carica di leader del partito, per tradizione ha sempre comportato le dimissioni anche dall’incarico di capo del governo.
Ma Johnson è già sopravvissuto a un voto simile lo scorso giugno, finito 211 a 148, e le regole del partito stabiliscono che non si può tentare di sfiduciarlo per un altro anno. Ma i suoi avversari sono determinati e lunedì è stata fissata una nuova elezione dell’esecutivo del Comitato: i nuovi eletti avranno il compito di decidere se modificare le regole e consentire un nuovo voto di sfiducia. Secondo i media britannici, Johnson al momento avrebbe la fiducia di appena 65 parlamentari su 360.
Non è chiaro se i conservatori intendano seguire questa strada. In ogni caso, l’altro compito principale del nuovo Comitato 1922 sarà decidere quando dare il via al processo che porterà alla scelta del nuovo leader di partito. Se deciderà di farlo prima della pausa estiva, potrebbe esserci un nuovo leader (e quindi un nuovo primo ministro) a settembre. Altrimenti potrebbe volerci fino a novembre.
Il secondo metodo per cacciare un primo ministro è molto più controverso poiché prevede una sfiducia parlamentare, il che signfica che una parte dei conservatori dovrebbe votare insieme all’opposizione per sfiduciare il primo ministro: un scenario al momento ritenuto piuttosto improbabile.
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