Il lancio nell’oceano di un razzo balistico intercontinentale è un atto da Guerra fredda per ridare credibilità alla forza missilistica dell’esercito
Il lancio di un missile balistico intercontinentale (Icbm) al di fuori dello spazio aereo della Cina è stato presentato dal ministero della Difesa come una «del tutto legittima esercitazione militare di routine». Al contrario le cronache militari rivelano che si è trattato di un evento raro. L’ultimo test di questo tipo da parte di Pechino risale infatti al 21 maggio 1980, quando un DF-5 si inabissò nel Pacifico meridionale. Il vice premier, Li Xiannian, spiegò che quell’esperimento serviva a scongiurare un attacco della “potenza egemonica”, che allora per la Repubblica popolare cinese era la rivale Unione Sovietica.
Tradizionalmente la sua Forza missilistica, fiore all’occhiello dell’Esercito popolare di liberazione (Epl), sperimenta gli Icbm (razzi con una gittata superiore a 5.500 chilometri, progettati per trasportare testate nucleari) nella grande regione nordoccidentale del Xinjiang e nel Golfo di Bohai, nel nord-est del paese. Mercoledì invece – in coincidenza con la riunione a New York dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite – un Icbm made in China è partito dall’isola di Hainan, terminando il suo volo, dopo 12.000 chilometri, in mezzo al Pacifico, nelle acque a largo dell’arcipelago francese delle Marachesi, dopo essere passato non lontano dalle Filippine e da Guam, sede del quartier generale della marina statunitense nella regione.
Dalle immagini pubblicate dai media ufficiali gli esperti sono risaliti al vettore impiegato la scorsa settimana, un Dongfeng (“vento dell’est) DF-31AG, in grado di contenere varie bombe, da sganciare contro obiettivi diversi e, soprattutto, capace – con la sua portata di 13.200 chilometri – di colpire gli Stati Uniti. Il DF-31AG viene lanciato da piattaforme montate su camion fuoristrada, per garantirne la massima mobilità, così che per l’avversario è più difficile individuarne il punto di partenza.
Routine atomica
Fu Qianshao, un ex funzionario dell’Epl, ha spiegato che il DF-31AG non era mai stato sottoposto a una prova sulla lunga distanza, quindi quella della settimana scorsa è servita a migliorare le capacità di lungo raggio dell’Epl. In uno scenario internazionale che puzza sempre di più di nuova Guerra fredda, subito prima del possibile ritorno di Donald Trump alla Casa bianca, Pechino ha così mostrato a Washington l’avanzamento delle sue capacità di deterrenza nucleare, dopo che il 4 giugno scorso gli Stati Uniti avevano provato per l’ennesima volta il loro “Minuteman III” (prodotto da Boeing), a loro volta assicurando che «il lancio è parte di attività di routine e (…) non è collegato agli attuali eventi mondiali».
La sostanza – ovvero il messaggio politico – però è chiaro: Pechino ha risposto a Washington, dimostrando di non voler più nascondere le sue capacità di grande potenza nucleare.
Secondo un rapporto pubblicato un anno fa dal Pentagono, la Forza missilistica dell’Epl (Plarf) nel 2022 poteva contare su circa 350 Icbm (vecchi DF-5, DF-31 e i più avanzati DF-41), e avrebbe raddoppiato i lanciatori, «che continuano ad aumentare» e che sono affidati a tre brigate ad hoc, di stanza nella provincia nordoccidentale del Gansu e in quelle dello Hunan ed Henan, al centro del paese.
“La triade nucleare dell’America” – come il ministero della difesa Usa definisce il sistema di deterrenza terrestre, aereo e marino – è incentrata invece su 400 Minuteman III stazionati al suolo, che si sommano ai missili atomici nei sommergibili e nelle piattaforme subacquee e a quelli trasportabili dai bombardieri B-52 e dai B-2 invisibili ai radar.
Dottrina difensiva
La disparità nella quantità di testate a disposizione (5.044 quelle Usa, 500 le cinesi, comunque più che sufficienti per la “distruzione reciproca assicurata” (Mad), sulla quale si basa la teoria della cosiddetta “deterrenza”) e nei sistemi di armamento resta enorme, tutta a vantaggio degli Usa e del loro complesso militare-industriale, con il ministero della difesa che per il 2025 ha chiesto un budget di 850 miliardi di dollari.
Tuttavia l’ultimo rapporto annuale sugli armamenti, il disarmo e la sicurezza internazionale dello Stockholm International Peace Research Institute (Sipri) ha inteso evidenziare proprio il ruolo globale delle armi nucleari, che «cresce con il deteriorarsi delle relazioni geopolitiche».
E così, mentre Vladimir Putin e i suoi agitano lo spauracchio atomico con crescente disinvoltura, la Cina – secondo la ricerca del Sipri – «sta espandendo il suo arsenale nucleare più rapidamente di qualsiasi altro paese», ovvero delle altre otto potenze nucleari (Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Pakistan, India, Israele, Corea del Nord), essendo passata da 410 testate nel gennaio 2023 a 500 un anno dopo.
«Per la prima volta, la Cina potrebbe anche schierare un piccolo numero di testate missilistiche in tempo di pace. A seconda di come deciderà di strutturare le sue forze, la Cina potrebbe avere almeno lo stesso numero di Icbm della Russia o degli Stati Uniti entro la fine del decennio, anche se si prevede che le sue scorte di testate nucleari rimarranno molto più piccole rispetto a quelle di uno di questi due paesi», conclude il Sipri.
A sovrintendere su questo arsenale strategico e sugli Icbm è la Forza missilistica dell’Epl, l’ex Secondo corpo di artiglieria trasformato nel 2015 nel quarto ramo dell’esercito cinese, nell’ambito della riforma dell’Epl promossa da Xi Jinping.
Pur nell’ambito di una dottrina che prevede “nessun primo utilizzo” (“no first use”) dell’arma atomica in un conflitto, che cioè ipotizza di farvi ricorso soltanto per reagire a un attacco nucleare, l’ammodernamento del sistema missilistico cinese sta drenando un fiume di denaro, tutto incanalato nelle grandi aziende di stato che monopolizzano il settore degli armamenti. In particolare, per quanto riguarda la manifattura degli Icbm l’attore principale è China Aerospace Science & Industry Corporation (4,4 miliardi di yuan di fatturato nel 2020), e, in misura minore, China Aerospace Science and Technology Corporation (2,4 miliardi di yuan di entrate nello stesso anno). Tanti soldi che, anche all’interno della Plarf, hanno finito per alimentare la corruzione.
Epurazioni eccellenti
L’ultimo ad essere purgato, l’estate scorsa, è stato nientepopodimeno che il suo capo di stato maggiore, il generale Sun Jinming, espulso dal partito per decisione del comitato centrale assieme ad altri sette pezzi da novanta della Plarf. Tra loro anche Liu Shiquan, ex dirigente della China Aerospace Science & Industry Corporation che aveva lavorato alla tecnologia del combustibile solido che propelle il DF-31AG.
Secondo l’intelligence Usa, i suoi vertici avrebbero rubato dalle commesse alle compagnie statali tanto denaro da rischiare di compromettere le capacità operative della Forza missilistica. Un’onta e un pericolo grave per un Epl con un bilancio in costante aumento (anche in rapporto al Pil) e che, secondo Xi, deve prepararsi a «combattere e vincere la guerra».
Alla fine il presidente cinese non ha trovato altra soluzione che quella di rimpiazzare vecchi funzionari esperti ma corrotti con uomini a lui vicinissimi, ma senza nessuna conoscenza specifica in un settore così strategico. In questo modo sono stati scelti, tra gli altri, il nuovo comandante della Plarf, l’ex pilota Wang Houbin, e il suo commissario politico, Xu Xisheng.
Nel bel mezzo di una inedita crisi di credibilità della Forza missilistica che eccelle per le sue capacità balistiche intercontinentali, ipersoniche e anti-nave, cosa poteva esserci di meglio di un test di successo di un Icbm, per risollevare l’immagine dell’ex Secondo corpo d’artiglieria istituito nel 1966 dall’allora premier Zhou Enlai? E che, nello stesso tempo – come ha scritto l’analista militare Shao Yongling su Zhongguo Junhao, un canale social dell’Epl – dimostra agli Stati Uniti, la “potenza egemonica” che ha sostituito l’Unione Sovietica, che che la deterrenza nucleare della Cina è «efficace e credibile, nell’attuale complesso quadro internazionale».
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