Il presidente russo spera di ottenere la firma su nuovi investimenti in infrastrutture energetiche, ma Pechino ha poco interesse ad esporsi. I due paesi uniti su Gaza: Israele e Hamas devono negoziare un cessate il fuoco il prima possibile
Il presidente russo Vladimir Putin arriverà questa note in Cina dove spera di firmare importanti contratti energetici con il potente vicino. Ma la sua missione sottolinea anche il crescente ruolo di vassallo nei confronti di Pechino.
Spetterà infatti al presidente cinese Xi Jinping decidere se tenere la Russia ancora in attesa o se dare il via libera a nuovi accordi in campo energetico, di cui Mosca ha disperato bisogno e che segnaleranno un significativo cambiamento nella sua politica estera.
Uniti su Gaza
Quello su cui i due paesi sono già uniti è l’atteggiamento da tenere nei confronti del nuovo conflitto scoppiato a Gaza. Oggi, il ministro degli Esteri russi Sergei Lavrov ha incontrato il suo omologo cinese Wang Yi e insieme hanno auspicato un rapido cessate il fuoco tra Israele e Hamas.
Entrambi i paesi sostengono che il problema principale dietro il conflitto sia la mancanza di giustizia per i palestinesi. Anche se contrari a un’escalation fuori controllo, inoltre, vedono entrambi il conflitto come un utile metodo per tenere l’attenzione degli Stati Uniti lontana dai contesti per loro più importanti: Pacifico e Ucraina.
Il decennale
Per Putin quella che inizierà oggi sarà la prima visita ad di fuori dello spazio ex sovietico in oltre venti mesi. Il presidente russo si tratterrà a Pechino per due giorni e parteciperà al forum per celebrare il decennale della Belt and road initiative, il grande progetto cinese di investimenti infrastrutturali. Oltre cento capi di stato e di governo saranno presenti. Tra loro anche il primo ministro ungherese Viktor Orban, principale alleato di Mosca nell’Unione europea.
Washington e Bruxelles osservano preoccupati la collaborazione russo-cinese. Due giorni prima dell’invasione del 24 febbraio 2022, i due paesi avevano annunciato una reciproca «collaborazione senza limiti».
Dopo l’attacco, la Cina ha sempre rifiutato di condannare l’invasione russa e ha aumentato la sua collaborazione economica e finanziaria con Mosca. La Cina è anche sospettata di esportare materiali dual-use, beni civili che possono avere applicazioni militari.
Potenza siberiana
Fino ad ora, però, la Cina è stata attentata a non esporsi in modo eccessivo. La vendita diretta di equipaggiamenti militari resta ancora un tabù, mentre nell’ultimo anno e mezzo Pechino non ha dato il via libera a nemmeno un singolo nuovo progetti di investimenti energetici in Russia, limitandosi ad acquistare gas e petrolio a prezzi scontati.
Per questa ragione Putin è così ansioso di ottenere una firma definitiva sul contratto per la costruzione della Sila Sibiri 2, “Potenza della Siberia 2”, un mega-gasdotto che attraverso la Mongolia potrebbe portare in Cina fino a 50 milioni di tonnellate di gas l’anno.
Nel frattempo, il gigante dell’energia russo Gazprom spera di ottenere dalla Cina le tecnologie necessarie per completare l’esplorazione e iniziare lo sfruttamento dei giacimenti di gas e petrolio nell’area di Sakhalin-3, operazioni al momento bloccate dalle sanzioni di Europa e Stati Uniti.
Ottenere la firma cinese su questi progetti, in particolari sul Sila Sibiri, sarebbe per Putin un importante vittoria politica e diplomatica e segnerebbe un significativo cambio di atteggiamento diplomatico da parte della Cina.
La dote di Putin
Gli esperti, però, avvertono di non trattenere il fiato in attesa di un nuovo spettacolare accordo tra i due paesi. «Penso che la Cina non abbia interesse a firmare nuovi contratti, almeno in pubblico», ha detto all’agenzia Reuters Alexander Gabuev, direttore del think tank Carnegie Russia Eurasia Center. Putin sarà accolto come un ospite d’onore, ma ciò che gli porterà in dote a Xi potrebbe essere più che sufficiente per il momento.
Mentre Putin arriva in Cina, infatti, in Ucraina è terminata la lunga estate fuori stagione e in tutto l’est del paese sono arrivate le piogge che segnalano l’arrivo del “generale fango” e quindi la fine di ogni speranza ucraina di ottenere un rapido sfondamento nella loro controffensiva.
L’esercito russo è sopravvissuto alla prova subendo molte perdite, ma senza cedere significative porzioni di terreno. Negli ultimi giorni, le truppe del Cremlino hanno avuto anche l’opportunità di lanciare un contrattacco e hanno provato a circondare la città ucraina di Avdiivka. Nel loro attacco però sono andati incontro agli stessi problemi degli ucraini: mine e missili anticarro hanno fermato il loro blindati ben prima che risultati significativi potessero essere ottenuti.
Questi episodi segnalano che per il prevedibile futuro il conflitto in Ucraina rimarrà in una situazione di stallo in cui né Mosca né Kiev riusciranno a muoversi dalle posizioni sempre più trincerate che occupano al momento. Uno scenario quasi ideale per la diplomazia cinese, che considera problematica qualsiasi escalation mentre vede con favore la distrazione che un prolungato conflitto in Ucraina causa agli Stati Uniti e la situazione di crescente dipendenza nei suoi confronti in cui mette la Russia.
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