Tra gli stati firmatari ci sono gli Stati Uniti, diversi paesi europei e anche l’Italia. Mancano all’appello la Russia e i paesi confinanti con la Cina come il Tagikistan o il Kirghizistan, accusati di deportare gli uiguri verso la Cina su pressione dei servizi di sicurezza di Pechino.
Cinquanta stati hanno chiesto al governo cinese di adempiere alla risoluzione delle Nazioni unite che condanna la Cina per la politica di repressione contro la minoranza uigura nello Xinjiang.
Il recente rapporto dell’Onu, pubblicato il 31 agosto, chiedeva alla Cina di adottare misure tempestive per il rilascio di tutti coloro che sono stati «arbitrariamente privati della libertà» e di porre fine ai possibili «crimini contro l’umanità» contro gli uiguri o altri gruppi etnici per lo più musulmani.
L’ambasciatore canadese alle Nazioni Unite Bob Rae ha letto la dichiarazione durante una riunione della commissione per i diritti umani dell’Assemblea generale e ha espresso la sua preoccupazione per le mancate risposte della Cina al rapporto. Tra gli stati firmatari ci sono gli Stati Uniti, diversi paesi europei e anche l’Italia. Mancano all’appello la Russia e i paesi confinanti con la Cina come il Tagikistan o il Kirghizistan, accusati di deportare gli uiguri verso la Cina su pressione dei servizi di sicurezza di Pechino.
Oltre a chiedere l’adempimento delle raccomandazioni che chiedono soprattutto di rilasciare tutte le persone detenute arbitrariamente, i cinquanta paesi hanno esortato la Cina a chiarire «la sorte e il luogo in cui si trovano i familiari scomparsi» e a organizzare contatti e ricongiungimenti sicuri.
La scorsa settimana il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno organizzato un incontro per dare seguito al rapporto delle Nazioni unite, ma la delegazione cinese non si è presentata e ha inviato una lettera a tutti gli stati membri per inviare a boicottare l’iniziativa. «È un evento politicamente motivato», si legge nella lettera, ottenuta dall’Associated Press. «I co-promotori usano le questioni relative ai diritti umani come strumento politico per interferire negli affari interni della Cina, come lo Xinjiang, per creare divisione e turbolenza e perturbare lo sviluppo della Cina».
Le accuse
Associazioni a difesa dei diritti umani, diversi parlamenti nazionali (tra cui quelli di Olanda e Canada) e l’Europarlamento accusano la Cina di aver detenuto arbitrariamente circa un milione di uiguri in quelli che il governo di Pechino campi di rieducazione. Il governo cinese è anche accusato di attuare politiche di controllo delle nascite nella regione per limitare l’espansione demografica degli uiguri e di constringere centinaia di migliaia di loro a compiere lavori forzati nelle fabbriche high tech e nella filiera del cotone.
Per il presidente cinese Xi Jinping si tratta di misure volte a contrastare il radicalismo islamico e il terrorismo, ma di fatto si tratta di azioni contro uno specifico gruppo che da anni chiede l’indipendenza della regione autonoma dello Xinjiang.
Gli stati firmatari della dichiarazione sono: Albania, Andorra, Australia, Austria, Belgio, Belize, Bulgaria, Canada, Repubblica Ceca, Croazia, Danimarca, Estonia, Eswatini, Finlandia, Francia, Germania, Guatemala, Islanda, Irlanda, Israele, Italia, Giappone, Lettonia, Liberia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Isole Marshall, Monaco, Montenegro, Nauru, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Macedonia del Nord, Norvegia, Palau, Polonia, Portogallo, Romania, San Marino, Slovacchia, Slovenia, Somalia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina, Regno Unito e Stati Uniti.
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